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Come mosche sulla merda

Circolano in rete, con sempre più frequenza ed intensità, documenti, riflessioni, analisi, teorizzazioni, riferiti alle lotte della logistica.
Sono materiali di varie forme e contenuti; prodotti da svariati ed eterogenei autori (singoli, “gruppi” politici, associazioni, blogger) uniti da un solo denominatore comune: la necessità di dire la propria opinione, di esprimere il proprio punto di vista, di formulare la propria valutazione su quanto è già avvenuto in questi tre anni e su quanto potrà accadere in futuro.
Il più delle volte, dobbiamo dirlo, si tratta di comunicati di solidarietà e sostegno ai lavoratori impegnati in queste dure lotte; negli ultimi tempi però stanno aumentando “contributi” che vogliono indicare la via, tracciare il percorso, segnare obiettivi, insegnare come si devono condurre le lotte, quali devono essere le scelte tattiche, e quale il quadro strategico in cui inserirle.
Questo secondo tipo di contributi (condizione necessaria?) è sempre basato su una ampia formulazione di analisi politica, ma anche storica, e sovente filosofica.
A questo secondo tipo di espressioni appartiene un recente documento pubblicato sul blog “il lato cattivo” (illatocattivo.blogspot.it) dal titolo:” Anzola è il mondo?”.
Un corposo testo (48 pagine) che prende lo spunto della lotta alla Coop Adriatica, per spaziare su tutto quanto è accaduto nella logistica, ed oltre. Gli autori sono, secondo l’intestazione, “alcuni compagni/e”.
L’efficace sottotitolo, ha un carattere da dichiarazione programmatica: ”A proposito della lotta alla Coop Adriatica di Anzola dell’Emilia, delle lotte operaie nel settore della logistica e di molto altro ancora”, e la dice lunga sulle intenzioni degli autori, nonché sulla scarsa considerazione che hanno di loro stessi.

Dalla prima lettura che abbiamo fatto del testo ci è sorto in modo assolutamente spontaneo e genuino – forse politicamente scorretto, forse non degno di una contesa tra intellettuali (ma organico, questo sì) – il titolo di questo nostro commento: “Come mosche sulla merda”.

Mosche in questo caso, pronte a gettarsi a capofitto su ogni potenziale molecola organica (come organica, fatta di sudore, sfruttamento e sofferenza, sono le vite dei lavoratori della logistica) che possa essere una fonte di sostentamento  e giustificazione della propria esistenza.

Coscienze critiche, questi compagni/e autori, alle quali rivolgiamo un semplice interrogativo: se non ci fossero le lotte nella logistica; se i compagni del misero sindacatino Sicobas si occupassero d’altro, magari ponendo un maggior impegno per raggiungere il loro scopo finale, cioè: ” la trattativa, dato che solo attraverso di essa ottiene il “riconoscimento della controparte”, quindi la possibilità di aprire sedi e uffici, erogare servizi a pagamento come CAF, Patronati e studi legali, ecc. Non c’è nulla di strano, entro i rapporti consociativi del sindacalismo attuale, nel fatto che un responsabile centrale dichiari candidamente di utilizzare le lotte per espandere il proprio potere contrattuale in quanto ente riconosciuto dallo Stato (nel caso specifico in presa diretta con il prefetto).”, cosa fareste voi, anime pensose; come potreste dar sfoggio della vostra sapienza – sussunta, oh quanto sussunta – nella pratica onanista delle citazioni dei padri fondatori?

Perchè, invece di farvi turbare dalle misere attività del Sicobas, dalla scarsa lungimiranza dei suoi militanti, dalla loro pochezza intellettuale e politica, non vi fate promotori, voi – lato cattivo o come altro vi chiamate – di nuove, più efficaci, adeguate, sorprendenti azioni di riscatto delle masse proletarie?

Perchè non saggiare le vostre sapienti riflessioni teoriche attraverso la verifica della prassi (o praxis, se preferite)?

L’azione rivendicativa è inutile, ha il fiato corto, è destinata ad essere sconfitta, non è rivoluzionaria. Bene, voi cosa avete da proporre e, soprattutto, da mettere in pratica?

Il sindacalismo autorganizzato (“autoprodotto” sic) ha lo sguardo volto al passato; inoltre è fatto da operai furbacchioni che se la spassano per aver fatto 40 anni di lavoro, e da giovani e/o immigrati un po’ stupidi che non capiscono che sono senza futuro. Bene, qual è dunque la forma che voi avete individuato per dar corpo alle vostre analisi? O non ci avete ancora pensato? (ahi, ahi, no praxis?)

Noi stiamo fantasticando con le lotte dei facchini; ci siamo pure rifatti (momentaneamente, ça va sans dire) un’innocenza (ahinoi) perduta; ma che dire della vacuità delle vostre affermazioni, del profumo stantio (eau de petit bourgeois?) che vi circonda?

Che dire, verrà – prima o poi – la realtà a bussare anche alla vostra porta?

1 dicembre 2013
Sindacato Intercategoriale Cobas                                 testo: Come mosche sulla merda