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[POMIGLIANO] Nasce il Comitato di lotta licenziati, disoccupati, immigrati – Reddito di Cittadinanza per tutti

Il reddito di cittadinanza non rappresenta la riconquista della dignità per milioni di lavoratori come sbandierato dall’attuale governo, e in particolare dal movimento 5 stelle che ne ha fatto il suo cavallo di battaglia.

Esso è semplicemente il modo per assicurare alle persone coinvolte, al massimo, un reddito al di sotto del quale l’ISTAT individua ufficialmente chi è “povero”.

Questo reddito è di 780 euro al mese, che appunto raggiunge una persona senza reddito che vive in una casa in affitto (500 di reddito più 280 per l’affitto) con l’assegnazione del reddito di cittadinanza.

Se il nucleo familiare è costituito da più persone la soglia di accesso e il reddito di cittadinanza che viene assegnato aumenta moltiplicando il reddito per diversi parametri.

C’è poi il limite Isee che nega l’accesso al reddito di cittadinanza quando si supera la soglia di euro 9360.

Per come è stato pensato, il reddito di cittadinanza esclude la gran parte delle persone in gravi difficoltà economiche.

Perché la maggior parte di coloro che sono senza reddito, o hanno redditi bassissimi, cercano la solidarietà dei familiari presso cui alla fine risiedono diventando parte di quel nucleo familiare.

In queste situazioni difficilmente si riesce a rimanere nella soglia strettissima dell’accesso ai benefici di legge.

Ma anche la gran parte di quelli che possono accedervi, riescono a percepire solo importi molto bassi del Reddito di cittadinanza perché tutti gli altri redditi devono essere sottratti dall’importo.

Se un operaio che ha perso il lavoro vive con la moglie che fa un lavoro a tempo limitato che le permette di percepire, mettiamo, 5000 euro in un anno, pur rientrando nei requisiti della legge, il nucleo familiare dell’esempio, avrebbe diritto a 3400 euro all’anno di reddito di cittadinanza (8440 – 5000 = 3400).

Il fallimento della legge è dimostrato dal fatto che la stragrande maggioranza di chi vi accede, gli ultimi dati parlavano di 500.000 persone su 800.000, percepisce redditi al di sotto dei 300 euro mensili, e ormai sono tantissimi coloro che vogliono ritirare la richiesta al Reddito di cittadinanza.

Il motivo è semplice.

Con il Reddito di cittadinanza non si riesce a vivere e allora molti optano per quello che facevano prima per poter sopravvivere: lavorare a nero.

D’altra parte l’ottusa morale dei governanti ha stabilito pene pesanti per chi sgarra, cioè per coloro che fanno un lavoro a nero pur percependo il Reddito di cittadinanza, pene che arrivano fino ad un massimo di sei anni di carcere.

Ottusa morale che si accanisce solo sugli ultimi, ma non sui padroni che, invece, se occupano lavoratori a nero, vanno incontro solo a multe in denaro.

La protesta dei due licenziati FIAT-FCA sul campanile ha aiutato a scoperchiare questo vaso vuoto.

La legge è stata fatta apposta così, non a caso.

Si doveva poter affermare che il nuovo governo manteneva le promesse fatte alle classi più basse della società in campagna elettorale, spendendo però il meno possibile.

D’altra parte da dove potrebbero uscire i soldi per una politica riformista che allarga la spesa sociale, quando invece di far pagare i ricchi che, con l’evasione fiscale non hanno mai pagato, si abbassano ulteriormente le loro tasse?

Agli imprenditori si concedono un sacco di soldi di aiuti, vedi cassa integrazione e altri ammortizzatori sociali che pesano sulle tasche degli stessi lavoratori, più incentivi e sgravi fiscali per le ristrutturazioni, mentre per gli operai e i disoccupati ci sono solo vuote illusioni come il Reddito di cittadinanza.

La FIAT-FCA, per esempio, sta avendo aiuti per l’auto elettrica, ma dopo mesi di cassa integrazione, nessun nuovo impianto è stato costruito e nessun nuovo modello è in produzione.  

Le stesse promesse fatte dai dirigenti dell’INPS a Napoli, in occasione della protesta dei due licenziati, rappresentano solo una pezza che non copre niente.

Attualmente fa fede l’Isee del 2018 per i richiedenti  di quest’anno.

I dirigenti INPS hanno affermato che farà fede l’Isee del 2019 e questa misura verrà generalizzata con un prossimo decreto legge.

Anche se è un passo avanti, se realizzata, l’attualizzazione dell’Isee comunque serve a poco, sia ai licenziati FIAT-FCA che agli altri.

Rispetto alla volontà espressa da Tridico di estendere da subito il Rdc a tutti i licenziati, sia chiaro che questa misura deve essere adottata a integrazione degli ammortizzatori già esistenti per chi perde il lavoro e non in loro  sostituzione.

