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[CONTRIBUTO] U.S.A. La rivolta afro-americana (e non solo) scuote i lavoratori sindacalizzati

Pubblichiamo qui sotto il contributo “U.S.A. La rivolta afro-americana, e non solo, scuote i lavoratori sindacalizzati” ricevuto dalla redazione de Il Pungolo Rosso e già disponibile sul loro sito.

Questa crisi sanitaria e sociale, che sta provocando i primi scioperi spontanei nelle fabbriche dopo decenni, e diviene ora anche crisi economica e finanziaria, mette alla prova i sistemi capitalistici, in Italia e nel mondo intero, e scuote le coscienze in settori della nostra classe cui si chiede di lavorare comunque, anche in assenza delle condizioni di sicurezza che vengono invece imposte al resto della popolazione.

Per la prima volta da decenni assistiamo a scioperi spontanei nelle fabbriche.

Anche nella lotta per ambienti di lavoro sicuri e adeguati dispositivi di protezione individuale, e nelle difficoltà di coloro che sono lasciati a casa con un futuro incerto, deve crescere la coscienza della necessità di lottare per superare questa società divisa in classi.

Contro le ideologie da “unità nazionale” tra sfruttati e sfruttatori.

Il virus globalizzato mette inoltre in chiaro l’inconsistenza delle prospettive di autonomie locali/localistiche, e delle scorciatoie “sovraniste”.

L’unica strada è quella internazionalista, dell’unione tra i proletari di tutto il mondo.

S.I. Cobas


U.S.A. La rivolta afro-americana (e non solo) scuote i lavoratori sindacalizzati

Pubblichiamo tre materiali tratti da Labor Notes e Jacobin, che danno utili informazioni sulle forme di solidarietà con il grande movimento di protesta afro-americano e multicolore nato dopo l’uccisione di George Floyd, che si sono date nelle scorse settimane negli Stati Uniti da parte di lavoratrici e lavoratori iscritti ai sindacati.

In uno di questi testi si parla di un “sea change”, un radicale cambio di rotta avvenuto nella pubblica opinione (su Repubblica di oggi, 13 giugno, Jascha Mounk considera “strabiliante” che l’89% degli statunitensi ritenga giusto che il poliziotto che ha ucciso George Floyd sia accusato di omicidio – e strabiliante lo è davvero).

Questo radicale cambio di rotta ha qualcosa a che vedere anche con l’attività anti-razzista svolta da singoli gruppi di lavoratori e di attivisti di base (“rank and file”), e da un piccolo numero di strutture sindacali locali, appartenenti quasi sempre ai settori dei trasporti e della scuola. Si tratta, ancora, di piccole minoranze attive che stanno tuttavia costringendo un certo numero di organismi sindacali di base, cittadini, a spingere i propri membri a prendere parte alle manifestazioni, mentre la struttura dirigente dell’AFL-CIO si guarda bene dal prendere una netta posizione a favore del movimento, al più limitandosi a qualche blanda dichiarazione verbale sulla necessità di “giustizia”.

Del resto, non è un caso che le prime dimostrazioni abbiano preso di mira a Washington anche la sede del sindacato, incendiandola – può anche essere, come suggerisce Heideman su Jacobin, che i dimostranti non sapessero che era la sede del sindacato (noi ne dubitiamo); ma se anche l’avessero incendiata semplicemente perché era un palazzo lussuoso tra gli altri, la circostanza la direbbe lunga su come, perfino nelle sue sedi, l’AFL-CIO non appaia differente dalle sedi del mondo degli affari.

Ciò non toglie che la straordinaria forza del movimento abbia posto questioni politiche rognose anche ai capi dell’AFL-CIO, la principale delle quali è la richiesta di espellere i potentissimi sindacati della polizia dalle sue fila, sindacati che quasi ovunque sono a favore di leggi ultra-repressive e pronti a fare scudo anche agli autori dei crimini più feroci. Tanto per dire: il capo del sindacato di polizia di Minneapolis, Bob Krol, ha pubblicamente qualificato George Floyd “un criminale violento” e il movimento di protesta “un movimento terroristico”… Ma porre la questione dell’espulsione dei sindacati di polizia dall’AFL-CIO significa schierarsi contro i poteri forti dell’economia e della finanza che li spalleggiano, questione ancor più rognosa per un sindacato che ha invece scelto come sua linea di condotta il “business unionism”, con l’allineamento pieno dei sindacati agli interessi aziendali, con una serie di misure di prevenzione e divieto degli scioperi.

Dopotutto lo strapotere della polizia (delle polizie) negli Stati Uniti è la faccia interna, anti-proletaria, della gigantesca macchina militare anti-proletaria dispiegata dall’imperialismo gringo in giro per il mondo (presente in 149 paesi del mondo!), il cui insostenibile peso è stato messo in luce dallo stesso Trump.

