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[PIACENZA] “Arafat va alla lotta”: il 3/7 presentazione del libro sulle lotte dei facchini della logistica, con gli operai protagonisti

PRESENTAZIONE PIACENTINA DI “ARAFAT VA ALLA LOTTA”!

Sabato 3 luglio – ore 18.30

Villa Costanza – strada Ponteriglio 27, Pontenure (PC)

Domani sera a Pontenure presenteremo il libro “Arafat va alla lotta” (Mimesis Edizioni).

È la prima presentazione, ci saranno Mohamed Arafat (che del libro è il protagonista), Aldo Milani e Carlo Pallavicini.

Soprattutto, mi auguro ci siano i lavoratori di cui parliamo: non solo operai della logistica, ma anche braccianti.

E chiunque sia ingranaggio di questo sistema: se non si inizia a discutere delle sue alternative, possibili e non, moriremo schiavi.

Anche con un salario dignitoso nelle tasche.

“[…] Mi staccai dalla platea dei lavoratori e volai sulla scala, prendendo la parola che nessuno avrebbe voluto darmi: «Ragazzi, il capo ha detto che se volete continuare a lavorare qui non dovete rivolgervi a un sindacato, per difendere i vostri diritti», spiegai in arabo, rivolgendomi solo ai lavoratori.

«Ha detto che non avete bisogno di altri, perché è l’azienda a difendervi, perché fate parte della loro famiglia. Solo che siete gli schiavi, di questa famiglia. Gli schiavi», dissi, ripetendolo anche in italiano per farmi capire dai capi.

«Volete starci, alle loro condizioni, o volete il sindacato?», urlai forte. «Vogliamo il sindacato!», rispose un coro di uomini, compatto.Il magazzino era in subbuglio; le voci erano diventate un brusio crescente, e il cuore mi batteva in petto come un martello.

«Zitti! Silenzio per favore!», gridò allora Daniele, cercando in tutti i modi di non scomporsi.

«Ascoltate: chi sta con la cooperativa resta in magazzino, e continua a lavorare qua. Chi non sta con la cooperativa se ne va fuori dai cancelli».

Il brusio aumentò, divenne un vociare assordante che assorbì pacchi, muletti, bancali e lo stesso capo, che si precipitò giù dalla scala con la faccia terrea. L’uscita era lì, a pochi metri, e io la imboccai per primo, a passi lunghi e veloci.

Dietro di me, altri cinque operai; che poi divennero dieci, poi cento e così via, finché in magazzino non rimase che un gruppo di lavoratori, i più spaventati.

«Siamo con te, Arafat», mi disse un facchino molto giovane, stringendomi il polso; io gridai forte, rivolto all’ingresso che avevamo varcato: «Ma rientreremo, state tranquilli! Perché questo posto è nostro, non loro!».

Gli altri, intorno a me, iniziarono a fischiare, a gridare: «Bastardi! Stronzi!»; e poi: «Sciopero! Sciopero!».

La rabbia dei facchini cercava uno sfogo da troppo tempo, e alla fine si era rivelata più forte delle pressioni dei capi. Loro, di certo, non se l’aspettavano. Mentre noi eravamo euforici; a tratti spaventatissimi, ma comunque emozionati dallo scatto di dignità di cui eravamo stati capaci.

Daniele, invece, si fermò all’ingresso, appoggiato al muro del magazzino, con un’espressione impenetrabile.

Ci guardava in silenzio, immobile.

La battaglia era iniziata. […] “

Vi aspettiamo per discutere, venite numerosi!