Ai fini del calcolo Isee oggi fanno reddito tutti quei sussidi erogati ai disoccupati (naspi, redditi di inserimento e altre forme di sussidio regionali) , cosa che penalizza ulteriormente chi non ha un lavoro, a dimostrazione del fatto che l’Isee viene strumentalmente utilizzato dal governo in modo da impedire il giusto riconoscimento economico a coloro che effettivamente ne necessitano.

Per gli immigrati i limiti all’erogazione sono ulteriormente potenziati dal fatto che i richiedenti devono  essere titolari del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo ed essere residenti in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo.

La legge esclude anche tutti gli operai in cassa integrazione e contratti di solidarietà.

Alla FIAT-FCA di Pomigliano tutti gli operai sono coinvolti nei contratti di solidarietà e nella cassa integrazione perché lo stabilimento lavora utilizzando solo la metà circa della manodopera disponibile.

Quando si lavora lo si fa però, a ritmi impossibili.

Nell’ultimo periodo si sono raggiunte le 500 Panda per turno che, qualche tempo fa, non era neanche teoricamente immaginabile.

Gli operai quindi, quando lavorano lo fanno più intensamente e consumando il loro corpo e la loro mente in modo più veloce, assicurando la massima produzione alla FIAT-FCA, ma intanto vengono pagati come se fossero la metà, e un minimo di integrazione al reddito viene assicurata dalla cassa integrazione (INPS), mentre con i contratti di solidarietà si dividono tra tutti il lavoro che c’è da fare e i relativi salari.

Per questi operai e per tutti quelli che sono in cassa integrazione e guadagnano l’80% del loro salario base, non c’è integrazione del reddito attraverso il reddito di cittadinanza perché, pur percependo redditi miserabili, non sono reputati “poveri”.

Anzi, con la scusa del reddito di cittadinanza, ormai il problema dei bassi salari e della miseria degli ammortizzatori sociali è andata completamente nel dimenticatoio.

La legge così com’è copre solo una piccola parte dei potenziali “poveri”, quelli che sono in condizioni estreme, ma la maggior parte di coloro che si trovano in grosse difficoltà economiche ne vengono esclusi. 

É esclusa la maggior parte degli operai che hanno perso il lavoro.

É esclusa la maggior parte dei disoccupati. 

Come operai ci dobbiamo organizzare affinchè  l’accesso al reddito di cittadinanza sia automatico per quelli che sono stati licenziati, eliminando lo sbarramento dell’Isee e del reddito familiare, senza decurtazioni ulteriori, e che sia assicurata a questi operai la soglia minima, 780 euro al mese, che restano sempre pochi spiccioli.

Come operai ci dobbiamo organizzare affinchè gli ammortizzatori sociali per quelli che ancora lavorano assicurino loro l’intero salario, senza riduzioni.

Se i padroni beneficiano di aiuti pur continuando a guadagnare centinaia di milioni di profitto, come la FIAT-FCA, gli operai che, con il loro lavoro assicurano questo profitto, hanno diritto almeno al salario pieno. 

Comitato di lotta licenziati, disoccupati, immigrati – RdC per tutti


Dopo l’assemblea del 19 Maggio a Pomigliano nasce il Comitato di licenziati, disoccupati e immigrati in lotta per il Reddito.

Tra le rivendicazioni un reddito immediato e senza decurtazioni per chi ha perso il lavoro, l’abolizione dei vincoli Isee e del nucleo familiare per licenziati e disoccupati, l’accesso a tutti gli immigrati senza tener conto del permesso di soggiorno di lungo periodo.

Uno stato borghese in crisi e una politica riformista senza agibilità non riescono ad assicurare neanche più le briciole agli sfruttati.

Nel Manifesto Marx ed Engels scrivono “la borghesia è incapace di governare perché non è in grado di garantire l’esistenza ai suoi schiavi all’interno del suo stesso schiavismo, perché è costretta a lasciarli sprofondare in una condizione che la costringe a nutrirli, anziché esserne nutrita.

La società non può più vivere sotto la borghesia, insomma l’esistenza della borghesia non è più compatibile con quella della società”.

Decine di migliaia di licenziati e disoccupati non hanno potuto accedere al reddito per i limiti che esso presenta a causa di un riformismo che non può più trovare soluzioni stabili per garantire condizioni di vita appena dignitose.

In ogni caso quello che i governanti lasciano, dovendo tutelare gli interessi e i profitti della classe dominante, è la misera cifra di un reddito che fotografa una povertà dilagante e generalizzata.

È necessario che i proletari si organizzino sulle loro condizioni di vita, e se pure non dovessero arrivare successi immediati, quel che conta è il rafforzamento dell’unità di classe, che oltre al reddito saprà intrecciare bisogni e questioni come gli aumenti salariali e la riduzione dei tempi e dei ritmi di lavoro.

Sul primo documento del Comitato di lotta (vedi sopra) si svilupperanno iniziative e mobilitazioni.

Collettivo 48ohm