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[PENSIONI] Accendere un mutuo per andare in pensione anticipata?!

Bisognerà accendere un mutuo per andare in pensione anticipata, questo il frutto della concertazione governo / sindacati confederali che ha dato vita all’accordo firmato il 28 settembre. Di revisione della Legge Fornero neanche a parlarne, si tratta invece della svendita del sistema previdenziale pubblico e dell’ennesimo regalo fatto a banche e assicurazioni con i soldi dei lavoratori. Anche se molti aspetti dell’intesa andranno definiti in un secondo momento, quello che emerge con chiarezza è la trasformazione della pensione da diritto derivante dalla contribuzione versata a prestito concesso da banche (la cosiddetta APE), cui si affianca l’apertura alla previdenza integrativa.

Si potrà accedere alla pensione anticipata, con età anagrafica pari o superiore a 63 anni (invece dei 66 e 7 mesi previsti dalla Riforma Fornero) e almeno 20 anni di contributi, attraverso un prestito bancario con restituzione ventennale comprensiva degli interessi e dei costi di un’assicurazione sulla vita che il pensionato sarà costretto a sottoscrivere. Maggiore sarà l’anticipo con cui si accede alla pensione, maggiore sarà l’importo trattenuto mensilmente (il tetto massimo è stato fissato al 20%).

I lavoratori che avranno maturato i requisiti per accedere all’APE potranno scegliere –se avranno aderito a un fondo pensione integrativo- anche la cosiddetta RITA, la rendita integrativa temporanea anticipata che affiancherà la pensione anticipata.

Ecco dunque che nel sistema previdenziale pubblico, viene fatta entrare a pieno titolo, anche la pensione privata integrativa.

E non modifica di molto l’impianto complessivo dell’accordo la cosiddetta APE social che dovrebbe essere a costo zero per alcune categorie di lavoratori (disoccupati senza reddito, lavori particolarmente pesanti o rischiosi, condizioni di salute, carichi di lavoro derivanti dalla presenza di parenti di primo grado conviventi con disabilità grave) non solo perché non si conosce ancora la soglia dell’assegno mensile lordo sotto la quale scatterebbe l’esenzione, né sono state definite in modo compiuto le categorie che vi avrebbero accesso ma anche perché il diritto ad andare in pensione, che spetterebbe comunque a chi ha versato tanti anni di contributi, viene fatto passare per una concessione, per una regalia da elargire ai più sfortunati.

Risibili anche le agevolazioni per i lavoratori precoci: potranno andare in pensione anticipata con 41 anni di contributi (invece dei 42 anni e 10 mesi previsti ora) solo se rientrano in tre categorie: disoccupati senza ammortizzatori sociali, disabili o addetti ad attività particolarmente gravose (la cui definizione guarda caso è stata rimandata a data futura). Vengono tolte poi le penalizzazioni a chi accede alla pensione anticipata prima dei 62 anni di età, ma solo per chi ha maturato almeno 12 mesi di contributi prima dei 19 anni di età.

Nessuna vera correzione viene fatta alla Riforma Fornero che continua a bloccare al lavoro migliaia di lavoratori anziani e condanna le giovani generazioni ad andare in pensione oltre i 70 anni di età, poiché per loro restano validi due requisiti del sistema contributivo difficili da raggiungere con lavori precari e discontinui: 20 anni di anzianità contributiva e un importo pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale (una cifra che ora equivale a circa 670 euro).

Che dire degli altri provvedimenti “annunciati” dall’accordo? Si tratta di proclami elettorali che danno con una mano ciò che è stato tolto con l’altra.

Si alza leggermente la soglia di reddito non tassabile (no tax area) per i pensionati con più di 74 anni di età (che porterà nelle loro tasche poche decine di euro) ma si tace sul fatto che la riforma dell’ISEE ha contribuito a escluderli da una serie di servizi sociali cui prima accedevano gratuitamente.

Si amplia la platea degli aventi diritto alla quattordicesima e, nello stesso tempo, resta un miraggio –nonostante la sentenza della Corte Costituzionale- la perequazione delle pensioni che forse riprenderà a decorrere dal 2019 ma con un nuovo sistema di calcolo degli indici di rivalutazione che non sarà sicuramente favorevole ai pensionati.

Insomma, dopo aver azzerato i diritti dei lavoratori con il jobs act, il governo va all’attacco di quel che resta del sistema previdenziale pubblico con il chiaro obiettivo di aprire la strada alla previdenza integrativa.

Sta ora ai lavoratori opporsi a questo ennesimo scempio e ricostruire un percorso di lotta che, partendo dai posti di lavoro, sia in grado di riconquistare i diritti che sono stati cancellati dalle varie controriforme che si sono succedute in questi anni.

Solo la costruzione di un sindacato di classe e di un forte movimento dal basso che spazzi via le burocrazie sindacali potrà unificare le lotte e abbattere gli steccati tra lavoratori e pensionati, giovani e vecchi, occupati e disoccupati, italiani e immigrati, lavoratori pubblici e privati che in questi anni sono stati costruiti per dividere e indebolire il movimento dei lavoratori.

Gli scioperi dei lavoratori della logistica sono lì a dimostrare che si può vincere se si rompono gli steccati ideologici di cui sono schiavi i lavoratori degli altri settori.

E per realizzare un percorso di lotta del movimento dei lavoratori che il S.I. Cobas chiama allo sciopero tutti i lavoratori il prossimo 21 ottobre. (In un comunicato verranno poi spiegate dettagliatamente le ragioni di uno sciopero generale intercategoriale per il 21 ottobre 2016).

TUTTI UNITI DALLA LOTTA E NELLA LOTTA!
IL 21 OTTOBRE COSTRUIAMO INSIEME UNA GIORNATA DI SCIOPERO E DI MOBILITAZIONE GENERALE

PER LEGGERE IL VOLANTINO IN PDF