Cobas

[NAZIONALE] Sulla proposta dell’esecutivo USB di rinvio dello sciopero del 27 ottobre

Lo sciopero nazionale unitario del trasporto dello scorso 16 giugno ha rappresentato per il sindacalismo di classe un momento oggettivo di svolta e di potenziale rilancio del conflitto reale sui luoghi di lavoro. Per la prima volta un’intero settore del lavoro pubblico e privato, al di la delle differenze di sigla sindacale, di mansione e/o di inquadramento contrattuale, si è fermato, bloccando per un’intera giornata la circolazione sia delle merci, sia dei passeggeri.

In quella giornata è stato sferrato un duro colpo, materiale e d’immagine, al governo Gentiloni, la cui riprova sono state le dichiarazioni isteriche dei suoi stessi ministri e di autorevoli esponenti del fronte padronale tese alla condanna dello sciopero e alla necessità, per loro sempre più urgente, di mettere nuovamente mano alle leggi sulla rappresentanza e sul diritto di sciopero con un’ulteriore stretta reazionaria. Il veleno vomitato da Renzi nelle sue dichiarazioni è giunto al punto di violare il principio logico della non contraddizione, laddove ha dichiarato che sigle sindacali con seguito scarsissimo e un peso irrilevante nella categoria avrebbero “messo il paese in ginocchio”…
Se è vero, com’è vero, che il 16 giugno gran parte della circolazione di merci e uomini è stata fermata, allora le ipotesi sono due: o le sigle che lo hanno proclamato non sono così insignificanti, oppure le ragioni di quello sciopero, in primis il rinnovo dei contratti e lo sfascio di Alitalia e del trasporto pubblico locale, hanno coinvolto e messo in moto una massa di lavoratori che andava ben al di la del perimetro del sindacalismo di base.
A nostro avviso la riuscita di quella giornata è il frutto di entrambi questi fattori, facendo emergere in maniera chiara come da un lato tra i lavoratori esista tuttora una domanda di rappresentanza e una certa disponibilità in alcuni settori di lavoratori al conflitto contro gli attacchi al salario e alla macelleria sociale del governo e, dall’altro, che gli attuali “sindacati di base” (tutti, nessuno escluso), sono organizzativamente e politicamente insufficienti a offrire una risposta adeguata a queste istanza, anzi il più delle volte ne costituiscono un’ostacolo soggettivo.
L’idea, fatta propria da SI Cobas, Cub, Slai Cobas, Sgb e Usi, di indire prima dell’estate uno sciopero generale per il prossimo 27 ottobre, nasceva proprio da questa duplice necessità: in primo luogo dare continuità ai contenuti e allo spirito della riuscita mobilitazione di giugno con l’obbiettivo di allargare ulteriormente il fronte e far si che il punto di vista dei lavoratori d’avanguardia superi il limite organizzativo del sindacalismo di base e arrivi in profondità anche tra i settori della classe attendisti, confusi, ma che vedano nella nostra proposta di lotta una possibile direzione di marcia; in secondo luogo giocare d’anticipo rispetto a un governo che, come sempre, proprio per i mesi estivi prometteva fuoco e fiamme con nuove leggi contro il diritto di sciopero.
Abbiamo fatto quest’ampia premessa perchè riteniamo che senza una messa a fuoco degli eventi degli ultimi mesi, la discussione sullo sciopero generale del prossimo 27 ottobre è inevitabilmente destinata a riprodurre la solita, triste e stantia disputa sulle date tra questa e quella sigla. Una disputa che, in quanto tale, non ci interessa. Che questa proposta stia registrando consenso e interesse tra tanti lavoratori, e come essa prefiguri la possibilità che la giornata del 27 ottobre vada ampiamente al di la delle scadenze (il più delle volte autocelebrative) degli ultimi autunni, è dimostrato dal successo dell’appello promosso da alcuni delegati trasversali alle sigle di base e della stessa Cgil e sottoscritto da centinaia di lavoratori, il quale si propone un allargamento dei promotori anche alle sigle che sinora non hanno aderito.
Lo scorso 31 agosto ci è pervenuta una proposta da parte dell’esecutivo nazionale USB, la quale pur dichiarando di condividere il senso e i contenuti dello sciopero, ci chiede di rinviarlo a metà novembre a causa di una conferenza sindacale internazionale da loro promossa il 3 e 4 novembre, e al fine di “interloquire con il varo della nuova legge di stabilità”, la quale approderà alle camere presumibilmente a novembre. Nel prendere positivamente atto della condivisione da parte di Usb dei motivi e dei contenuti dello sciopero, ci sembrano tuttavia pretestuose e per certi aspetti settarie le motivazioni alla base della richiesta di rinvio.
