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A fianco delle operaie di Melfi contro lo schiavismo e il sessismo della Fiat

L’offensiva padronale che in questi anni ha portato alla distruzione delle tutele e delle conquiste operaie non si ferma neanche di fronte a quei principi elementari di civiltà che la stessa “democrazia” borghese nella sua ipocrisia ha sempre definito “diritti inalienabili della persona”.

E’ il caso, clamoroso, delle operaie Fiat Sata di Melfi, a cui Marchionne ha imposto pantaloni da lavoro rigorosamente bianchi che ledono la dignità delle lavoratrici e il loro sacrosanto diritto a vivere con riservatezza i propri cicli biologici.

A seguito della legittima protesta di circa 500 operaie che hanno firmato una petizione per ottenere un pantalone di colore scuro, la risposta della Fiat, disponibile a “concedere” solo una mutanda di plastica, appare in maniera evidente come un’arrogante ed intollerabile provocazione.

Ma quello di Melfi è un caso tuttaltro che isolato: ricatti, umiliazioni e violazione della privacy rappresentano oramai la regola sui luoghi di lavoro, e ciò a seguito di leggi antioperaie come il Jobs Act di Renzi che legittimano le forma più estreme di arbitrio e di strapotere dei padroni sui lavoratori e ancor più sulle lavoratrici: uno strapotere che, solo per fare un esempio, ha portato in questi mesi alla Yoox di Bologna al licenziamento di decine di operaie aderenti al SI-Cobas, colpevoli di aver denunciato numerosi casi di molestie sessuali ad opera dei dirigenti di magazzino.

Fin quando consentiremo ai padroni di ridurci a mera merce da utilizzare e consumare dove, come e quando vogliono per poi buttarci come una buccia di limone spremuta una volta che non siamo più utili ai loro superprofitti, episodi come quelli di Melfi continueranno a rappresentare la regola.
L’episodio clamoroso delle tute di lavoro non è altro che la punta dell’iceberg nel sistema di lavoro schiavistico imposto in Fiat da Marchionne e che va estendendosi sempre più a tutte le fabbriche, fatto di ritmi massacranti, turni assurdi in cui vengono imposti i sabati e le domeniche lavorative, e negazione delle più elemetari libertà personali e sindacali.

Un sistema che opprime tutti gli operai indipendentemente dal sesso, dall’età o dal colore della pelle, ma che può essere fermato con l’unica arma davvero efficace nelle mani dei lavoratori: lo sciopero e il blocco della produzione.

Ben venga dunque le raccolta di firme, perchè essa rappresenta a Melfi la prima occasione in cui le operaie riprendono la parola dopo anni di sottomissione all’arroganza e allo schiavismo imposto dalla Fiat.

Come operaie ed operai del SI Cobas siamo convintamente al fianco di questa battaglia e sosterremo tutte le iniziative di lotta che verranno messe in campo dalle operaie, a Melfi e nell’intero gruppo Fiat.

19/10/2015

 

SI Cobas nazionale