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BASIANO : il vero volto della democrazia borghese

La cronaca
La cronaca dei fatti è ormai nota a tutti e tutte.
Il 14 maggio i lavoratori della Bergamasca (una delle 2 cooperative in appalto al magazzino logistico del Gigante di Basiano) organizzati nel SiCobas, lanciano uno sciopero per le pessime condizioni salariali e di lavoro, a cui partecipano i compagni e le compagne del coordinamento di solidarietà alle lotte delle cooperative come ulteriore tassello di un percorso che prova a costruire conflitto a partire dalle contraddizioni primarie e dalla centralità strategica dei bisogni reali.

La scelta di questo sciopero matura quasi sommessamente ma si dimostra vincente nel momento in cui davanti ai cancelli, nella lotta, incontra la solidarietà immediata degli operai dell’altra cooperativa Alma che godono di un trattamento economico migliore.
Il padrone si incontra con i lavoratori di entrambe le cooperative che provano ad imporre la condizione primaria dell’ identità e della solidarietà di classe che è l’ugualitarismo, ossia che ogni lavoratore a identica mansione deve percepire identico salario.

Venerdi 8 giugno i lavoratori della cooperativa Alma ricevono la lettera che annuncia la chiusura dell’appalto della cooperativa Alma senza nessun’altra comunicazione di merito.
La rabbia di tutti i lavoratori è immediata e spontaneamente avviene il blocco della movimentazione delle merci.
I carabinieri solertemente intervengono per imporre il “rispetto della legalità” (dei padroni) mandando 5 lavoratori a farsi medicare nei diversi Pronto Soccorso e soprattutto ferendo un lavoratore che, strattonato da un carabiniere contro le zanche di un muletto, riporta una pericolosa contusione al fegato.
Il senso di responsabilità dei lavoratori, per non dare pretesti di licenziamento al padrone, li fa decidere di uscire dalla fabbrica tramutando l’occupazione in picchetto permanente fuori dai cancelli.

Domenica 10 giugno si tiene un’assemblea nel pomeriggio per mettere a punto in maniera condivisa ed orizzontale le successive scelte di lotta e di eventuale resistenza.

Lunedi 11 giugno dalle 3 di mattina incominciano ad affluire i compagni e le compagne del coordinamento di solidarietà alle lotte dei lavoratori delle cooperative e il numero si fa consistente.

Il dato chiaro che rappresenta il nostro punto di forza è che su circa 140 lavoratori almeno 110 sono per la lotta, una parte è indecisa per paura, gli altri sono iper ricattati e guarda caso sono proprio quelli che arrivano a percepire fino a 3 euro all’ora di lavoro.
Subito dopo l’alba arrivano carabinieri e digos con l’invito di sgomberare i cancelli a cui segue un deciso diniego motivato dei lavoratori.
Il numero ridotto delle “forze dell’ordine per il ripristino della legalità” li riporta a più miti consigli e subito dopo arriva (come in un film già visto davanti all’Esselunga di Pioltello) un pullman pieno di crumiri.
Un pullman stracolmo di esseri umani, stipati come bestie, utilizzati in contrapposizione ai lavoratori in sciopero.

Da qui in poi il racconto veloce è quello di una carica criminale e violenta contro i lavoratori, di pestaggi squadristici, di calci a terra e manganelli che mandano in coma un lavoratore, di candelotti tirati ad altezza d’uomo usati come proiettili e il risultato è di numerosi feriti, gambe fratturate, arresti in ospedale, una scena in poche parole di legalità borghese.

Alcune riflessioni
In sintesi il ragionamento che proponiamo è questo:

– la fase di crisi strutturale del sistema economico capitalista acuisce ogni forma di contraddizioni e influisce sulla gestione o meglio sull’imposizione dell’ordine pubblico e della legalità borghese in senso sempre più autoritario.

– il governo tecnico Monti/Napolitano emanazione diretta degli interessi del capitale produttivo/finanziario ha scelto la strada dell’austerità della compressione dei diritti e del peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro per milioni di lavoratori per provare a resistere ai rischi del collasso.

– senza alcuna presuntuosità crediamo di leggere, in quell’aggressività cosi esplicita, anche un messaggio alle lotte dei lavoratori delle cooperative e alle strutture politiche al suo interno.

Un messaggio chiaro ed esplicito, un “ora basta” dei padroni che vogliono far cosi vedere chi comanda, da che parte stia il potere e che strumenti può utilizzare per risolvere una vertenza su questioni di “normale sfruttamento”.
Una situazione non nuova dove il padrone vuole imporre potere e comando travalicando i livelli di una normale vertenza economica o di difesa dei livelli occupazionali.

