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[CONTRIBUTO] Intervista ai compagni del Fronte dei lavoratori dell’Ucraina (m-l). Per comprendere la guerra “dall’interno”

Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redaizone Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):

Nostra intervista

ai compagni del Fronte dei lavoratori dell’Ucraina (m-l)

Qualche settimana fa abbiamo posto ai compagni del Fronte dei lavoratori dell’Ucraina alcune domande per comprendere meglio “dall’interno” cosa sta avvenendo a livello sociale, delle diverse classi sociali, in Ucraina, data la terribile scarsità di notizie attendibili a nostra disposizione.

Di qui seguito la traduzione delle loro interessanti risposte che rispecchiano una situazione che vede tuttora fortemente predominante, anche nei diversi settori della classe lavoratrice, l’allineamento alla propaganda di guerra del governo Zelensky e un’altrettanto forte, e sconsiderata, fiducia negli “aiuti” degli Stati Uniti e dell’Europa – sebbene si possano notare dei piccoli spostamenti di umore in tutt’altra direzione tra i soldati e tra i lavoratori più schiacciati.

Dall’analisi dei compagni ucraini risalta, per contrasto, quanto sia complicato, e di valore, mantenere ferma, come loro stanno facendo, una posizione di denuncia del carattere anti-proletario e imperialista della guerra anche dal lato ucraino – a misura che l’Ucraina di Kiev è di fatto, ormai, un paese allo sfascio caduto interamente nelle mani delle grandi potenze occidentali, delle loro istituzioni finanziarie e delle loro grandi imprese. E’ questo che ci fa sentire vicino il loro sforzo, e ci impegna a continuare il confronto con loro sul presente e sulle prospettive di lotta comuni, nonostante il giudizio divergente sull’Urss.

In realtà, senza un giudizio di classe chiaro sulle “operazioni militari speciali” che l’URSS ha condotto nel secondo dopoguerra, ad esempio nei paesi dell’Europa orientale (Berlino ’53, Budapest ’56, Praga ’68), la lotta contro l’imperialismo russo rischia di svolgersi all’insegna di quel sentimento di nostalgia per il passato “sovietico” che i compagni ucraini vedono in alcuni settori di lavoratori, anziché sulla base di una critica materialistica dei rapporti sociali che hanno reso possibile la transizione pacifica dall’URSS alla Russia attuale. Ciò che viene attribuito al carattere socialista dell’URSS era in realtà legato, in linea generale, alla fase di sviluppo del modo di produzione capitalistico, e, secondariamente, all’esistenza di un minor divario di concentrazione del capitale fra la regione ucraina e il resto dello Stato “sovietico”.

Nonostante ciò, riteniamo ammirevole l’orientamento di denuncia del carattere inter-imperialista della guerra in corso sul suolo ucraino, che caratterizza questi compagni, e lo consideriamo il prezioso presupposto di un proficuo confronto anche sulle divergenze esistenti. (Red.)

  1. A 15 mesi dall’inizio dell’invasione russa, che bilancio si può fare della guerra in termini di distruzioni, morti ed emigrazioni?

Per cominciare, spiegheremo come stanno andando le cose con la borghesia nazionale, che qui è comunemente chiamata “gli oligarchi”. Nonostante una certa crescita della ricchezza che potrebbe essere osservata per alcuni rappresentanti di questa classe, le loro perdite totali dall’inizio della guerra sono maggiori di questa crescita che, tra l’altro, proviene principalmente da fonti estere e non dal mercato interno.

Oltre allo sfondo della guerra, lo stato ha continuato a nazionalizzare attività non redditizie pagando ai loro precedenti proprietari degli indennizzi che tuttavia non saranno in grado di coprire tutte le loro perdite. Ma prima o poi questi beni saranno di nuovo disponibili per la privatizzazione, e molto probabilmente non andranno ai capitalisti nazionali o locali.

Vale anche la pena di ricordare che i nostri patrioti nazionalisti stanno sostenendo che l’Ucraina del dopoguerra vivrà una rapida crescita economica associata con lo sviluppo del settore agricolo. Lo chiamano, con modestia, niente meno che “Agro-Impero”. Così, il vecchio sogno del Kaiser e del suo famoso discepolo potrà finalmente diventare realtà. Dopotutto, in un certo senso si è cercato di trasformare l’Ucraina in una pecora dell’Europa da tosare. Tuttavia, questi patrioti non ci dicono che lo sviluppo del settore agricolo verrà dagli investimenti stranieri di aziende come la tedesca Bayer. E non dai giovani Atlanti rappresentati dagli agricoltori indipendenti oppure anche dai complessi agricoli nazionali, che ora stanno affrontando grossi problemi, vista la riduzione della estensione di terra coltivata e le difficoltà che vivono le esportazioni. Si può aggiungere che è iniziata di recente un’asta per le terre dell’Ucraina, che vengono vendute sotto prezzo, anche se l’accesso all’asta è, almeno per ora, precluso ai cittadini ucraini. Da qui sorge la domanda: “Allora, per cosa stanno combattendo i nostri compatrioti? Proteggono davvero il mondo dall’imperialismo russo, schierandosi dalla parte della libertà e della democrazia?”. Dopotutto, è abbastanza ovvio che le imprese straniere sono guidate dall’obiettivo dell’esportazione di capitali, e non certo dalla volontà di fornire un’assistenza benevola e gratuita ai lavoratori ucraini.

