PENNY MARKET, CONTRO LA REPRESSIONE, ORGANIZZIAMO LA LOTTA!
Brescia, 10/01/2020
E’ notizia di ieri che 30 compagni, tra lavoratori, solidali ed attivisti sindacali sono stati oggetto di una pesante operazione repressiva messa in atto dalla procura di Brescia in seguito agli scioperi in corso al Penny Market di Desenzano del Garda (BS).
Di questi 30, in particolare a 8, addirittura a due lavoratori ancora attivi nell’impianto, viene applicato, come misura cautelare, il divieto di dimora dal comune di Desenzano.
Alla base di questo attacco frontale alla libertà di organizzazione dei lavoratori e al diritto di sciopero, ci sono le solite accuse di violenza privata, ovvero il blocco dell’attività lavorativa e la costruzione di un teorema d’accusa in cui viene indicata la nostra sigla sindacale come artefice di aver favorito in un cambio appalto un fornitore, ciò nonostante, ancora oggi 11 lavoratori siano senza lavoro perchè licenziati dalla cooperativa Servizi Associati per motivi pretestuosi, al fine di discriminare ed eliminare i lavoratori scomodi.
Nella realtà è dal 2015 che la maggioranza dei lavoratori del magazzino Penny Market, sottoposti ad un regime di lavoro disumano si sono organizzati per ottenere miglioramenti contrattuali, normativi e per la sicurezza sul lavoro.
La vertenza che vede coinvolti i lavoratori del Penny Market è affine a tante altre messe in atto dal S.I. Cobas negli ultimi 10 anni nel territorio bresciano e in tutta la penisola.
Infatti è noto che le condizioni imposte dalle cooperative agli operai degli appalti, hanno il fine di comprimere i costi della forza lavoro ed aumentarne la flessibilità e la precarieaità in deroga alle norme e ai contratti in vigore, attraverso regolamenti interni e così nel caso di questi 11 licenziati, è stata utilizzata come forma surrettizia di licenziamento l’esclusione da socio della cooperativa.
A fine 2019 si è concluso un primo processo che ha visto l’assoluzione in forma piena di tutti gli imputati, una trentina, più o meno gli stessi lavoratori ed attivisti accusati sempre del reato di “picchettaggio” per gli scioperi del 2015 e 2016 che avevano portato al riconoscimento del sindacato, a miglioramenti economici e al reintegro di una prima ondata di licenziamenti, che allora erano più di 40.
Si sa però che il “lupo perde il pelo ma non il vizio” e ancora oggi, con la solita arroganza Servizi Associati e Penny Market, oltre ad 11 licenziamenti, hanno denunciato i solidali e gli attivisti e per di più tale pratica infame è stata avallata dalla CGIL, e quest’ultima senza pudore alcuno, oltre a concordare gli esuberi, si è spinta a denunciare noi che ancora difendiamo i lavoratori, come degli estorsori.
D’altronde è ormai nota l’emorragia continua in termini di iscritti e di peso che la triplice sindacale, subisce irrimediabilmente nel settore della Logistica e non solo.
Grazie alla presa di coscienza migliaia di operai che hanno compreso il ruolo di complici nel sistema di sfruttamento e con scioperi veri hanno ottenuto risultati precedentemente impensabili.
L’accusa stessa, ripresa subito dai giornali senza sentirci, è immotivata sul piano legale, si basa solo su dichiarazioni dei vertici aziendali, interessati ad attaccare il sindacato, e di un funzionario CGIL interessato ad eliminare il S.I. Cobas nel disperato tentativo di riprendere il peso perso.
Nello specifico per respingere l’accusa infamante di estorsione basterebbe citare che nessuno degli accusati abbia mai avuto contatti con la cooperativa che favoriremmo!
Oppure riprendere le comunicazioni di stato d’agitazione inviate alle aziende dal sindacato in cui l’obiettivo esplicito degli scioperi era indicato nel reintegro dei licenziati e nel riconoscimenti di miglioramenti retributivi (livelli ed un’indennità di mensa) ai lavoratori.
Oppure basterebbe fare presente che il cambio d’appalto era stato deciso dall’azienda committente in maniera autonoma e che addirittura la cooperativa subentrante era stata chiamata, dalla stessa Penny Market, a visitare il magazzino per verificare l’organizzazione del lavoro e le condizioni di subentro e che l’accesso al magazzino non è sotto il controllo operaio, ma della sicurezza dell’azienda.
Ancora potremmo dire che non c’è traccia di richieste di denaro o di profitto nella linea del sindacato e dei suoi delegati e responsabili o nelle comunicazioni con le aziende, o potremmo citare le inesattezze e falsità dichiarate da ciascuno degli accusatori.
Siamo consci che la logica della giustizia è meramente politica, gli apparati dello Stato sono in prima fila per difendere gli interessi aziendali, con la violenza sugli scioperanti da parte dei reparti mobili e solo la solidarietà di altri lavoratori ha permesso che la lotta avesse uno sbocco favorevole.
A Brescia siamo sotto attacco e i divieti di dimora hanno il solo scopo di impedire la prosecuzione della lotta.
Allo stesso modo siamo sotto attacco a Prato, dove gli operai senza stipendio da sette mesi sono vittime di una multa di 4000 € per l’applicazione del decreto Salvini, a Modena e Bologna sono piovuti fogli di via e divieti di dimora e il coordinatore nazionale, Aldo Milani, dopo l’assoluzione in primo grado, è ancora imputato per aver lottato per il reintegro dei lavoratori licenziati di Alcar Uno o a Milano dove lavoratori e solidali sono stati condannati per uno sciopero al magazzino della DHL, e la lista purtroppo potrebbe andare avanti ancora e ancora.
Lo stesso trattamento viene applicato a tutti i militanti che si oppongono allo sfruttamento dei lavoratori, del territorio, o nelle lotte sociali.
Nicoletta Dosio e gli altri attivisti No Tav incarcerati o i disoccupati 7 Novembre di Napoli, colpiti da denunce, processi e multe, anche qui la lista sarebbe lunga, ma questo ci basta per avere la consapevolezza che questi atti sono figli diretti delle politiche del governo attuale e di quelli precedenti, allineati, in questa fase di crisi economica acuta, nell’attacco diretto ai protagonisti dell’opposizione di classe, al fine di prevenire movimenti che sul piano internazionale hanno già assunto proporzioni di massa, sia nel Maghreb in medio oriente, India, Cina e Cile e Francia.
Perciò la repressione non fermerà nè questa lotta nè quelle future, che auspichiamo ancora più forti e unitarie.
E’ stato depositato il ricorso ai divieti di dimora (fogli di via) e ci opporremo alle denunce, di pari passo tutto il S.I. Cobas è già mobilitato per sostenere la lotta degli operai e i compagni sotto attacco.
Uniti si vince!
Coordinamento provinciale S.I. Cobas Brescia
S.I. Cobas nazionale