Non capiamo infatti come uno sciopero indetto una settimana prima possa confliggere con un’assemblea internazionale: a nostro avviso un’organizzazione sindacale che tende a proiettare il proprio intervento su scala internazionale e internazionalista dovrebbe considerare lo sciopero tutt’altro che un ostacolo, bensì un occasione preziosa per ravvivare e carburare il confronto con le organizzazioni sindacali degli altri paesi. Ne ci convince l’argomentazione relativa ai tempi del governo: anticipare, e non limitarsi ad attendere il varo della manovra, per noi significa lanciare un segnale chiaro a Gentiloni e ai suoi soci anche in questo senso, preparando il terreno per un’ampia mobilitazione che, nel caso di una riuscita dello sciopero del 27 ottobre possa essere foriera (perchè no?) di altri scioperi e mobilitazioni nel corso dell’autunno; al contrario, ci sembra che la motivazione addotta dall’esecutivo Usb per un rinvio dello sciopero sia il frutto di una concezione tesa a considerare lo sciopero autunnale come un rituale “una tantum” per dimostrare a noi stessi che esistiamo, rituale che ha caratterizzato la storia recente del sindacalismo di base e rispetto al quale il prossimo sciopero, così come quello del 16 giugno, intendono tracciare una netta soluzione di continuità. Se è vero che il 27 ottobre può apparire come una data prematura rispetto ai tempi della politica istituzionale, ci sembra forse anche troppo in avanti rispetto ai tempi della lotta di classe che quotidianamente viene scatenata dai padroni e dai loro governi contro i proletari.
Tanto per dirne una: quest’estate non si è ancora materializzata la stretta sul diritto di sciopero, ma al contempo si è aggravata l’emergenza degli sbarchi e più in generale il tema degli immigrati e dei rifugiati e l’attacco a chi occupava gli immobili sfitti. Un tema su cui la destra, il PD e il movimento 5 stelle stanno dimostrando una chiara unità d’intenti, alimentando, ciascuno a modo suo, l’ondata razzista e xenofoba già in atto; un tema che è legato a doppio filo con l’escalation repressiva legalizzata dal decreto Minniti, i cui frutti avvelenati si sono visti nel pieno di agosto con lo sgombero di due centri sociali a Bologna e la mattanza di Cinecittà e di Piazza Indipendenza a Roma, che vede ancora oggi centinaia di famiglie, in larga parte lavoratori immigrati, in mezzo a una strada.
Noi crediamo che il sindacalismo di base e di classe abbia il dovere di porsi in collegamento e in sintonia anche con i tempi di queste emergenze e di queste mobilitazioni, in quanto la lotta per la casa e per i documenti è legata a doppio filo alle battaglie sul lavoro e per migliori condizioni di vita e di salario. D’altra parte, come già ribadito poc’anzi, non è nostra intenzione ingaggiare una sterile ed interminabile disputa sulle date, ne vogliamo dar adito a ragionamenti tesi a preservare orticelli e a vedere l’unità d’azione confinata in uno o altro settore del sindacalismo di base a detrimento di una più ampia lotta.
Se l’obiettivo dello sciopero è, come pensiamo debba essere, l’allargamento e il coinvolgimento di una ampia massa di lavoratori, allora ogni proposta che sia realmente finalizzata ad allargare il fronte ha il diritto di essere esaminata e discussa con l’insieme dei delegati e dei lavoratori combattivi. Per questo riteniamo che l’unico organismo deputato a decidere su un ipotesi di rinvio sia l’assemblea unitaria dei delegati del prossimo 23 settembre a Milano. Per parte nostra, per i motivi sopra esposti e considerando anche le criticità determinate dalle restrizioni poste dalla legge, crediamo che l’ipotesi di prorogare lo sciopero di un mese sia inopportuna e poco praticabile.
Siamo invece disponibili a ragionare ad un ipotesi di rinvio al massimo di dieci giorni, raccogliendo il contenuto dell’appello unitario che ha raccolto tante adesioni soprattutto nel settore metalmeccanico e in FCA. L’Unità da perseguire non può essere solo una sommatoria di sigle ed individui, quanto piuttosto la condivisione reale dei percorsi e dei metodi di lotta sulla base di alcune rivendicandicazioni unificanti: a) libertà d’azione sindacale contro chi cerca di restringere il diritto di sciopero e di organizzazione delle lotte; b) una battaglia per forti aumenti salariali e per la riduzione dell’orario di lavoro; c) per i diritti democratici ai proletari immigrati, contro ogni forma di razzismo, xenofobia e sovranismo; d) contro le guerre imperialiste: il nemico è in casa nostra!; e) contro l’aumento dell’attività repressiva dello Stato: decreto Minniti, sgomberi, arresti e misure restrittive ai militanti e agli attivisti politici, sindacali e di movimento.
Questi per noi i punti irrinunciabili per l’allargamento e il rilancio di una mobilitazione di classe nella fase odierna.
SI Cobas nazionale
Di seguito pubblichiamo, nell’ordine: l’appello di indizione dell’assemblea nazionale dei delegati per lo sciopero del 27 ottobre, l’appello “per la formazione di un fronte unico sindacale di classe” e la lettera inviata dall’esecutivo nazionale Usb che chiede il rinvio dello sciopero.
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APPELLO AI MOVIMENTI, LAVORATORI, PENSIONATI, STUDENTI, DISOCCUPATI, PRECARI E A QUANTI SUBISCONO LA CRISI E VOGLIONO REAGIRE. ASSEMBLEA NAZIONALE A MILANO IL 23 SETTEMBRE PER COSTRUIRE LO SCIOPERO GENERALE

Cub, Sgb, SI Cobas, Usi-AIT, Slai Cobas hanno indetto lo sciopero generale per il 27 ottobre per contrastare e respingere l’attacco portato dal governo e dai padroni contro i lavoratori, i ceti popolari e i pensionati e per : – Abolire le disuguaglianze salariali, sociali, economiche, di genere e quelle nei confronti degli immigrati. – Forti aumenti salariali, riduzione generalizzata dell’orario di lavoro e investimenti pubblici per ambiente e territorio. – Pensione a 60 anni o con 35 anni di contributi.

Abolire la legge Fornero – Fermare le privatizzazioni e le liberalizzazioni. – Garantire il diritto universale alla salute, all’abitare, alla scuola, alla mobilità pubblica e tutele reali di reddito per i disoccupati. – Difendere il diritto di sciopero con l’abolizione delle leggi che lo vincolano. – Rigettare l’accordo truffa del 10 gennaio 2014 sulla rappresentanza. – Contrastare ogni tipo di guerra e le spese militari. Il nostro è un mondo di disuguaglianze che continuano a crescere.
Lo stiamo vivendo sulla nostra pelle e diventano ogni giorno meno sostenibili e mettono ormai in discussione lo stesso diritto all’alimentazione, alla salute, alla casa ecc. La ricchezza della metà più povera della popolazione mondiale è diminuita dal 2010 al 2015 di mille miliardi di dollari. La metà più povera ha perso ben il 38% . Dov’è finita quella ricchezza? La metà (500 miliardi di dollari) è passata nelle tasche dei 62 più ricchi al mondo (53 uomini e 9 donne) che detengono una ricchezza totale di 1.700 miliardi di dollari (quanto il pil italiano), cresce la polarizzazione della distribuzione dei redditi e la sofferenza sociale.
L’aumento delle disuguaglianze è il prodotto della divisione della società in classi, tra sfruttatori e sfruttati. I padroni usano la crisi per ricattare i lavoratori e attaccare le conquiste ottenute in anni di lotta e rilanciare i profitti. Le politiche liberiste, e le delocalizzazione verso i paesi a basso costo sono un aspetto di questo attacco: o rinunciare alle conquiste o perdere il lavoro. Solo la ripresa della lotta di classe può difendere le condizioni di lavoro e il salario e invertire la tendenza contro questo sistema. In Italia i dati sono ancora più pesanti, il tasso di disoccupazione è dell’11,3% quella giovanile è al 21% con punte al Sud del 56,3% e la povertà assoluta tocca oltre 5 milione di persone.
Per questa battaglia non partiamo da zero. Lo sciopero del 16 giugno indetto da Cub, Sgb, Si Cobas, Usi-ait, Slai Cobas e, a livello locale da organismi di base, per l’intero comparto del trasporto pubblico e privato contro le privatizzazioni in unità con i lavoratori del settore della logistica, dove il trasporto delle merci utilizza in forma massiccia il supersfruttamento della manodopera immigrata, è stato un grande successo per la importante risposta data dalle singole organizzazioni.
Un fatto ancor più significativo è rappresentato dall’adesione di tanti altri lavoratori che, aldilà dell’appartenenza sindacale, hanno colto l’occasione dello sciopero per manifestare il proprio malessere e il proprio dissenso verso le politiche economiche e sociali del governo. La massiccia adesione ha dato fastidio a chi Governa, ai poteri forti e ai sindacati compiacenti, che invece di cogliere il malessere sociale montante, pensano di limitare ulteriormente il diritto di sciopero già pesantemente messo in discussione nel pubblico impiego e nei servizi pubblici in genere.