Abbiamo voluto fornire qualche documento sull’impatto che il movimento nato dall’assassinio di G. Floyd ha avuto tra i lavoratori sindacalizzati. Non è il caso di dimenticare, però, che attualmente solo 10/10,5 lavoratori su 100 sono sindacalizzati negli Stati Uniti, contro il 20,1% del 1983, e il 35% della metà degli anni ’50 (un’esplosione frutto delle grandi lotte sindacali degli anni ’30).

Una percentuale che nel settore privato precipita – come media – al 6,4% (i dati sono relativi all’anno 2018), con dei livelli superiori (intorno al 20%) solo nei trasporti e tra i dipendenti dei servizi locali di imprese che forniscono acqua, energia elettrica, gas (utilities). Nell’industria manifatturiera il tasso di iscrizione ai sindacati è al 9%. Del resto, le industrie di ultima generazione o di più recente successo, con Amazon e Wal-Mart in testa, sono nemiche giurate di ogni forma di presenza sindacale in azienda.

Differente è il quadro della sindacalizzazione nel settore pubblico, dove si viaggia tra il 30 e il 35% in media, con buoni livelli nella scuola, tra i dipendenti delle città, i vigili del fuoco – non a caso tra i settori più attivi nella solidarietà al movimento afro-americano ci sono stati le/i docenti delle scuole primarie e secondarie, già protagoniste/i di forti lotte negli scorsi anni.

Ben vengano, quindi, tutte le iniziative che dentro le istituzioni sindacali, costituendo comitati, coalizioni, etc., si muovono per scuotere dall’interno queste strutture, mettendole in crisi e favorendo la fuori-uscita da quei recinti delle forze vive. Ma possiamo dare per certo che la rinascita del movimento di classe negli Stati Uniti avverrà per opera di una grande massa di sfruttati e di sfruttate di tutti i colori che si trovano al momento, in larga maggioranza, fuori dalle strutture dell’AFL-CIO. La loro irruzione sulla scena sociale e politica avrà, con ogni probabilità, il carattere tumultuoso, alluvionale, della nascita e dello sviluppo di questo movimento. Il crack dell’Amerika sta preparando questa ancor più sconvolgente novità.

P.S. – Precisiamo, per qualche eventuale nostro gretto censore, che tradurre dei testi è altra cosa dal condividerne l’impianto. Lo scritto che riprendiamo da Jacobin, ad esempio, è evidentemente pieno di illusioni sulla possibilità di cambiare l’AFL-CIO o sue parti importanti (cosa per noi esclusa), ma contiene egualmente considerazioni interessanti che aiutano a capire l’attuale situazione, e anche a cogliere – con un paio di esempi di qualche decennio fa – il profondo radicamento del razzismo anti-nero e anti-messicano nelle istituzioni dello stato statunitense. Anche ai testi delle brave redattrici di Labor Notes Cherrene Horazuk, Samantha Winslow e Alexandra Bradbury (a proposito, tre donne…) si potrebbe fare qualche osservazione critica – ma la rinviamo a quando l’eventuale nostro gretto censore avrà capito qualcosa della potenza di questo movimento. Quindi, abbiamo tempo.

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1. E’ venuto il momento (gia’ da molto tempo) di redistribuire i finanziamenti osceni per la polizia a favore di scuole, ospedali e autobus, di Samantha Winslow e Alexandra Bradbury, Labor Notes, 4 giugno 2020 (Fonte)

Le marce stanno spazzando ogni stato. Centinaia di migliaia di persone hanno sfidato la pandemia per protestare contro l’assassinio di un uomo nero disarmato, George Floyd, da parte della polizia di Minneapolis.

Come le ondate di scioperi degli insegnanti del 2018 e del 2019, le proteste di oggi contro la violenza della polizia hanno il sostegno della maggioranza degli americani. Un sondaggio di Monmouth ha mostrato che il 78% ritiene che la rabbia dei manifestanti per l’uccisione di George Floyd sia in tutto o in parte giustificata.

Quale riforma puo’ effettivamente cambiare le cose? Bodycam e addestramenti per mitigare la violenza dei fermi hanno fallito. I manifestanti hanno chiesto che gli agenti razzisti e violenti paghino le conseguenze delle loro azioni: non solo licenziamenti, ma incriminazioni. Con un un passo senza precedenti, ieri l’accusa contro l’agente Derek Chauvin è stata elevata ad omicidio di secondo grado e anche gli altri tre agenti coinvolti sono stati incriminati.

Ma a Minneapolis e in tutto il Paese c’è un’altra richiesta che monta, e che potrebbe avere effetti ancora più profondi: de-finanziare la polizia. Ridimensionare i loro budget sovrastimati e spostare il denaro verso i servizi di cui c’è più bisogno.

