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[CONTRIBUTO] Contro la retorica di stato sul 25 aprile

Riceviamo e pubblichiamo questo comunicato dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):

Non si tratta di un nostro fotomontaggio. E’ semplicemente un’istantanea, una delle tante possibili, della “pacificazione nazionale” tra destra di origini fasciste e sinistra di origini “comuniste” già avvenuta da decenni, a parte i consueti teatrini a sfondo elettoralesco (e la guerra tra bande per la gestione del potere): a sinistra la vedova del repubblichino Almirante (“donna Assunta”), per decenni segretario del MSI e onorevole della repubblica democratica per dieci legislature di seguito; a destra l’ex-segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti.

Il giorno della libertàA Torino, però

Il 25 aprile è, nella retorica di stato, il giorno del “ritorno alla libertà”. E vai con la valanga delle dichiarazioni “antifasciste” e “libertarie” dei vari Berlusconi, nuovamente “vestito da partigiano”, Fini, Rampelli, Salvini, Fontana, e – perché no? – Meloni: “il frutto fondamentale del 25 Aprile è stato, e rimane senza dubbio, l’affermazione dei valori democratici, che il fascismo aveva conculcato e che ritroviamo scolpiti nella Costituzione repubblicana”. Evviva dunque il 25 aprile come – è sempre la Meloni – “momento di ritrovata concordia nazionale nel quale la celebrazione della nostra ritrovata libertà ci aiuti a comprendere e rafforzare il ruolo dell’Italia nel mondo [notabene] come imprescindibile baluardo di democrazia”.

Peccato, però, che giusto nel mezzo di questa orgia di inni e cori di stato alla “nostra ritrovata libertà”, a Torino la polizia dello stato democratico carichi con violenza e manganelli, la vigilia del 25 Aprile, quanti – tra loro i compagni del Fronte della gioventù comunista, a cui va tutta la nostra solidarietà – pretenderebbero di tenere la NATO e l’esaltazione della guerra in Ucraina fuori dalle celebrazioni del 25 aprile.

Libertà di ogni tipo, inclusa – è evidente – la libertà dei discendenti del MSI, strettamente apparentato al fascismo, di accedere al governo, ma la libertà di lottare contro la guerra in Ucraina e l’alleanza militare più guerrafondaia dell’intera storia del capitalismo, quella no! Non è garantita da nessuno, se non dai rapporti di forza. Del resto non è la “Costituzione più bella del mondo” a negare espressamente al “popolo sovrano” (art. 75, secondo comma) di poter dire la sua in materia di “trattati internazionali”? E questo divieto è perpetuo, a differenza del divieto comminato ai “capi responsabili del regime fascista” di esercitare il loro diritto di voto ed essere eleggibili che invece non doveva eccedere “un quinquennio dall’entrata in vigore della Costituzione” (XII^ disposizione transitoria, secondo comma). Sufficientemente chiara la differenza tra “popolo” ed élite (naturalmente, anche quella dei caporioni fascisti) nella democrazia borghese?

Nazismo e fascismocome invertire il rapporto

Impossibile battere in (insopportabile) retorica di stato Sergio Mattarella. Nella sua marcia di avvicinamento al 25 aprile c’è stata la sua prima visita ad Auschwitz nel corso della quale, a stare a la Repubblica, avrebbe espresso “il senso della sua venuta” nell’ex-campo di concentramento nazista con la seguente frase: “I nazisti godettero della complicità dei regimi fascisti europei che consegnarono i propri concittadini ai carnefici“. E poi, da bravo pedagogo rivolto alle studentesse che opportunamente l’accompagnavano: “Avete visto che macchina dell’orrore?” (riferito al Zyklon B). Infine un’altra gelida, ipocrita frase fatta: “Oggi più che mai la memoria rimane un monito perenne che non può essere evaso”.