Prima della guerra, oltre al settore agricolo, anche la metallurgia era piuttosto sviluppata in Ucraina. Molte imprese ereditate dalla moderna Ucraina sin dai tempi dell’URSS, e sopravvissute negli ultimi 30 anni di libero mercato, sono state parzialmente o completamente distrutte dai continui bombardamenti della Federazione Russa. Naturalmente, anche il capitale straniero è interessato a investire in questo settore; molte imprese sono state semplicemente fatte a pezzi e portate nell’Unione Europea. E lo sono state a dazi preferenziali, sicché lo stato non ha ricevuto quasi nulla in tasse.

Si deve anche ricordare che sul territorio dell’Ucraina ci sono giacimenti di gas piuttosto ricchi, anche se al momento non esistono le condizioni necessarie per l’estrazione del gas e la sua lavorazione. Ma aziende americane e britanniche come Shell, Chevron, Exxon Mobil e Halliburton sono interessate a questi campi. I conflitti tra queste corporations e quelle del settore russo del petrolio e del gas per il diritto di estrarre le risorse dal territorio dell’Ucraina sono avvenuti già da molto tempo prima dell’inizio della guerra, anche prima del cosiddetto Maidan (il colpo di stato avvenuto nel 2013-2014) che ha chiaramente svolto il suo ruolo nel ribaltare il corso della borghesia ucraina a favore del capitale filo-occidentale. Sebbene dall’inizio della guerra la Russia abbia potuto occupare territori piuttosto vasti nell’est dell’Ucraina, che sono i più ricchi di materie prime e contengono i complessi dell’industria pesante, questo è un pezzo di territorio molto più piccolo di quello su cui poteva contare inizialmente. Inoltre, dato l’attuale corso degli eventi militari, non è ancora chiaro se l’esercito russo sarà in grado di tenere i territori che attualmente ha sotto controllo.

Non vale nemmeno la pena di parlare di come il nostro governo contribuisca a “migliorare il clima degli investimenti” con l’introduzione di varie misure che forniscono alle imprese straniere procedure legali semplificate e benefici economici, che saranno sicuramente scaricati sulle spalle dei lavoratori.

Infine, va notato che, secondo le stime della Banca Mondiale, l’ammontare delle perdite causate all’Ucraina durante l’invasione è di 411 miliardi di dollari al 27 aprile 2023. Tuttavia, dopo la [eventuale] liberazione dei territori occupati, questo importo potrebbe raddoppiare. Secondo la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, l’economia ucraina dovrebbe crescere di almeno il 14% per 5 anni consecutivi per raggiungere gli indicatori prebellici. Come forse ricorderete, è la cifra esatta a cui è cresciuto il PIL dell’URSS dopo la seconda guerra mondiale. Sebbene l’URSS fosse un enorme stato socialista, e sebbene il PIL non sia il miglior indicatore per valutare l’efficacia dell’economia di uno stato socialista.

Ora brevemente sui rifugiati ucraini. Secondo le Nazioni Unite, risiedono attualmente in Europa circa 8 milioni di rifugiati ucraini. Circa 3 milioni di essi hanno attraversato i confini di Bielorussia e Russia. E bisogna tener conto del fatto che negli ultimi 30 anni, dal collasso dell’URSS, il nostro Paese ha perso circa 12 milioni di persone a causa del calo naturale della popolazione. Pertanto, al momento dello scoppio della guerra, il numero totale di persone nel paese era intorno ai 40 milioni. Ora in Ucraina sono rimaste circa 30 milioni di persone, tenendo conto di tutti coloro che sono emigrati e sono morti durante la guerra. Oltre alla diminuzione quasi doppia della popolazione nel suo complesso, anche la popolazione in età da lavoro è diminuita, e l’Ucraina deve fronteggiare un fenomeno come l’invecchiamento della popolazione.

  1. In questi 15 mesi come è cambiato il sentimento degli operai, dei contadini e dei giovani nei confronti della guerra? Ci sono stati segni di stanchezza per la guerra o proteste contro la guerra, oppure il sentimento nazionalista anti-russo è ancora egemonico?

Molte persone continuano a sostenere lo stato in questa guerra, ma con motivazioni differenti. Per comprenderle, è necessario ripercorrere le trasformazioni del messaggio delle dichiarazioni pubbliche avvenute durante la guerra.
All’inizio della guerra ci fu il panico, sia tra i funzionari e gli altri membri dell’apparato statale, sia tra i cittadini comuni. Molti non capivano dove andare e cosa aspettarsi. Tuttavia, la macchina della propaganda [statale] si è rapidamente ricomposta, ha organizzato un’ininterrotta maratona televisiva e ha iniziato a pompare nella gente contenuti nazionalistici e sciovinisti, che, insieme all’esplosione dei proiettili nelle proprie vicinanze, hanno ottenuto il loro effetto.
Inoltre, per mantenere la gente nell’atteggiamento giusto [secondo il governo], sono stati ben organizzati la fobìa dei sabotatori e il reclutamento nella milizia locale. Questa seconda azione era necessaria anche per sostenere le guarnigioni cittadine.