Quanto costano i poliziotti?

I soldi riscossi a beneficio della polizia sono anzitutto, e soprattutto, a danno delle vite dei neri – e sono inoltre un enorme drenaggio di risorse pubbliche. Ogni dollaro speso per la polizia e’ un dollaro che non viene speso per le scuole e i servizi pubblici.

Grandi citta’ come Minneapolis, Los Angeles, Atlanta, Detroit, Baltimora e Houston hanno speso piu’ del 25% del loro budget totale per i dipartimenti di polizia, come trovato da un report del 2017 a cura del Center for Popular Democracy.

Chicago e Oakland hanno speso anche di piu’, il 40%. Se la quota di New York City e’ stata decisamente inferiore, attestandosi al 9% (perché la citta’ dispone di un budget totale decisamente superiore, comprendente un sistema di ospedali pubblici), la spesa effettiva e’ stata impressionante, con almeno 5 miliardi di dollari, ossia 581 dollari per persona. Da allora il budget dedicato alla polizia e’ cresciuto fino a 6 miliardi di dollari.

In totale, gli Stati Uniti spendono ogni anno 100 miliardi di dollari per la polizia, e altri 80 miliardi per incarcerare la gente. E’ l’unica linea di finanziamento che solo raramente va a finire sul tagliere dei tagli alla spesa pubblica, a prescindere dal fatto che l’economia vada bene o male, e che il crimine sia in aumento o in diminuzione.

A Baltimora, per ogni dollaro speso per la polizia, 55 centesimi vengono spesi per le scuole, 5 centesimi vanno ai programmi per l’inserimento lavorativo, e un penny [1 centesimo di dollaro] viene speso per i servizi per la salute mentale e la prevenzione della violenza.

I contribuenti finanziano inoltre la violenza brutale della polizia. Le citta’ pagano milioni di dollari in risarcimenti e patteggiamenti a seguito di processi per abuso di potere della polizia; per esempio, Chicago ha speso 55 milioni di dollari nel 2017 e 113 milioni nel 2018.

I bilanci di citta’ e stati stanno oggi andando in profondo rosso, e si prevede un crollo delle entrate fiscali per milioni di dollari a causa della crisi Covid-19. I politici gia’ chiedono drastici tagli alla spesa pubblica. I sindacati dei settori pubblici dicono che non c’e’ rimasto nulla da tagliare nelle scuole e nei trasporti pubblici – ed alcuni di loro indicano quell’unico settore che ha sempre ricevuto lauti finanziamenti.

A Philadelphia, per esempio, la revisione del budget proposta dal sindaco prevede centinaia di licenziamenti, e in particolare un taglio per 18 milioni di dollari agli operatori ecologici. I lavoratori della nettezza urbana iscritti al sindacato AFSCME 426 e i promotori della campagna Just Philly Budget [un budget per una Philadelphia equa] stanno organizzando un rally il 9 giugno per contestare i tagli – e contro al fatto che, mentre vengono tutti spremuti come limoni, il sindaco stia cercando di aumentare i finanziamenti per la polizia a 14 milioni di dollari.

A Los Angeles, il sindaco, messo sotto pressione, ha fatto marcia indietro e ha annunciato dei tagli al dipartimento di polizia.

Cosa non viene finanziato: il sapone negli ospedali, la carta nelle scuole, i freni degli autobus

budget sono rivelatori delle priorità di una società. Questa settimana sono circolate due fotografie nei social media, che dicono tutto. Una mostra dei poliziotti bardati dalla testa ai piedi con un costoso equipaggiamento militare. L’altra mostra dei lavoratori dei servizi di salute mentale che indossano sacchi della spazzatura a causa della mancanza di dispositivi di protezione di base durante la pandemia.

Puoi trovare storie analoghe in parecchi luoghi di lavoro. I lavoratori della nettezza urbana di Philadelphia sopra menzionati a proposito della lotta contro i tagli stanno anche chiedendo al comune che gli fornisca dei dispositivi di protezione di base, l’indennita’ di rischio e l’accesso ai test per il coronavirus, dal momento che il loro lavoro e’ stato considerato essenziale.

Durante lo sciopero degli insegnanti lo scorso anno a Oakland, un bambino delle elementari sulla linea del picchetto intona ad un certo punto questa cantilena: “Che cosa vogliamo? Carta! Quando la vogliamo? Ora!” Ti tocca dire ad alta voce che agli studenti occorre la carta nelle scuole pubbliche.

I lavoratori di un ospedale pubblico di New York hanno dovuto lanciare una campagna di pressione per ottenere del sapone per i bagni. I lavoratori dei trasporti pubblici di Washington D.C. hanno dovuto minacciare lo sciopero per avere dei freni funzionanti sugli autobus.