Peccato però, visto che era in vena di “memoria”, non abbia ricordato 1)che il fascismo italiano aprì la strada al nazismo, essendo dichiarata “fonte di ispirazione” per Hitler e i suoi; 2)che si deve all’Italia fascista la costruzione in Africa dei primi campi di concentramento in Libia contro le popolazioni libiche resistenti eretti assai prima di quelli tedeschi; 3)che parecchi anni prima dell’uso del Zyklon B ad Auschwitz, c’era stato l’uso su larga scala, a tonnellate su tonnellate, dell’iprite e di altri gas asfissianti contro le popolazioni etiopi resistenti; 4)che prima del lavoro forzato da schiavi nei campi nazisti, l’Italia fascista lo aveva imposto ai “sudditi” nativi in Eritrea e Somalia; e potremmo continuare (tanto per cominciare, leggete H. Jaffe, La fine della leggenda: l’Etiopia). Difetti di memoria, piccoli difetti di memoria, minuscole “evasioni” per dirottare sui carnefici nazisti, quindi sulla Germania, le responsabilità, i crimini cioè, della classe dominante italiana pre-fascista, fascista e democratica, per cancellare la verità storica inconfutabile: il fascismo non fu semplicemente complice del nazismo, ne fu il precursore in una molteplicità di aspetti ideologici e di prassi operative.

Fascismo, “male assoluto”? Risponde Aimé Cesaire

In questi giorni è tornata, ossessivamente ripetuta, una frase di G. Fini “il fascismo era il male assoluto” pronunciata a Gerusalemme nel 2003 come atto d’inchino allo stato sionista. Anche La Russa l’ha ripresa e validata in questi giorni, specificando che non si riferiva al fascismo in quanto tale, bensì al fascismo in quanto padre delle “leggi razziali” del 1938 che per gente della risma di La Russa, ed anche del 99% degli attuali parlamentari, riguardavano solo gli ebrei (non i “sub-umani” neri). “Male assoluto” in quanto colpevole di aver colpito e inviato al macello altri esseri umani bianchi… Mettendo da parte l’analisi critica dell’espressione in questione tanto roboante quanto mistificatoria, sulla genesi coloniale della persecuzione nazi-fascista contro gli ebrei val la pena sentire il parere di Aimé Cesaire, nel suo Discorso sul colonialismo (scritto nel 1955, ma validissimo tutt’oggi):

“bisognerebbe studiare come la colonizzazione lavora per decivilizzare il colonizzatore, per abbrutirlo nel senso proprio del termine, per degradarlo, per risvegliare i suoi istinti più nascosti come l’invidia, la violenza, l’odio razziale, il relativismo morale, e mostrare che ogni volta che in Vietnam una testa viene mozzata e un occhio cavato e che in Francia [o in Italia…] si accetti la cosa; una bambina violentata e che in Francia [o in Italia…] si accetti la cosa; un malgascio [un libico, un etiope, un somalo, un albanese…] suppliziato e che in Francia [o in Italia…] si accetti la cosa; è un valore acquisito per il progresso della civiltà che diventa peso morto per la stessa civiltà, una regressione universale che ha luogo, una cancrena che si sviluppa, un focolaio infettivo che si estende; e che in fondo a tutti quei trattati violati, a tutte quelle menzogne divulgate, a tutte quelle spedizioni punitive tollerate, a tutti quei prigionieri costretti con legacci e ‘interrogati’, a tutti quei patrioti torturati, in fondo a quell’orgoglio razziale incoraggiato, a quella iattanza esibita, c’è il veleno instillato nelle vene dell’Europa e il progresso lento ma sicuro dell’inselvatichimento del continente.

“E così, un bel giorno, la borghesia viene svegliata da un formidabile contraccolpo: le gestapo si danno da fare, le prigioni si riempiono, i torturatori inventano, rifiniscono, discutono intorno ai cavalletti.

“Ci si stupisce, ci si indigna. Si dice: ‘Come è curioso! Mah! E’ il nazismo, passerà!”. E si aspetta, si spera; si nasconde a sé stessi la verità che è una barbarie, la barbarie suprema, quella che corona, quella che riassume la quotidianità delle barbarie; che è il nazismo, si capisce, ma che prima di esserne stati vittime, se ne è stati complici. Che lo si è sopportato – quel nazismo – prima di subirlo, lo si è assolto, lo si è visto e legittimato perché finora era stato applicato solo ai popoli non europei [c. n.]; che quel nazismo lo si è coltivato [in Libia, in Etiopia, in Somalia, in Eritrea, in Albania, nei Balcani…], e se ne è responsabili, e che esso assorda, perfora, pervade goccia a goccia, prima di inglobare nelle sue acque rosse di tutti i crimini della civiltà occidentale e cristiana.[