L’urgenza della mobilitazione è resa ancora più evidente dalla nascita in questi anni di grandi movimenti di lotta in tutto il mondo per il salario per i diritti e per la libertà. Ciò ci conferma che esiste una diffusa disponibilità a lottare per cambiare questo modello di società che succhia profitti dal lavoro e favorisce la creazione di soldi tramite soldi senza neanche passare dalla produzione di merci.
Disponibilità non raccolta, anzi soffocata e tradita da chi, da tempo, ha abbandonato la difesa dei lavoratori e delle classi popolari. Ciò ci porta a lanciare ed organizzare nel paese un vero sciopero generale in autunno su precisi obiettivi che segnino una svolta nel conflitto contro le politiche imposte ai lavoratori e ai ceti popolari e contro un uso crescente di strumenti repressivi. Uno sciopero che non sia dei soli proponenti ma che coinvolga nuovi soggetti singoli e collettivi che condividano l’analisi e le proposte e disponibili eventualmente ad arricchirle con proprie indicazioni. Noi lavoriamo per costruire una nuova stagione di lotta e mobilitazione che coinvolga tutti i lavoratori, le lavoratrici, i ceti più poveri della popolazione, quanti sono impegnati nel conflitto sociale, per rivendicare l’uguaglianza e la libertà come diritti universali, per cambiare questa società e per esprimere tutto il nostro dissenso verso le politiche borghesi.
A questo scopo si propone un’Assemblea Nazionale per il 23 Settembre aperta a tutti per discutere l’iniziativa, gli obiettivi e l’avvio della discussione in tutti i territori per la costruzione e la realizzazione dello sciopero generale.
Milano, 27.7.2017
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APPELLO PER LA FORMAZIONE DI UN FRONTE UNICO SINDACALE DI CLASSE PER UN’AZIONE GENERALE DI LOTTA DI TUTTA LA CLASSE LAVORATRICE IN DIFESA DELLA LIBERTÀ DI SCIOPERO
A seguito del successo dello sciopero generale dei trasporti e della logistica del 16 giugno scorso promosso da quasi tutto il sindacalismo di base in solidarietà con la lotta dei lavoratori di Alitalia ed a sostegno di rivendicazioni di categoria, il fronte padronale – industriali, esponenti governativi e di opposizione, la segreteria generale della Cisl – ha reagito con finta ed ipocrita indignazione invocando una nuova legge antisciopero che peggiori la legislazione vigente, già fra le più restrittive d’Europa.
Il 19 luglio in sede di commissione parlamentare è iniziato l’esame di due proposte di legge il cui contenuto prevede – fra altri punti – la restrizione della facoltà d’indire sciopero alle sole organizzazioni sindacali che godono della cosiddetta rappresentanza – quella formale ed ottenibile secondo regole da esse stesse stabilite d’intesa col padronato – cioè a Cgil, Cisl, Uil e Ugl.
La legge per ora riguarderebbe solo il settore dei trasporti ma facilmente sarebbe estendibile a tutto il settore dei cosiddetti servizi pubblici essenziali, già molto vasto e che padronato e governi hanno continuato e continueranno ad estendere, coinvolgendo sempre più lavoratori. Una legge di questo tipo, poi, preparerebbe il terreno ad ulteriori provvedimenti legislativi o accordi sindacali di segno analogo per il resto della classe lavoratrice.
QUELLO CHE IL FRONTE PADRONALE STA COMPIENDO È QUINDI UN GRAVISSIMO ATTACCO ALLA LIBERTÀ DI SCIOPERO. Questo accade perché industriali, partiti antioperai e sindacati collaborazionisti sono pienamente consapevoli del fatto che lo sciopero è l’arma fondamentale di difesa dei lavoratori, nonostante fingano di credere e sostengano il contrario. Da anni, sotto la spinta della crisi mondiale, causata non dai lavoratori ma dalle leggi economiche del capitalismo, le condizioni di vita e di lavoro dei salariati sono sottoposte ad un attacco sempre più duro e che nelle intenzioni del regime padronale deve andare ancora avanti e più a fondo.