Dall’estate [2022], quando quelle notizie cominciavano a stancare la popolazione, e questa aveva già smesso di correre per le strade a raccogliere informazioni su ogni azione sospetta dei propri vicini, è partita la grancassa sul sostegno del mondo civile e democratico rappresentato dagli Stati Uniti e dall’Europa. Insieme a questo sostegno, è arrivato il primo aiuto militare, accompagnato
da notizie sulla dubbia qualità dell’assistenza militare fornita dal “mondo civilizzato”.
Va considerato che negli ultimi 30 anni ci siamo abbastanza abituati al fatto che [per stare meglio] sarà sufficiente sconfiggere la corruzione, rimuovere i funzionari e i capitalisti sbagliati e invitare uomini d’affari occidentali efficienti. Decomunistizziamo tutto il nostro passato e il nostro presente, sbarazziamoci anche dell’oppressione russa, e poi la vita sarà bella e piacevole.
Sullo sfondo di vari scandali riguardanti le questioni sopra menzionate, si sono verificati gradualmente anche fenomeni come la liberazione delle regioni di Kiev e Kharkov, nonché la riconquista di Kherson. Ciò ha sicuramente rafforzato la speranza dei nostri compatrioti che questa guerra finirà presto, e che l’Ucraina rimarrà intatta nel suo antico splendore.

È un dato di fatto interessante che più una persona è lontana dalla linea del fronte, meno, cioè, è minacciata dalla partecipazione alla guerra, più la sostiene.
Anche gli anziani sostengono per lo più la posizione filo-ucraina, ma in questi 30 anni hanno perso completamente la fiducia nelle azioni delle nostre autorità, e sono giunti alla conclusione che non saremo mai in grado di liberarci dall’indebitamento che la guerra ha fatto gravare su di noi e dalle distruzioni che ha causato, e che comunque l’obiettivo dei paesi occidentali non è ripristinare l’Ucraina esistente prima della guerra, ma spremerne gli ultimi succhi vitali.

Le stesse persone che hanno vissuto in URSS almeno una parte della loro età cosciente, ricordano sempre più quei tempi, anche se con qualche dubbio. Nonostante il lavoro di successo delle nostre autorità e la propaganda volta a provocare disgusto per quel periodo, nella popolazione ci sono sentimenti, piccole osservazioni (che si basano piuttosto su intuizioni che su una sobria comprensione del comunismo come scienza), che inducono a pensare che nel nostro paese qualcosa non va. E che le cose sono oggi più sbagliate che nel periodo dell’URSS. Ad esempio, nonostante tutte le sciocchezze sui gulag, la carestia e la povertà, le persone ricordano ancora l’uguaglianza che allora esisteva. E pensano che forse quell’uguaglianza tra tutti i lavoratori potrebbe non essere stata poi così male. Tuttavia, il loro tempo è già nel passato, sono i loro figli e nipoti che dovranno partecipare alla lotta politica. Per questo le nostre attività di propaganda e di formazione sono rivolte principalmente, e in modo specifico, ai giovani.

Per quanto riguarda i giovani, le loro opinioni possono essere differenziate innanzitutto in base alla loro ricchezza. Non stiamo parlando dei figli dei funzionari e delle persone più ricche del paese; c’è un piccolo strato dell’aristocrazia operaia, che, in virtù della sua vicinanza [appartenenza] alle grandi imprese, sostiene i loro interessi e si raccoglie intorno ai capitalisti e, di conseguenza, sostiene i sentimenti a favore della guerra. C’è una massa di lavoratori che è caduta nella rete della propaganda governativa e sostiene la continuazione della guerra fino alla vittoria. Questo però dipende in gran parte dalla base economica dello stesso lavoratore, perché più alta è la busta paga e meno il lavoro dipende dallo Stato o dal mercato interno, più questo lavoratore sarà desideroso di vedere la fine vittoriosa di questa guerra, qualunque sia l’eventuale costo, almeno fintanto che non riguarda direttamente il suo contesto di vita. E tuttavia la realtà della guerra sta aprendo sempre più gli occhi di questa parte dei lavoratori sul vero stato delle cose. Ad esempio, i marinai si sono trovati in una situazione in cui semplicemente non potevano lavorare. Per qualche tempo è stato praticamente impossibile andarsene dall’Ucraina, era possibile farlo solo attraverso la corruzione di una guardia di frontiera o di un commissario militare. Questo è il motivo per cui i marinai di Odessa hanno dato vita persino ad una manifestazione, che tuttavia si è conclusa abbastanza rapidamente con l’arrivo dei servizi di sicurezza e dei commissari militari. Gli istigatori di questa manifestazione sono stati incarcerati per un certo periodo; sono stati rilasciati in seguito solo dietro pagamento di una enorme cauzione.
Nonostante questi attacchi al loro elementare diritto al lavoro, i marittimi aderiscono ancora a posizioni filo-governative. Abbiamo cercato di contattare i rappresentanti dell’organizzazione dei marinai invitandoli ad un colloquio; all’inizio erano d’accordo, ma poi, a quanto pare, sono venuti a conoscenza delle posizioni della nostra organizzazione e hanno ignorato il nostro invito. Non è del tutto chiaro, però, se ciò è avvenuto per ragioni ideologiche o per paura di finire dietro le sbarre. Ricordiamo che per la diffusione della propaganda comunista, siamo soggetti a responsabilità penale per un periodo che va da 5 a 10 anni di carcere.

Anche i lavoratori a basso reddito sostengono in prevalenza la politica statale. Tuttavia devono preoccuparsi molto di più (degli altri) di procurarsi alloggio e cibo, per i quali hanno bisogno di avere un lavoro, il che, data la disoccupazione, è molto problematico. Pertanto, per il nostro governo, sono dei compagni di viaggio piuttosto comprensivi, il che, in linea di principio, va abbastanza bene per il governo. Per molti versi, la loro situazione non è ancora così disastrosa come potrebbe essere in altri paesi, a causa del fatto che durante il periodo sovietico alla maggior parte delle famiglie veniva fornito l’alloggio gratuitamente (a spese del governo).

Ora possiamo passare a coloro che hanno perso la casa temporaneamente o definitivamente, ai rifugiati. Di solito sono molto più aggressivi nei confronti della Federazione Russa e persino nei confronti dei comuni cittadini russi, a causa del fatto che le ostilità si sono svolte sulla loro terra, nella loro città o nel loro villaggio. Anche se molti di loro non vogliono la vittoria a tutti i costi, ma solo la pace sul proprio territorio, così da poter finalmente tornare a casa. Poiché le condizioni per gli sfollati interni sono molto deplorevoli. Per lo più devono provvedere da se stessi per alloggio, cibo e lavoro. Anche se ci sono aiuti di Stato, questi sono ridicolmente insufficienti.

Ovviamente, in questa fase, la coscienza di classe del proletariato ucraino rimane a un livello piuttosto basso. La maggioranza dei lavoratori non si rende conto né delle cause né delle conseguenze di questa guerra. Hanno presenti semplicemente i due lati del conflitto, il bene e il male, e scelgono uno dei lati.

Per quanto riguarda i soldati, va detto che all’inizio della guerra c’è stato un gran numero di volontari motivati ideologicamente. Soprattutto tra quelli che sono passati attraverso l’ATO. Tuttavia, al momento, questo fervore ideologico si è un po’ attenuato, nonostante gli sforzi degli istruttori politici di prima linea, che contribuiscono solo a incitare all’odio sciovinista e nazionalista. L’attenuazione del fervore ideologico iniziale è dovuto principalmente ai seguenti fattori:
-Il motivo n. 1 è l’attrezzatura scadente. È molto difficile combattere indossando ciò che lo stato fornisce. Pertanto, i soldati sono costretti a raccogliere donazioni per un buon equipaggiamento in famiglia, tra gli amici o i colleghi.
-Il motivo n. 2 è il gran numero di persone arruolate. La procedura di mobilitazione ha toccato tutti e in molte zone sta avvenendo in maniera casuale. Nelle città può letteralmente succedere questo: arriva un’auto dalla quale scendono persone in uniforme militare e spingono all’interno dell’auto stessa diversi passanti. Un simile atteggiamento porta al fatto che i padri con molti figli e le persone che, per motivi di salute, non sono destinate al servizio militare, finiscono egualmente in prima linea. E questo, alla fine, influisce non solo sulla capacità di combattimento del distaccamento, ma anche sul suo morale.
-Il motivo n. 3 è che un gran numero degli attuali militari è andato in guerra non per motivi ideologici, ma per denaro. Dato l’alto livello di disoccupazione esistente, il servizio nelle forze armate ucraine è pagato molto meglio di un salario medio. Pertanto molti disoccupati o persone a basso reddito hanno deciso di mettersi alla prova come soldati.
-Il motivo n. 4 è il disordine negli alti comandi. La corruzione e l’ignoranza della tattica militare si stanno verificando anche nella leadership militare; è una situazione molto comune quando ci sono ordini che hanno ragioni politiche ma non tattiche. È chiaro che tutto ciò fa infuriare i soldati. In prima linea si verificano diserzioni, soprattutto nelle aree più calde. Di recente, [i soldati] hanno sparato a un alto ufficiale che aveva dato un ordine che equivaleva ad un suicidio, e le informazioni sono persino trapelate alla rete. La situazione non è ancora abbastanza chiara, ma tali situazioni potrebbero verificarsi in futuro. Tuttavia, più la guerra divampa, più si protrae, più ci saranno casi di diserzione ed esecuzione di ufficiali.