“Sì, vale la pena di studiare, clinicamente, nei dettagli, le tattiche di Hitler e dell’hitlerismo e di svelare al molto distinto, al molto umanista, cristiano, borghese del XX secolo, che custodisce in sé un Hitler nascosto, che Hitler abita in lui ed è il suo demone, che se lo rifiuta, è per mancanza di logica, e che in fondo, ciò che non perdona a Hitler non è il crimine come tale, il crimine contro l’uomo; non è l’umiliazione dell’uomo in sé, ma il crimine contro l’uomo bianco, il fatto di aver applicato all’Europa metodi coloniali finora riservati agli arabi d’Algeria, ai coolies dell’India e ai negri d’Africa.

“Questo è il grande rimprovero che indirizzo allo pseudo-umanesimo [democratico…]: di avere troppo a lungo sminuito i diritti dell’uomo, di avere avuto e di avere ancora nei riguardi di questi, una concezione stretta, parcellizzata, parziale, da partito preso e, in definitiva, sordidamente razzista. [Grande Césaire! Il sordido razzismo di un certo pseudo-umanesimo anti-nazista, anti-fascista, anti-razzista di regime – n.].

“Ho parlato tanto di Hitler perché lo merita: egli permette di ampliare la visione, di cogliere il fatto che la società capitalistica, allo stato agttuale, è incapace di fondare un diritto delle persone, incapace altresì di fondare una morale individuale. Che lo si voglia o no, in fondo al vicolo cieco Europa, intendo l’Europa di Adenauer, di Schuman, Bidault e qualche altro [l’anti-fascista De Gasperi, ad esempio – n.] c’è Hitler. In fondo al capitalismo, desideroso di succedersi, c’è Hitler. In fondo all’umanesimo formale e alla rinuncia filosofica, c’è Hitler.“. Rileggete, merita.

20.000 partigiani perseguiti dalla magistratura della repubblica “nata dalla Resistenza”

Noi non stravediamo di certo per questa storica e il suo resistenzialismo democratico, ma forse è il caso di dare un’occhiata al libro da poco uscito di Michela Ponzani, Processo alla Resistenza, nel quale si ricorda e si documenta che furono circa 20.000 i partigiani arrestati o processati e, talvolta, condannati per violenze e uccisioni (vere o presunte) anche a lunghe pene detentive dalla magistratura della repubblica nata dalla vittoria della Resistenza (o dalla sconfitta delle istanze proletarie presenti nella Resistenza? La seconda che hai detto) – una magistratura rimasta nella sua quasi totalità la stessa che nel ventennio era stata al servizio del fascismo nella sua opera di repressione anti-comunista e anti-proletaria. Come non paragonare questa macchina di processi ai partigiani alla subitanea amnistia di Palmiro Togliatti che già nel giugno 1946 “metteva in libertà spie, rastrellatori, fucilatori di partigiani e persecutori di ebrei al soldo di Salò”? E come dimenticare che un efferato criminale di guerra quale il generale Graziani, macellaio del Fezzan e nella guerra di Abissinia, fece appena 4 mesi di carcere e venne politicamente riabilitato con un abbraccio pubblico dall’on. Andreotti, uno degli indimenticabili “padri della repubblica”? e che un simile fortunato destino toccò anche al comandante della efferata X Mas, Junio Valerio Borghese? Questo dovrebbe significare qualcosa sul finto antagonismo fascismo-democrazia, o no? E qualcosina anche per quel che riguarda Togliatti&Co. (incluso Secchia), o no? Girala e rigirala come vuoi, il solo autentico anti-fascismo è quello anti-capitalista, che con il fascismo mette in discussione, e punta a recidere, le radici profonde del fascismo che affondano nel capitalismo imperialista.

Il nostro punto di vista

Ciò detto, ci permettiamo di richiamare qui un paio di nostri testi sulla Resistenza e, soprattutto, sulla ”altra Resistenza“: