Hanno l’odore stantio dei soliti tagli le nuove proposte del governo Renzi: 85.000 esuberi nel pubblico impiego, tagli alla sanità e allo stato sociale, ulteriore precarizzazione del mercato del lavoro, peggioramento della riforma Fornero.
Sono queste le “idee geniali” tirate fuori dal cappello per recuperare i fondi necessari alla riduzione del cuneo fiscale, mentre è in arrivo la nuova stangata della IUC (l’Imposta Unica Comunale che sostituisce le vecchie IMU, TASI e TARES).
Insomma a pagare saranno sempre e solo lavoratori e pensionati e i giovani precari a vita, mentre la crisi verrà usata, ancora una volta, come un grimaldello per annientare le tutele sul lavoro.
LAVORO
Il tanto sbandierato decreto d’urgenza che dovrebbe risolvere il problema della disoccupazione, altro non è che una riedizione di una vecchia proposta di legge dell’ex ministro Sacconi che prevedeva la possibilità di assumere sino a 8 volte nell’arco di tre anni un lavoratore con contratto a tempo determinato. In pratica è come se venisse introdotto un periodo di prova della durata di 3 anni durante il quale il datore di lavoro ha la possibilità di licenziare il lavoratore senza obbligo di motivazione e di preavviso e senza il rischio di essere condannato a pagare alcuna indennità.
Ma non basta, per l’apprendistato cade l’obbligo del contratto in forma scritta e della formazione teorica. Cade anche l’obbligo di confermare almeno il 30% degli apprendisti al termine del contratto.
Viene invece affidato a una legge delega il compito di riordinare e semplificare le diverse tipologie di lavoro introducendo un contratto a tutele crescenti per i nuovi assunti che, se sommato alla possibilità di rinnovare per 3 anni il contratto a tempo determinato potrebbe allungare a 6 anni la fase iniziale del contratto durante la quale il lavoratore avrebbe tutele e diritti ridotti, per non dire inesistenti.
Insomma vengono spazzati via tutti i diritti conquistati con anni di lotte, compreso quel che restava dell’art. 18. E, del resto, cosa ci si poteva aspettare da un ministro del lavoro che viene dal mondo delle cooperative, cioè da quella parte del mondo del lavoro in cui non esistono diritti e quando esistono vengono negati ai lavoratori delle cooperative?
SPENDIG REVIEW
Il piano di riduzione della spesa pubblica di Cottarelli ha come fulcro non la riduzione degli sprechi (consulenze, appalti gonfiati, etc.) ma la riduzione del numero dei dipendenti pubblici.
Blocco totale del turn over e 85.000 esuberi sono i cardini di questo sistema che mirerebbe a rendere più “efficiente” la P. A.
Non si tratterà di licenziamenti immediati, i dipendenti che non avranno i requisiti per andare in pensione verranno messi in mobilità (con stipendio ovviamente ridotto) e avranno due anni di tempo per essere ricollocati, se possibile, presso altri enti. Al termine di questo periodo però ci sarà il licenziamento.
Ma non saranno solo i lavoratori del pubblico impiego a finire nel tritacarne della spending review, i tagli al personale e alle risorse assegnate al comparto pubblico potrebbero mettere a rischio l’erogazione di molti servizi ai cittadini: dagli asili nido alle scuole, dagli ospedali ai servizi comunali di assistenza ai disabili e agli anziani, etc.
Ulteriori tagli sono poi previsti sulla sanità e sul trasporto ferroviario e locale che tradotto vuol dire chiusura di interi reparti, se non di ospedali e nuovi aumenti delle tariffe del trasporto ferroviario e locale a fronte di un peggioramento dei servizi.
PENSIONI
Dopo mesi di promesse e proclami sulla necessità di apportare qualche modifica migliorativa alla Riforma Fornero il ministro Cottarelli propone nientemeno di accelerare la parificazione tra donne e uomini (che per le donne del settore privato doveva avvenire nel 2018), introducendo per tutti l’obbligo di andare in pensione, già da adesso, a 67 anni di età o con 42 anni e 6 mesi di contributi (a cui si dovrà aggiungere, come è noto, la speranza di vita).
Viene proposta poi una stretta sugli assegni di accompagnamento e sulla concessione delle invalidità civili, sulle pensioni di guerra e, forse, su quelle di reversibilità andando, ancora una volta, a colpire i pensionati, i malati, i disabili e le loro famiglie.
Insomma la vocazione di questo governo, che prosegue in linea con tutti i governi che lo hanno preceduto, appare quella di spingere intere masse di lavoratori,
pensionati e giovani verso il baratro della povertà mostrando il vero volto del capitalismo: trasferire ricchezza da chi la produce (lavoratori) ai parassiti capitalisti, al sottobosco governativo e alla mafia.
Chi ancora si illude che si possa uscire dalla crisi senza cambiare nel profondo questo sistema economico è servito. Chi ancora si illude che i cambi di governo possano portare a qualche cambiamento(in termini migliorativi) per i lavoratori,pensionati e giovani, anche lui è servito.
Chi invece si è illuso, che le probabili – ma non sicure- 85 euro di detrazioni sui redditi più bassi possano dare il senso di una inversione di marcia a favore dei lavoratori dipendenti anche lui è ben servito da questa macelleria.
Perdere ogni illusione come lavoratori significa organizzarsi e lottare per:
* rivendicare forti aumenti salariali e stipendiali attraverso i rinnovi contrattuali.
* Rivendicare il salario garantito ai disoccupati.
* rivendicare l’assunzione a tempo indeterminato per tutti.
Queste rivendicazioni non sono illusioni. Si possono ottenere con la lotta unitaria di tutti i lavoratori. Nella logistica lo stanno già facendo da oltre cinque anni e ci stanno riuscendo aumentando i loro salari e soprattutto i loro diritti alla faccia del ministro Poletti che tenta di toglierli.
Milano, 21 marzo 2014
S.I. Cobas Pubblico Impiego