Dopo 66 anni, lanciato per il prossimo primo maggio da Occupy Wall Street, torna lo sciopero generale negli Stati Uniti, dove è vietato per legge. Stanno tuttavia circolando molti manuali, rivolti ai lavoratori stabili e precari, che illustrano i tanti modi per partecipare.
di Felice Mometti da ilmegafonoquotidiano.globalist.it
Come andrà nessuno può dirlo. Nessuno è in grado di dirlo. Lo sciopero generale del 1° maggio indetto dal movimento Occupy americano è una novità assoluta per le forme che assumerà e per il modo in cui è stato costruito. Dopo 66 anni, dallo sciopero di Oakland del 1946, si parla di nuovo di sciopero generale. C’è voluto un movimento che ha terremotato lo scenario politico e sindacale statunitense, che da settembre ad oggi ha retto vari tentativi per isolarlo, reprimerlo, addomesticarlo. E i tentativi sono stati davvero molti e molto insidiosi. Dalla repressione su vasta scala operata in modo coordinato dai Dipartimenti di polizia di varie città – sostenuta nei fatti anche dall’Amministrazione Obama – con migliaia di arresti, sgomberi, minacce, sospensione di elementari libertà democratiche alla politica ammiccante di alcuni settori del Partito Democratico per cooptare il movimento all’interno dei luoghi istituzionali.
Sono stati mesi difficili, soprattutto gli ultimi, in cui la pressione politica, gli attacchi repressivi – mai venuti meno – e il circuito mediatico mainstream hanno cercato in tutti i modi di azzerare le legittime aspirazioni di un movimento che vuole cambiare radicalmente la società americana. E’ il caso anche dell’azione concertata tra Partito Democratico e sindacati, molto attivi nello sminuire e ingabbiare qualsiasi lotta in vista della campagna per la rielezione di Obama. Il quale non sta facendo altro che rispolverare le promesse, non mantenute, fatte alle scorse elezioni. Lo sciopero del 1° maggio rappresenta quindi un test molto importante per la vitalità e la capacità di incidere del movimento. Allo stato attuale sono previsti blocchi, picchetti, manifestazioni in 120 città degli Stati Uniti. L’attenzione è però concentrata sulle mobilitazioni della West Coast del nord (San Francisco, Oakland, Seattle), di New York e di Chicago. L’appello di Occupy Oakland di dare vita a una giornata intera di mobilitazione, con vari appuntamenti, che inizia alle 6 del mattino con il blocco del Golden Gate, il lungo ponte che collega San Francisco al resto della Bay Area, sta funzionando un pò come modello di riferimento. A New York sono previste tre manifestazioni, di cui solo una autorizzata, e un’intera giornata di picchetti davanti a banche e società finanziarie. Il 1° maggio di Chicago sarà invece l’inizio di tre settimane di mobilitazioni che arriveranno a contestare anche il vertice della Nato che si svolgerà in quella città il 20-21 maggio. Il vertice del G8, inizialmente previsto in contemporanea nello stesso luogo, è stato spostato a Camp David – completamente militarizzato – per timore delle proteste. Di fronte all’oscuramento della giornata di sciopero fatta dei grandi media e dalla quasi totalità delle organizzazioni sindacali, in molte città il movimento si è organizzato per una campagna di volantinaggi davanti alle scuole e ai luoghi di lavoro oltre che per un uso massiccio della rete con l’apertura di centinaia, se non migliaia, di siti web, mailing list, pagine facebook e di hashtag di twitter. A New York ad esempio la SEIU – il potente sindacato dei lavoratori pubblici – pur avendo annunciato nelle riunioni di Occupy Wall Street la propria partecipazione alla manifestazione autorizzata del pomeriggio non la pubblicizza in alcun modo sui luoghi di lavoro. Ancora peggio la situazione sulla West Coast dove i sindacati stanno decisamente boicottando lo sciopero. Un risultato comunque si è già ottenuto. Nei campus universitari, tra le associazioni antirazziste e di migranti, nei gruppi informali di lavoratori precari sono state organizzate una miriade di iniziative e dibattiti per sostenere lo sciopero. Per aggiornare e riappropriarsi, all’epoca di una delle più grandi crisi capitalistiche, di questa forma di lotta dal basso e in modo autorganizzato. E’ questo anche un modo per ricostruire una memoria senza miti né nostalgie, con la consapevolezza che il passato non tornerà più e si tratta di inceppare i meccanismi di domino e sfruttamento del capitalismo contemporaneo. Il movimento Occupy ha puntato i riflettori sul dispotismo di un sistema politico-economico che ha varato da molti anni a questa parte leggi, statali e federali, che vietano gli scioperi generali e prevedono multe salatissime fino ad arrivare al licenziamento dei lavoratori che lo fanno. Stanno tuttavia circolando molti manuali, rivolti ai lavoratori stabili e precari, che illustrano i tanti modi per partecipare allo sciopero senza incorrere nel rischio del licenziamento. Nessuno ha indetto formalmente lo sciopero, però c’è. Nessuno ha chiesto l’autorizzazione ai picchetti e ai blocchi, peraltro vietati dalle leggi, però ci sono. E infine, come si dice a Oakland, nessuno ha il monopolio della lotta di classe.
A pochi giorni dallo sciopero generale la frase che si sente pronunciare sempre più spesso a Union Square, la piazza diventata il quartier generale di Occupy Wall Street, che meglio riassume lo stato d’animo generale del movimento è : “Whose time ? Our time”. Di chi è il tempo ? Il tempo è nostro.