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[CONTRIBUTO] Diario della repressione. La ripartenza dei padroni e la necessità di un fronte unico

Pubblichiamoqui sotto l’articolo “Diario della repressione. La ripartenza dei padroni e la necessità di un fronte unico” realizzato dalla redazione de Il Pungolo Rosso e già disponibile sul loro sito.

Questa crisi sanitaria e sociale, che sta provocando i primi scioperi spontanei nelle fabbriche dopo decenni, e diviene ora anche crisi economica e finanziaria, mette alla prova i sistemi capitalistici, in Italia e nel mondo intero, e scuote le coscienze in settori della nostra classe cui si chiede di lavorare comunque, anche in assenza delle condizioni di sicurezza che vengono invece imposte al resto della popolazione.

Per la prima volta da decenni assistiamo a scioperi spontanei nelle fabbriche.

Anche nella lotta per ambienti di lavoro sicuri e adeguati dispositivi di protezione individuale, e nelle difficoltà di coloro che sono lasciati a casa con un futuro incerto, deve crescere la coscienza della necessità di lottare per superare questa società divisa in classi.

Contro le ideologie da “unità nazionale” tra sfruttati e sfruttatori.

Il virus globalizzato mette inoltre in chiaro l’inconsistenza delle prospettive di autonomie locali/localistiche, e delle scorciatoie “sovraniste”.

L’unica strada è quella internazionalista, dell’unione tra i proletari di tutto il mondo.

S.I. Cobas


Diario della repressione.

La ripartenza dei padroni e la necessità di un fronte unico

1. Napoli, 23 maggio: manifestazione autorizzata e conforme alle regole di distanziamento organizzata da Movimento di lotta disoccupati, Si-Cobas e promotori del percorso Vogliamo tutto, e che, con un passaggio “alla spicciolata”, intendeva portare le sue rivendicazioni, inascoltate dalle istituzioni, davanti al municipio. Le rivendicazioni: sostegno ai disoccupati e ammortizzatori sociali; contrasto a precarietà e licenziamenti, e sicurezza sul lavoro, anche contro il ricatto salute/lavoro nella crisi covid-19; sospensione di affitti e bollette. Ovvero, difesa, organizzata e di classe, di esigenze primarie. Contro quanto dichiarato durante un incontro in Questura, con tanto di rassicurazioni in tema di garanzia dei diritti, la polizia impedisce il passaggio “alla spicciolata” verso Piazza Municipio, carica e manganella ferendo almeno 5 persone. Il capo della polizia spiega ai giornali che gli aggressori in divisa sono le vittime. E i giornali scrivono, sotto dettatura.

Leggi il comunicato degli organizzatori che smentisce Gabrielli: “Una doverosa risposta alle calunnie a mezzo stampa del capo della polizia Gabrielli. Come realtà promotrici della manifestazione a Piazza Dante di sabato 23 maggio, riteniamo opportuno stigmatizzare e smentire categoricamente le dichiarazioni del capo della polizia Franco Gabrielli in merito agli incidenti avvenuti all’angolo di via Roma. La manifestazione a piazza Dante, infatti, come riconosce lo stesso Gabrielli, era stata regolarmente autorizzata dalla Questura. Come organizzatori ci siamo fatti carico di seguire scrupolosamente la procedura burocratica, e di nostra iniziativa ci siamo finanche recati mercoledì scorso in Questura per far presente che, dato il silenzio delle istituzioni sulle vertenze da noi rappresentate, ritenevamo necessario concordare una modalità per permettere ai manifestanti di spostarsi verso piazza Municipio, dichiarandoci disponibili a muoverci alla “spicciolata” attraverso i marciapiedi e nel pieno rispetto delle distanze di sicurezza» (continua a leggere il comunicato).

2. Magazzini della BRT di Sedriano (Milano), 20 maggio. I lavoratori, organizzati nel Si-Cobas, scioperano contro il “mancato rispetto del protocollo di accordo” da parte dell’azienda. Come già il 18/5, con la scusa del “controllo del distanziamento” – non risulta, infatti, che nei centri commerciali di fresca riapertura l’esercito dimostri questa commovente premura verso la salute pubblica -, vengono inviati carabinieri ed esercito a vigilare sull’assemblea operaia. A scopo intimidatorio, come denunciato anche da Piccin (RC), che parla giustamente di un crescendo della militarizzazione, dalla vessazione degli immigrati con l’operazione “Strade sicure”, alle mimetiche nelle fabbriche. Guarda il video.

3. Ancora Milano, magazzini UPS. I lavoratori in sciopero, militanti del Si-Cobas, stanno per fare un picchetto. Chiamate da UPS, intervengono sul posto 6-7 camionette di polizia e carabinieri, pronti, come altre innumerevoli volte, a rompere il picchetto – i lavoratori devono allontanarsi mentre tra due edifici in mattoni gialli sfila il corteo funebre della violenza statale.

Questi episodi si inseriscono in un quadro di accelerazione della repressione statale contro le proteste sociali e la ripresa delle lotte dei lavoratori. Come indicano le iniziative di Napoli, e prima ancora di Bologna, alcune forze di classe si stanno coagulando in Italia, ed è in corso l’attiva creazione di un fronte unico anticapitalista. Su richiesta del padronato, le autorità scommettono forse, oltreché sul divide et impera (colf di qua, regolarizzazioni a tempo degli immigrati di là, e poi concorsucci per gli insegnanti e “contrattazione aziendale” a tutto spiano per cancellare gli ultimi resti dei contratti nazionali), sulla possibilità di spezzare sul nascere questo embrionale processo di unificazione, anche perché le elemosine che possono elargire non sembrano in grado di prevenire il rischio di esplosioni sociali. Il contesto è quello di un furioso tentativo di rilancio del già malandato “sistema paese” nel mezzo di una inedita crisi strutturale del capitalismo moderno. Tentativo difficilissimo, e dunque aggressivo al massimo. Bonomi l’altro giorno ha ribadito che, eccetto alcune gocce, lo Stato deve pompare denaro esclusivamente nelle vene bruciate delle imprese facendo debito à gogo oggi, per poi imporre una violenta ristrutturazione del debito domani, già dalla prossima legge di bilancio. Ovvero, non si guarda più in faccia a nessuno, e si calpesta chi si mette di traverso: UPS di Milano, BRT di Sedriano, cariche a Napoli. Questo significa una cosa sola.

L’impegno per consolidare la prospettiva di un fronte unico anticapitalista deve intensificarsi, vincendo le spinte localistiche e settoriali.