Sulla base delle ragioni di cui sopra, le Forze armate dell’Ucraina ideologicamente cariche sono ancora piuttosto cariche contro la Federazione Russa, ma lo sono anche contro la loro attuale leadership. Tuttavia è importante capire che ciò che vogliono vedere non è il potere al popolo, ma solo la sostituzione dei capitalisti sbagliati con quelli corretti. Finora, la questione del trasferimento di potere è stata rinviata alla fine della guerra, ma ora possiamo affermare con sicurezza che i soldati non si vedono come l’esercito di Zelensky e del suo governo, assumono piuttosto una posizione più piccolo-borghese: proteggono la “loro” terra, che in realtà non è mai stata loro, e non apparterrà mai a loro finché la borghesia avrà il potere in Ucraina.

Vorremmo anche parlare separatamente dei contadini. La loro condizione è piuttosto decaduta dalla formazione dell’Ucraina borghese, che ha distrutto l’economia collettiva e con essa la maggior parte degli ascensori sociali per gli abitanti dei villaggi. Per lo più gli anziani sono rimasti nei villaggi, mentre i giovani sono andati nelle città per guadagnare denaro. Quei giovani che sono rimasti, semplicemente non hanno la possibilità di lasciare la loro casa. Pertanto i commissari militari stanno reclutando nei villaggi con maggiori sforzi. Comunque i contadini non rappresentano più alcuna forza politica e non possono resistere da soli a questa pressione. E la voce dei loro drammi non ha ancora raggiunto le città.

  1. Come è stata accolta dai lavoratori la nuova legge sul lavoro, che di fatto vieta i contratti nazionali per la maggior parte delle aziende ucraine?

Prima di rispondere a questa domanda, vorremmo fare una breve rassegna di tutte le offensive messe in atto dal nostro governo contro i diritti dei lavoratori dall’inizio della guerra.

In primo luogo, diamo un’occhiata alle entrate del governo che diventerà un problema per le tasche di ogni lavoratore. Prima della guerra la principale fonte di finanziamento del governo era l’imposta sul reddito delle società, che ammontava al 18-20%. Tuttavia, con l’inizio della guerra, questa percentuale è scesa al 10%.
Poi sono arrivate le leggi contro i lavoratori. La prima di esse consentiva il licenziamento dei lavoratori nel corso della guerra, se l’impresa veniva danneggiata dagli eventi bellici. La legge successiva ha consolidato gli effetti della prima e ha permesso ai padroni di licenziare i lavoratori anche in tempo di pace senza essere obbligati a dare motivazioni, e senza accordo con l’organizzazione sindacale.
È particolarmente divertente osservare come il nostro governo stia cercando di separarsi formalmente dal passato sovietico e dal passato in cui l’Ucraina era parte dell’Impero russo. Ma così facendo si sta avvicinando sempre di più allo stato economico proprio dell’impero (ora stiamo camminando, infatti, verso il feudalesimo). Bisogna ricordare che l’impero russo dipendeva da prodotti a basso valore aggiunto, in particolare i prodotti agricoli, e che contava molto sulle misure contro i diritti dei lavoratori. Come è andata a finire, lo sappiamo tutti perfettamente. Ma attualmente una tale trasformazione per l’Ucraina è più di un semplice sogno.

Ritorniamo alle misure anti-operaie. Il governo ha anche approvato una legge per controllare i free lance. Questi diventano sempre più dipendenti dal datore di lavoro, e sono quindi soggetti a una proletarizzazione più profonda di prima.

Ora parliamo delle mosse indirette contro i lavoratori dell’Ucraina.
In primo luogo, c’è una legge che trasferisce la pianificazione urbanistica al ministero e alle aziende private. In questo modo stanno praticamente legalizzando il lobbismo in questo settore.
In secondo luogo, esiste un assurdo progetto di legge sulla lotta al cosiddetto “mondo russo” che contiene il divieto di utilizzare le opere di autori russi e anche quelle semplicemente scritte in russo. È chiaro che la nostra comunità scientifica è in perdita, a causa del fatto che molte opere fondamentali durante l’era sovietica, realizzate da autori ucraini o in collaborazione con loro, non sono state tradotte in ucraino all’epoca.
In terzo luogo, c’è una legge che inasprisce le sanzioni per l’abbandono del campo di battaglia, anche se è ancora da vedere come funzionerà esattamente. Ma costituisce comunque la premessa della applicazione del terrore contro i soldati ribelli.

Ora diamo un’occhiata a come il movimento operaio ha reagito a questi attacchi del capitale nell’ultimo anno.
I più attivi sono stati i lavoratori dipendenti dallo stato, in settori caratterizzati da “monopoli naturali” come le ferrovie e il trasporto urbano su linee elettriche. Esprimendo la loro insoddisfazione per i bassi salari a fronte dell’aumento dei profitti dell’azienda, i lavoratori delle ferrovie hanno minacciato uno sciopero “all’italiana”. Alla fine le rivendicazioni dei lavoratori sono state soddisfatte.
Ci sono state anche altre manifestazioni di lavoratori in imprese di varia importanza, che però non si sono concluse con altrettanto successo. In alcuni casi i lavoratori sono riusciti a ottenere il rimborso dei debiti per se stessi e ad essere riammessi al lavoro, mentre da qualche altra parte sono stati visitati dal Servizio di sicurezza dell’Ucraina e dai commissari militari con biglietti di arruolamento.
Nonostante l’attuale situazione del paese, la lotta di classe non è scomparsa e mostra una tendenza alla crescita. Sebbene questa crescita sia insignificante in numeri assoluti, che i lavoratori inizino a lottare non solo per la tutela dei vecchi diritti, ma anche per la conquista di nuovi diritti, è solo una questione di tempo. E più a lungo durerà la guerra, prima questo accadrà.
La nostra risposta può sembrare alquanto facilona: in realtà le cose sono piuttosto difficili per i lavoratori ucraini. Avendo perso il lavoro, l’unico modo per nutrire in modo decente le loro famiglie è prestare servizio militare. E data la disoccupazione del 30%, la riserva a cui l’esercito può attingere rimane grande. Di conseguenza, possiamo dire che i capitalisti hanno trasformato l’esercito di riserva del lavoro salariato in un vero e proprio esercito. Come potrebbe andare a finire per loro in futuro – il tempo lo dirà.

  1. Cosa pensano gli operai, i contadini e i giovani degli “aiuti” delle potenze imperialiste occidentali? Credono davvero alla favola secondo cui sono “un aiuto disinteressato” per la “libertà” e “l’autodeterminazione” dell’Ucraina?

Con certezza possiamo dire di sì: lo credono. I lavoratori, ingannati dalla propaganda di stato, credono davvero che dopo la guerra assisteremo ad un’alba fiorente dell’economia ucraina, che sicuramente coinvolgerà la vita dei lavoratori ordinari. Certo, ci saranno degli effetti, ma molto probabilmente non saranno quelli che molti si aspettano.
La reazione al sostegno dei Paesi occidentali è molto positiva, anche se non è priva di sfumature, di cui abbiamo già parlato nella risposta alla domanda sullo stato d’animo della popolazione durante la guerra.
Per farla breve, la maggior parte delle persone crede che, nonostante tutti i prestiti, i paesi occidentali offriranno all’Ucraina anche grandi investimenti per ripristinare la sua economia. A loro piace molto quando l’Ucraina viene chiamata il “granaio d’Europa”, soprattutto quando ciò viene fatto non soltanto dai canali statali, ma anche da fonti indipendenti. Sullo sfondo di tutto ciò, credono davvero che l’integrazione nell’UE e nella NATO avverrà, e che questa integrazione semplificherà la loro vita.

Tuttavia, se guardiamo agli accordi che sono stati firmati tra il nostro governo e il FMI, diventa subito chiaro che la motivazione dei paesi occidentali non è quella di sostenere la “libertà” e “l’autodeterminazione” dell’Ucraina – la loro motivazione è invece di natura prettamente imperialistica. Ma se le persone non se ne accorgono ora, dopo la fine della guerra, se questa non si trasforma nella terza guerra mondiale, il nostro attuale governo dovrà fare fronte alla propria crisi politica. L’unica domanda da porsi è se le persone avranno ancora abbastanza pazienza, se i lavoratori saranno pronti per azioni serie e avranno un’organizzazione che li condurrà ad avanzare contro l’imperialismo. Perché, come si può vedere, i capitalisti stessi politicizzano, istruiscono e armano quelle masse lavoratrici che, realizzando i propri interessi, saranno chiamate a rovesciare il potere dei capitalisti.

  1. In Italia e in Europa occidentale, da settimane, ogni giorno, si parla della ricostruzione dell’Ucraina e si sono tenuti incontri intergovernativi per “prepararla”: che effetto hanno queste notizie in Ucraina?

Per quanto riguarda l’assistenza internazionale, la situazione è abbastanza ridicola. Dovete capire che in questo caso la risata è piuttosto un mezzo di autodifesa, almeno per noi; e lo è anche per quelli che capiscono cosa sta realmente accadendo.
Al momento, gli Stati Uniti sono il maggior sponsor della resistenza ucraina, almeno in termini assoluti. In estate il budget della loro assistenza, in base al quale hanno fornito soldi alle nostre autorità durante l’anno, terminerà; tuttavia, non abbiamo dubbi che approveranno il nuovo budget. Per loro è vantaggioso sostenere una lunga guerra.
D’altra parte, se si guarda all’assistenza fornita all’Ucraina in relazione al PIL, gli stati baltici e la Polonia sono i primi. Questi paesi non sono guidati da sete di giustizia, ma da un interesse economico oggettivo. In questo modo, incamerano vantaggi per se stessi su esportazioni e importazioni, come materie prime, merci e manodopera a basso costo, benché abbastanza qualificata.

