Pubblichiamo qui sotto il contributo “Niscemi, sabato 8 agosto: la polizia spara lacrimogeni contro i No Muos, di Antonio Mazzeo” e già disponibile sul sito de Il Pungolo Rosso (vedi qui).
Questa crisi sanitaria e sociale, che sta provocando i primi scioperi spontanei nelle fabbriche dopo decenni, e diviene ora anche crisi economica e finanziaria, mette alla prova i sistemi capitalistici, in Italia e nel mondo intero, e scuote le coscienze in settori della nostra classe cui si chiede di lavorare comunque, anche in assenza delle condizioni di sicurezza che vengono invece imposte al resto della popolazione.
Per la prima volta da decenni assistiamo a scioperi spontanei nelle fabbriche.
Anche nella lotta per ambienti di lavoro sicuri e adeguati dispositivi di protezione individuale, e nelle difficoltà di coloro che sono lasciati a casa con un futuro incerto, deve crescere la coscienza della necessità di lottare per superare questa società divisa in classi.
Contro le ideologie da “unità nazionale” tra sfruttati e sfruttatori.
Il virus globalizzato mette inoltre in chiaro l’inconsistenza delle prospettive di autonomie locali/localistiche, e delle scorciatoie “sovraniste”.
L’unica strada è quella internazionalista, dell’unione tra i proletari di tutto il mondo.
S.I. Cobas
Niscemi, sabato 8 agosto: la polizia spara lacrimogeni contro i No Muos, di Antonio Mazzeo
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa testimonianza di A. Mazzeo da Niscemi su un intervento della polizia contro la dimostrazione del movimento No Muos dello scorso sabato 8 agosto. E’ cambiato il governo (da centro destra a centro-sinistra), è cambiato il ministro degli interni, non è cambiato nulla per quel che riguarda l’azione statale contro le lotte. Un impegno d’onore era, un impegno d’onore resta. Specie quando c’è di mezzo la Nato. Poi, se qualcuno – come noi – definisce lo stato democratico un apparato della repressione di classe, è ideologico…
Mi chiamano da parte mentre ascoltavo gli interventi a fine corteo. “Antonio, ho sentito che stanno preparando i lacrimogeni”. Mi sembra impossibile. Non ci sono state tensioni nel corso della manifestazione. Centinaia di persone con bandiere e striscioni colorati, gli antichi slogan anti-yankee e diverse famiglie con bambini e palloncini al seguito. Mi avvicino al cancello principale dove ragazze e ragazzi battono ritmicamente con il palmo l’inferriata. Dall’altra parte il nervosismo è evidente, ci sono i celerini in tenuta antisommossa e una riproduzione in salsa italiana del VII cavalleggeri.
Francamente il tutto mi sembra scenograficamente rituale e non riesco a immaginare che si pensi davvero di punire l’appuntamento No MUOS con l’ennesima stupida prova di forza istituzionale. C’è però un tizio in camicia azzurra, testa calva e barbetta alla moda, che si mostra scomposto e pronuncia proprio la parola lacrimogeni. Non lo conosco ma credo sia il funzionario PS a cui è stata delegata la gestione della piazza. Dentro e fuori dalla base militare USA decine di agenti in polo e borsello filmano ossessivamente ogni dettaglio. Un mastino stile robocop si affianca al capo in camicia azzurra con un candelotto in mano. “Ok. Andiamo!”.
Il primo lacrimogeno sorvola di poco il cancello della base per ricadere a una decina di metri alle spalle dei giovani che tambureggiano l’inferriata. Poi ne vola un secondo e poi ancora un terzo. Il fumo acre si espande, c’è un fuggi fuggi generale, vedo anche dei bambini, ma non è facile allontanarsi perché il leggero vento spinge la nube tossica indietro verso il cancello. Alle mie spalle ridono come sciocchi i videomaker di PoliceTV. Io piango invece come uno sciocco per la rabbia e per i gas e perdo il conto dei lacrimogeni vigliaccamente lanciati a mano ad altezza d’uomo.
I militi dell’ordine pubblico confidano in una risposta dei manifestanti per potersi dilettare con gli sfollagenti, ma la provocazione fallisce miseramente. Tutti si ricompongono in ordine accanto alle casse e al microfono e l’assemblea NO MUOS continua come se nulla sia accaduto e nulla alla fine accadrà. Forse al giovane leader della repressione di Stato giungerà l’encomio del questore e del prefetto e magari perfino un ringraziamento ufficiale in carta intestata con l’aquila a stelle e strisce. Da parte nostra solo il disprezzo per un atto di guerra che come tutti gli atti di guerra è vile, gratuito, ignobile e infame.