Non è un caso che stiano divenendo sempre più frequenti i provvedimenti disciplinari e i licenziamenti contro i militanti sindacali combattivi. Industriali e finanza, coi loro partiti di governo e opposizione, coi loro potentissimi mezzi stampa e televisivi, coi loro sindacati complici, deridono la lotta di classe facendola passare come un’anticaglia del passato e al contempo si adoperano per limitare l’uso dello sciopero fino al punto da renderlo – se compiuto in termini di legge – inutile, così da poter continuare a combatterla, questa guerra, contro una classe lavoratrice disarmata.
La storia anche recente della lotta di classe, in Italia e nel mondo, ha dimostrato che i lavoratori hanno la forza per dispiegare scioperi che spezzino anche le catene legislative, come accaduto ripetutamente negli ultimi anni fra i tranvieri, violando con scioperi selvaggi le vigenti leggi antisciopero 146/1990 e 83/2000. La lotta di classe non può essere fermata. Tuttavia è evidente che ogni nuovo laccio posto per ostacolare lo sciopero avvantaggia temporaneamente il padronato in questa lotta. Il problema va affrontato sul piano della forza.
L’UNICO MODO PER IMPEDIRE CHE L’ARMA DELLO SCIOPERO CI VENGA STRAPPATA DI MANO È QUELLO DI IMPIEGARLA. UNA PARTE DEL SINDACALISMO DI BASE HA PROCLAMATO PER IL 27 OTTOBRE LO SCIOPERO GENERALE DI TUTTA LA CLASSE LAVORATRICE. Una delle ragioni del successo dello sciopero del 16 giugno è stato il sostegno ad esso di un ampio fronte sindacale. La lotta in difesa della libertà di sciopero è una questione ancor più generale ed importante di quelle che mossero quello sciopero e necessita perciò della costruzione di un FRONTE UNICO SINDACALE ancora più ampio, che coinvolga tutti i sindacati di base che ancora non vi hanno aderito ed anche le opposizioni di sinistra dentro la Cgil.
CI RIVOLGIAMO QUINDI:
  • a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori affinché abbraccino questa giornata di lotta, aderiscano allo sciopero e s’impegnino alla sua preparazione per la sua migliore riuscita;
  • agli iscritti e i militanti sindacali di tutte le organizzazioni sindacali di base affinché si battano per porre finalmente fine al settarismo della maggior parte delle loro dirigenze che da anni impedisce azioni sindacali unitarie in grado di dispiegare scioperi davvero potenti;
  • agli iscritti e i militanti sindacali delle organizzazioni sindacali che ancora non hanno dato adesione allo sciopero;
  • l’Unione Sindacale di Base, la Confederazione Cobas e gli altri minori, affinché la pretendano dalle loro dirigenze, affinché partecipino all’Assemblea nazionale del 23 settembre a Milano indetta per la sua costruzione e, in ogni caso, affinché aderiscano e sostengano apertamente questo sciopero;
  • agli iscritti e i militanti dei sindacati che già hanno proclamato lo sciopero affinché si facciano sostenitori dell’ulteriore allargamento del fronte sindacale alle organizzazioni che ancora non vi hanno aderito, subordinando al principio pratico dell’unità d’azione dei lavoratori le questioni che da queste organizzazioni li dividono;
  • agli iscritti e i militanti delle opposizioni di sinistra dentro la Cgil affinché aderiscano e sostengano apertamente questo sciopero, battendosi contro questo attacco alla libertà di scioperare volto ad indebolire tutto il sindacalismo di classe e a rafforzare la gabbia del sindacalismo collaborazionista e la sua unità entro cui rinchiuderli.
appello27@gmail.com