Se torniamo al denaro [agli aiuti internazionali], per il nostro governo questo è solo un altro modo per riempirsi le tasche. Anche i versamenti di denaro che avvengono direttamente in attrezzature militari o aiuti umanitari vengono rubati e venduti. Questo accade sia a livello locale che regionale. Stiamo assistendo ad una sorta di piramide della corruzione. Potreste aver sentito che i partner stranieri del governo che forniscono questa assistenza molto spesso richiedono il rispetto di rigorose procedure statistiche per il calcolo degli aiuti. Tuttavia, le loro richieste non sono altro che una formalità.
Oltre agli aiuti militari e umanitari, ai propagandisti piace anche parlare di garanzie per la ricostruzione post-bellica. Inizialmente, si era perfino parlato di una specie di Piano Marshall 2.0. Tuttavia le nostre autorità, dopo diversi tentativi infruttuosi in cui sono riuscite ad ottenere una massa di milioni, ma non certo i miliardi necessari, hanno messo a tacere il problema. E dalla fine della scorsa estate, hanno cercato di non ricordare troppo la cosa.
Invece di un altro Piano Marshall, è arrivata un’iniziativa per ricostruire il paese a livello regionale. L’idea-base era che ogni paese [“donatore”] si assumesse la responsabilità di ricostruire una specifica regione tra quelle andate in rovina. Con l’avvio di questa iniziativa, i nostri ministri e altre autorità hanno iniziato a lasciare ancora più spesso i confini dell’Ucraina, nel tentativo di impegnare qualcuno con questo richiamo. Ad un certo punto, anche il Sudafrica ha accettato di svolgere un’attività simile dopo la fine della guerra. Ma non tutto è così roseo come potrebbe sembrare. Sappiamo bene che viviamo in un mondo imperialista. Ciascuno di questi paesi ha l’obiettivo di promuovere gli interessi delle sue maggiori imprese. Di conseguenza, [i paesi “donatori” che stanno impegnandosi per la ricostruzione futura] si aspettano di ricevere da un’azione del genere molto di più di quello che danno in cambio.

Noi, come marxisti, dobbiamo capire che anche nello stadio del capitalismo monopolistico questi stessi monopoli non sono in grado di superare l’anarchia della produzione. Da qui deriva l’inimicizia anche in questa materia tra paesi diversi, già nella fase in cui tale iniziativa è ben lontana dall’essere attuata, perfino prima delle fasi progettuali di questa ricostruzione. Ad esempio, di recente la Germania ha rifiutato di partecipare al progetto. Le ragioni esatte sono sconosciute, ma a quanto pare i suoi interessi non sono stati sufficientemente tenuti in conto. La Germania tornerà a questo accordo in futuro? È abbastanza probabile, perché è uno degli alleati più influenti del nostro governo in questa guerra. Ed è abbastanza prevedibile che entro la fine della guerra i soli tre paesi che rimarranno in questa iniziativa saranno gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Germania.

Indubbiamente, nel nostro paese la macchina della propaganda statale funziona in modo abbastanza efficace. Anche un anno dopo, riesce per lo più a trasmettere ai lavoratori non solo la fiducia in una vittoria senza compromessi, che sarà completa solo quando saranno stati ripristinati i confini ucraini del 1991. La gente continua inoltre a credere alle storie sull’assistenza gratuita dei nostri partner democratici. Sfortunatamente, i nostri compatrioti non capiscono che il prezzo di questo sostegno sarà uno sfruttamento ancora più schiavizzante e, molto probabilmente, la partecipazione a una nuova guerra. Ma, se sarà, quella volta non sfileranno solo sotto le bandiere “gialle e blu”, ma dietro quelle con sopra gli stemmi di Shell, McDonald’s e Krupp.

  1. Voi siete stati tra i pochissimi che hanno preso posizione contro il governo Zelensky e contro la guerra, sostenendo che questa guerra è contro gli interessi dei proletari, sia russi che ucraini. Possiamo immaginare le difficoltà che avete incontrato. Ne volete parlare? Avete l’impressione di essere ora più isolati rispetto a febbraio dello scorso anno o, al contrario, che la vostra posizione abbia guadagnato un po’ di terreno? Siete stati colpiti dalla repressione di stato?

Sì, in effetti, abbiamo assunto una posizione contro la guerra, e non solo perché in questa guerra muoiono e ne soffrono solo cittadini comuni, lavoratori, poveri e studenti, mentre i componenti della cosiddetta élite dell’Ucraina, che riceve specifici benefici finanziari dalla guerra difendendo con essa i propri interessi economici e politici, si salvano inviando semplici cittadini ad essere uccisi in guerra, spesso contro la loro volontà. Ci sono numerose storie di mobilitazione forzata e “intrappolamento” forzato di reclute per le strade delle città ucraine, che assomigliano ad un rapimento più che ad un reclutamento. Consideriamo l’intensificarsi della propaganda nazionalista, l’intensificarsi delle tendenze alla fascistizzazione e alla militarizzazione, effetti molto pericolosi della guerra. Sono comparse anche numerose formazioni militari (di destra radicale) non controllate dalle autorità ufficiali e, di conseguenza, c’è stato uno scivolamento verso l’ordine medievale della frammentazione feudale. Tutto ciò fornisce un terreno favorevole per “stringere le viti” sul proletariato, non solo a livello di attività statali e legislative ufficiali (vedi l’inasprimento della legislazione sul lavoro, il divieto delle manifestazioni di massa, degli scioperi, ecc.), ma anche a livello locale (i distaccamenti armati vengono utilizzati, con il silenzio complice dello stato, per intimidire i lavoratori e la popolazione locale), soprattutto nelle zone adiacenti alla “linea del fronte”.