“Artifizio a frammentazione per lancio a mano a caricamento lacrimogeno al C.S.”, riporta nell’involucro un lacrimogeno rinvenuto sul prato. Le indicazioni contenute nel bando di acquisto della Polizia di Stato specificano che si tratta di un ordigno esplosivo “con una miscela lacrimogena al CS”, la cui “emissione del fumo di combustione deve essere regolare, continua e costante per una durata tra i 10 e i 25 secondi”. A spiegare cosa si nasconda dietro la misteriosa composizione “CS” è il professore Massimo Zucchetti, docente del Politecnico di Torino, in un suo recente rapporto sui danni all’uomo e all’ambiente del gas lacrimogeno. “Il composto chimico gas CS utilizzato contro i dimostranti in Val di Susa ripetutamente nel 2011 ed anni seguenti, a Genova nel 2001, e in vari scenari esteri quali Palestina, Tunisia, Algeria, Turchia, etc., viene sintetizzato chimicamente facendo reagire due composti chimici: 2-clorobenzaldeide e malononitrile”, spiega Zucchetti. “Lo stato naturale del CS è solido ma è solubile in acqua e il suo impiego abituale è sotto forma di aerosol, fumo o vapore. Gli impieghi comuni sono quelli bellici o da parte della polizia. Benché classificata come un’arma non letale per il controllo delle rivolte, sono stati dimostrati effetti tossici: oltre a danneggiare pericolosamente i polmoni, il CS può nuocere gravemente al cuore e al fegato”.
Gli effetti immediati del gas si verificano a bassa concentrazione e dipendono dall’azione irritante sulle mucose e sulla cute. Essendo un gas lacrimogeno, il CS ha come azione immediata quella di provocare un’intensa lacrimazione ma può provocare anche congiuntiviti, edema periorbitario e danni ritardati quali cataratta, emorragie del vitreo e neuropatie del nervo ottico. “Inoltre, questo gas provoca l’aumento della pressione oculare e può precipitare l’insorgenza di glaucoma acuto nei soggetti predisposti; l’effetto irritante sugli occhi è più evidente sui soggetti che indossano lenti a contatto”, aggiunge il prof. Massimo Zucchetti.
L’inalazione di gas CS ha ovviamente gravi effetti sull’apparato respiratorio: irritazione delle vie aeree con congestione nasale e rinorrea, laringite, tracheite, irritazione bronchiale con tosse e catarro copioso. “In casi severi la laringite può comportare laringospasmo e l’irritazione delle basse vie aeree può esitare in un quadro molto grave noto come Acute Respiratory Distress Syndrome”, spiega il docente del Politecnico. “Il contatto di questo gas con la pelle provoca sensazione di bruciore che in genere regredisce rapidamente ma la contaminazione degli abiti può prolungarne gli effetti e, in casi di esposizioni prolungate, si può giungere a vere e proprie ustioni”. Altrettanto problematici gli effetti del CS a livello gastrointestinale: irritazione delle mucose, comparsa di nausea, vomito, inappetenza, diarrea, dolori addominali e in alcuni casi perfino epatopatia acuta.
Il gas CS fa parte dell’equipaggiamento delle forze dell’ordine italiane dal 1991. Il Regolamento che stabilisce i criteri per determinare l’armamento in dotazione all’Amministrazione della pubblica sicurezza e al personale della Polizia di Stato recita all’art. 12 che “gli artifici sfollagente si distinguono in artifici per lancio a mano e artifici per lancio con idoneo dispositivo o con arma lunga. Entrambi sono costituiti da un involucro contenente una miscela di CS o agenti similari, ad effetto neutralizzante reversibile”.
Dal punto di vista meramente tecnico i lacrimogeni con CS sono classificati come “armi da guerra di terza categoria”, ossia “armi chimiche”: la vigente regolamentazione include in questa categoria tutti i gas, i liquidi e i solidi, che, diffusi nell’area, in acqua o sul terreno, producono negli esseri viventi lesioni di varia natura, tali da inficiare, permanentemente, la salute dell’organismo umano. Tali sostanze si suddividono in asfissianti (cloro, bromo, perossido di azoto); tossiche (acido cianidrico); vescicatorie (iprite); nervine; irritanti (cloroacetofenone), come i gas usati per i lacrimogeni.
La Convenzione internazionale di Ginevra ha bandito l’uso di armi chimiche nel corso di un conflitto; di contro i gas lacrimogeni vengono impunemente utilizzati da buona parte delle forze di polizia a livello internazionale per reprimere violentemente pacifiche manifestazioni di dissenso e di protesta. L’escalation nell’impiego di gas tossici in funzione di “ordine pubblico” è stata documentata da Amnesty International; dal giugno 2020, l’ONG ha dato vita a un sito internet interattivo che raccoglie immagini, video e report sulle violazioni dei diritti umani e gli attentati alla salute umana perpetrati dalle forze dell’ordine grazie a questi dispositivi bellici non convenzionali.
“Gli abusi più evidenti comprendono il lancio di gas lacrimogeni in spazi chiusi o direttamente sugli individui, l’uso di quantità eccessive, l’impiego nel corso di proteste pacifiche e contro gruppi di persone che hanno meno capacità di fuggire o che sono più esposti ai loro effetti, come bambini, anziani e persone con disabilità”, riporta Amnesty International. E’ esattamente quanto accaduto a Niscemi, sabato 8 agosto 2020, contro i NO MUOS. Non si è trattato di uno “spazio chiuso”, è vero. Lo scenario dell’ennesima guerra chimica combattuta dai poliziotti italiani era “solo” una riserva naturale e “area protetta”, l’ultima sughereta residuale della Sicilia…