Le cariche, i feriti e gli arresti di Basiano sono quindi solo un piccolo ma enormemente grave prodotto di queste scelte antipopolari.
La fotografia sovrapponibile  all’infinito di una condizione lavorativa valida per il lavoro subordinato nelle cooperative di logistica e movimentazione merci.

Un caso però emblematico per la sua gravità che una volta di più ci deve fare riflettere sul come serva poco vincere una battaglia se non si costruiscono le condizioni per poter vincere la guerra su un piano più generale.
E questo implica la capacità di modificare i rapporti di forza, di spostare la paura nel campo del nemico, di essere in grado di costruire e far sedimentare concretezza e coscienza di classe nella pratica del conflitto per poter immaginare un superamento del sistema di sfruttamento capitalista nel suo complesso.

D’altronde già mesi fa, nel pieno dello scontro con l’ Esselunga, scrivevamo che il piano Marchionne è assolutamente sovrapponibile al metodo Caprotti (padre-padrone Esselunga).
Sfruttamento, annullamento di ogni diritto e dignità in cambio di una salario proporzionale alla propria disposizione all’autosfruttamento.
Esproprio di diritti, precarietà permanente, caporalato e nuove forme di  schiavitù, ricatto perenne legato al permesso di soggiorno.

Le lotte all’interno delle cooperative, nel quale le contraddizioni sono sempre più esplosive, ci stanno anche dimostrando, con tutti i loro limiti, di essere anche tra i punti più significativi della lotta degli immigrati contro il razzismo, perché staccata da logiche pietistiche, fuori da ogni contesto di pura solidarietà umanitaria,
                                                            
perché calate all’interno di quel conflitto primario che muove le contraddizioni che è lo scontro capitale/lavoro, che è lo scontro di classe su un terreno di incompatibilità politica e economica.

Dobbiamo però essere in grado di far viaggiare in parallelo il livello dello scontro con il padrone – come obiettiva controparte dal punto di vista sindacale utilizzando tutte le forme tattiche vertenziali che questo comporta – con la capacità di far sedimentare la consapevolezza della solidarietà, dell’ identità, dell’ univocità di condizioni e di interessi,  all’interno di questo settore di proletariato con ogni altra espressione della classe.

Solidarietà con i lavoratori di Basiano
La rabbia che tutti e tutte stiamo provando per quello che è accaduto, per le immagini di un assassino in divisa che infierisce sul corpo di un lavoratore già privo di sensi, va però trasformata in coscienza e superamento dei propri limiti.

Quello che chiediamo a noi stessi e a tutti i compagni e le compagne che ci leggeranno è di organizzare e di dare struttura politica alla propria rabbia.
La solidarietà può rimanere solo una parola se non viene coniugata con la capacità di sostenere questi lavoratori nella loro lotta, di far parte di un percorso che possa dare prospettive a questa come a tutte le altre lotte che si dovranno affrontare.
Coniugare rigore interpretativo con la capacità di confronto e di allargamento del consenso in termini più ampi e di massa ai diversi momenti e livelli dello scontro con il padrone, sono elementi che non possiamo separare se vogliamo che la solidarietà di classe esca dalla difensiva e riesca ad essere un valore reale e di prospettiva.

Quello che chiediamo a tutti i compagni e le compagne è di affrontare e ragionare su quello che è successo a Basiano per uscire dal particolarismo delle lotte perché non diventi corporativismo, dall’aziendalismo basato sulla convinzione di essere l’ombelico del mondo, dalla autoreferenzialità di bandierina, dal proprio “ghetto sociale”, da una logica di pura auto-sopravvivenza aspettando che le cose possano così cambiare. Da una genericità d’interpretazioni che portano ad intervenire sempre e solo sugli aspetti sovrastrutturali dello scontro con il capitale, perché permettono di incontrare e raccogliere un più facile consenso proprio in quanto generiche, ma che tengono ancorate risorse umane, politiche e prospettive ad un terreno di oggettiva compatibilità e concertazione, mentre oggi serve un’assunzione di responsabilità collettiva, un movimento forte che da un punto di vista di classe si schieri per sostenere le lotte e per incidere concretamente nel reale.
Questo per noi vuol dire coniugare la solidarietà in senso anticapitalista.

Per questo chiediamo a tutti e tutte di partecipare alla mobilitazione di sabato 16 a fianco e in solidarietà con i lavoratori aggrediti feriti e arrestati di Basiano, perché non sia un corteo rituale contro la repressione che si piange su se stesso o solo in grado di manifestare rabbia, ma qualcosa che incominci a praticare nei fatti la solidarietà di classe provando anche a immaginare collettivamente una trasformazione radicale dell’esistente.

I compagni e le compagne del Csa Vittoria
info@csavittoria.org        www.csavittoria.org

Non ci possono fare niente,
non ci potranno mai fare niente qualsiasi cosa accada
se riusciremo ad essere più grandi più lucidi e determinati
del loro odio e della loro meschinità.