In generale, usando come pretesto “l’aggressione esterna”, i circoli al potere stanno cercando di consolidare il più possibile la loro posizione di comando utilizzando tutte le leve a loro disposizione. L’aggressione russa ha permesso di “sterilizzare” lo spazio dell’informazione, eliminandone tutti gli elementi di opposizione. Ciò complica notevolmente la propaganda delle idee di sinistra e dell’internazionalismo per noi, dal momento che enormi risorse mediatiche controllate dalle autorità e fedeli agli oligarchi fanno il lavaggio del cervello 24 ore su 24, 7 giorni su 7 promuovendo visioni di destra (spesso non senza successo).

Per quanto riguarda la pressione sulla nostra organizzazione, ovviamente dall’inizio delle ostilità attive dobbiamo lavorare con molta più attenzione, sebbene ciò non abbia influito sul vettore del nostro lavoro e non abbia in alcun modo modificato la nostra posizione ideologica. Il fatto è che la propaganda del comunismo, così come i partiti comunisti in Ucraina, sono stati banditi da molto tempo. Puoi incorrere in una pena detentiva anche per il solo fatto di aver indossato una maglietta con falce e martello o un ritratto di Lenin. Molti attivisti hanno affrontato non solo la persecuzione della polizia a questo proposito, ma anche la pressione delle forze radicali di destra. L’attività delle organizzazioni di sinistra in Ucraina è associata ad un enorme rischio. E alcuni dei nostri compagni sono caduti sotto la stretta attenzione delle forze dell’ordine, e non solo.

Vale la pena notare, forse, che la pressione statale sul movimento di sinistra non esiste solo in Ucraina: in Russia, tutti i processi sopra descritti si ripetono con stupefacente precisione. L’unica differenza è che nei momenti giusti le autorità russe si nascondono dietro la bandiera rossa e le conquiste dell’URSS, facendo appello alla memoria e alla nostalgia della gente, mentre d’altra parte c’è una critica totale e persino esercizio del terrore contro gli attivisti e le organizzazioni della vera sinistra (in Russia esiste un partito comunista completamente fedele alle autorità – non vale la pena nemmeno di parlarne). E tali azioni, forse, causano ancora più danni alla reputazione del marxismo e dell’internazionalismo nello spazio post-sovietico.

  1. Avete stabilito rapporti di cooperazione con gruppi di compagni russi che si sono schierati contro la guerra? E se è successo, volete dirci qualcosa a riguardo?

Ad essere onesti, nella scelta dei nostri compagni politici abbiamo preso fin dall’inizio una posizione molto di principio. La nostra organizzazione non cerca contatti per amore di avere contatti con forze di sinistra, o con coloro che si posizionano come tali. Inoltre, ci sono sempre più forze nello spazio dell’informazione che, usando l’umore delle masse e nascondendosi dietro l’armamentario di sinistra, sono di sinistra solo esteriormente. Infatti con l’avvio della cosiddetta operazione militare speciale, molte organizzazioni di sinistra di entrambe le parti in conflitto (e non solo) hanno mostrato la loro essenza di pseudo-sinistra sostenendo il proprio governo e invitando i lavoratori a sostenere la loro borghesia nazionale durante la crisi, invece di usare questa crisi nella lotta contro di essa ed esporre la sua essenza di classe, assumendo una posizione contro la guerra e internazionalista. Alcuni dei leader di opinione di sinistra hanno preferito il conforto del sostegno e del denaro dello stato alla lotta disinteressata per la felicità dei lavoratori.
È una vergogna e un peccato, e con tali organizzazioni e individui non siamo certo sulla stessa strada.

Per quanto riguarda coloro con cui collaboriamo, ovviamente non ci limitiamo esclusivamente alla Russia. Nondimeno il Fronte del lavoro russo è il più vicino a noi, e cooperiamo anche in varie aree con i compagni bielorussi di Krasnobay, con i compagni kazaki di Krasnaya Yurta e altri. Siamo impegnati in un intenso scambio di informazioni, condivisione di esperienze nell’organizzazione di collettivi marxisti, gruppi di lettura, nella creazione di contenuti multimediali e nel mantenimento di buoni rapporti personali. In generale, è difficile immaginare il movimento comunista senza la cooperazione internazionale e l’assistenza reciproca alla scala internazionale, perché questa è una delle sue caratteristiche distintive. E siamo sempre aperti ai contatti non solo tra paesi di lingua russa, ma anche in Europa, America e in generale in tutto il mondo.