Di ritorno da Verona: una marea umana contro l’annichilimento delle donne funzionale al comando capitalista!
Sabato 30 marzo si è tenuta una grandissima manifestazione a Verona contro il raduno clerico-fascista-padronale “per la famiglia”.
Il patriarcato è da sempre strumento primario dell’oppressione di classe.
Inutile specificare come esso si traduca in un complesso dispositivo di sottomissione di metà del genere umano, che già Marx poneva alla base della sua critica al capitalismo.
Richiamarsi alla ragione “sociale” della famiglia come fatto a Verona da Lega e Fratelli d’Italia (o come da provocatori travestiti da marxisti come Diego Fusaro, già pubblicista sul settimanale di Casa Pound) è un ribaltamento esplicito della realtà e un tentativo di giustificare lo strumento di oppressione chiamato patriarcato: sia Marx che tutte le correnti di pensiero socialiste indicano proprio nell’attribuire alla famiglia il ruolo di compensatore del welfare uno dei principali ostacoli sul percorso di liberazione del proletariato.
Significa infatti neutralizzare qualsiasi rivendicazione di welfare come diritto in mano al controllo pubblico, e più in generale qualsiasi anche blanda pretesa di redistribuzione.
Coerentemente alla nostra volontà di superamento del capitalismo e pur consapevoli della composizione spuria che ha attraversato la piazza di Verona, riteniamo pertanto impellente sabotare da subito qualsiasi tentativo di imporre questa visione distorta, falsa e dichiaratamente votata alla conservazione della subordinazione di classe.
In questa ottica avevamo convintamente aderito allo sciopero transfemminista dell’8 marzo.
In questa ottica, ieri, abbiamo partecipato con delegazioni da numerose città (nella foto il gruppo dei compagni di Piacenza alla partenza) e in questa ottica continueremo ad attraversare il movimento delle donne, consci che esso costituisce, insieme alle nostre lotte nella logistica e ad alcune resistenze territoriali (No Tav…) uno dei pochi elementi di dinamizzazione del quadro altrimenti statico dei movimenti sociali nel nostro paese.
E, nel dire “sociali” piuttosto che “civili”, chiarifichiamo quella che è a nostro avviso la sfera autentica entro cui sempre più si andrà a collocare la lotta delle donne nel nostro paese.
Lavoreremo pertanto per favorire l’ intersezionalità che lo stesso movimento dichiara e la sua generalizzazione come conflitto all’esistente.
Molto importante, in questo senso, riteniamo l’intervento di Marta Dillon (fondatrice di Ni Una Menos – Argentina) all’assemblea di domenica 31 marzo seguita al corteo: Dillon ha esplicitamente richiamato alla necessità per il movimento delle donne italiano di collaborare organicamente ai sindacati conflittuali che organizzano le donne e i migranti, indicando una volta di più il solco di collaborazione e ibridazione dei percorsi su cui il S.I. Cobas aveva già investito con i picchetti e lo sciopero dell’8 marzo scorso.