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APPELLO USB – A tutte le strutture sindacali di base e di classe

Car@ compagn@
Abbiamo appreso della convocazione da parte di alcune realtà sindacali di uno sciopero generale da effettuarsi il 27 ottobre e della convocazione di una Assemblea preparatoria per il giorno 23 settembre. Che sia necessaria una grande ripresa di mobilitazione in tutto il paese e in tutti i settori è chiaro a tutti.

La situazione politica, l’avvicinarsi del confronto elettorale stanno producendo accelerazioni ancora più devastanti sul piano del lavoro, dei diritti, del salario, dell’occupazione, delle pensioni, del diritto di sciopero e di rappresentanza in un quadro di forte orientamento del governo alla repressione di ogni forma di conflitto organizzato come dimostrano gli attacchi ai picchetti operai, alle occupazioni di case e gli sgomberi di strutture sociali consolidate e la stretta sull’accoglienza a rifugiati e migranti su precisa indicazione dell’Unione Europea.

Una deriva securitaria che riteniamo vada combattuta al pari delle scelte antisociali. Siamo ovviamente, come sempre, interessati alla costruzione di momenti di lotta e mobilitazione larghi, di massa, su parole d’ordine di classe capaci di coinvolgere milioni di lavoratori e di cittadini per rovesciare le politiche governative e confindustriali. Il nostro Congresso Confederale a giugno aveva già deciso di proporre a tutte le organizzazioni sindacali e sociali di convocare lo sciopero generale in autunno, senza quindi fissare una data.

Siamo però impossibilitati ad aderire alla data stabilita. Il 2 e 3 Novembre la USB ospiterà a Roma il 3° Congresso Mondiale dei Giovani Lavoratori aderenti alla Federazione Sindacale Mondiale (3° WFTU World Working Youth Congress ). Giovani lavoratrici e lavoratori arriveranno da tutti i continenti per parteciparvi e dare il proprio contributo allo sviluppo dell’internazionalismo e per definire il quadro di lavoro e di intervento sulla scorta delle decisioni assunte nel Congresso mondiale della Federazione Sindacale Mondiale di Durban (Sud Africa).

La vicinanza tra la data da voi scelta e questo nostro impegno politico che, come capirete, coinvolgerà tutta l’USB, ci impedisce di essere insieme a voi il 27 ottobre. Ci sentiamo però di avanzare una proposta alternativa, chiedendovi di spostare la data dello Sciopero Generale alla metà di novembre. Questo ci consentirebbe di partecipare e dare il nostro contributo alla riuscita dello Sciopero Generale e di collocarlo in un periodo in cui il movimento di lotta potrebbe interloquire con la Legge di Stabilità per 2018 che, appena tornata dal vaglio della Commissione Europea, inizierebbe il suo iter parlamentare in Italia.

Siamo certi che vorrete valutare con attenzione la nostra proposta che potrebbe consentire di riunificare, in un’unica scadenza, la lotta al Governo Gentiloni e alle politiche economiche e sociali dettate dall’Unione Europea, dal Fondo Monetario Internazionale, dalla Banca Centrale Europea. Restiamo quindi in attesa di una vostra sollecita risposta.

Saluti.

L’Esecutivo Nazionale USB