Sostituti scadenti

Sapone, carta e freni solo la punta dell’iceberg. La rete di protezione sociale e’ logora, i servizi sociali sono ridotti all’osso. I poliziotti compensano questo vuoto, malamente.

La polizia viene spesso schierata contro problemi sociali che non sanno minimamente gestire – scontrandosi con senza tetto, tossicodipendenti, o persone che non hanno accesso ai servizi di salute mentale. I poliziotti ricorrono spesso agli strumenti del mestiere: violenza e arresti. Quando tutto cio’ che hai e’ un martello, ogni cosa assume l’aspetto di un chiodo.

Anche rispetto a reati per droga e ai furti, scagliare la polizia contro il problema non rappresenta una soluzione alla disperazione che ne e’ spesso la causa profonda. Arrestare e poi nuovamente arrestare la gente non fa che peggiorarne la situazione, creando un circolo vizioso che penalizza in modo sproporzionato le persone che vivono in comunita’ povere, ed in particolare la gente di colore.

A Minneapolis, gli afro-americani costituiscono il 20% della popolazione, ma sono il 60% degli arresti. A livello nazionale, uno studio del 2017 della Prison Policy Initiative ha riscontrato come le persone oggetto di arresti multipli fossero sproporzionatamente neri; l’88% dei quali sono stati arrestati per crimini non violenti.

La polizia e’ dannosa e costosa allo stesso tempo. Drena denaro pubblico che potrebbe venire invece impiegato per risolvere i problemi sottostanti, quelli reali – cose come programmi terapeutici contro la tossicodipendenza e per creare buoni posti di lavoro. Con una poverta’ in crescita e una disoccupazione senza precedenti, questi programmi sono piu’ necessari che mai.

Un deciso cambio di rotta

A Minneapolis l’oltraggio rappresentato dall’assassinio di George Floyd sta spingendo molti lavoratori del settore pubblico a mettere in discussione i legami con la polizia degli enti di cui sono dipendenti.

Gli autisti di autobus si sono rifiutati di trasportare membri della polizia o dimostranti arrestati. L’università del Minnesota sta tagliando la maggior parte dei suoi legami con il Dipartimento di Polizia del Minnesota; non intende più fare ricorso ad esso per venti sportivi o per i concerti. Il sindacato degli insegnanti ha spinto il provveditorato alle Scuole Pubbliche di Minneapolis a cancellare il suo contratto da 3 milioni di dollari per portare la polizia nelle scuole; questa decisione è stata presa quasi all’unanimità dall’ufficio scolastico.

In tutti gli Stati Uniti rivendicazioni di questo tipo sono state avanzate già da anni da gruppi per la giustizia razziale come Black Lives Matter o Black Youth Project 100, e da coalizioni comunitarie. Per esempio il People’s Budget di Los Angeles, la campagna New York Budget Justice, la Portland-Metro People’s Coalition o Reclaim the Block a Minneapolis – e la lista non è certo completa.

Un pugno di sindacati si è unito a questi sforzi.

Tra gli esempi migliori c’è di sicuro il sindacato degli insegnanti di Chicago, che si è unito con altre 85 organizzazioni per opporsi ad una nuova accademia di polizia dal costo di 95 milioni di dollari.

Gli organismi comunitari e i sindacati hanno sostenuto che quel denaro sarebbe stato speso molto meglio per costruire delle case popolari, per il sistema dei trasporti o per dare sostegno al personale delle scuole. Nel corso dello sciopero dello scorso anno, gli insegnanti hanno anche proposto che se una scuola fa a meno del poliziotto che le è stato assegnato, la scuola può spendere quel denaro risparmiato per assumere un assistente sociale. Il sindacato non ha vinto su questo punto, ma ha continuato a chiedere scuole senza polizia.

Tuttavia in molte altre città gli organismi comunitari hanno tracciato la via su cui muoversi, ma i sindacati si sono tirati indietro.

Le unions sono sempre state molto caute nell’opporsi alla polizia. Ma l’attuale grande cambiamento di umore della pubblica opinione dovrebbe darci coraggio. Non c’è una necessità più urgente.

Samantha Winslow è codirettrice di Labor Notes (samantha@labornotes.org); 

Alexandra Bradbury è editor e codirettrice di Labor Notes (al@labornotes.org)

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2. Le lotte dei lavoratori per George Floyd nelle Citta’ gemelle [Minneapolis e St Louis], di Cherrene Horazuk, Labor Notes, 3 giugno 2020 (Fonte)

Ho guardato con un senso di disgusto il video, girato con coraggio da una donna afro-americana di 17 anni, che mostra l’assassinio di George Floyd per mano della polizia di Minneapolis. Mi si e’ impressa nella mente la smorfia sorridente dell’agente Derek Chauvin mentre si inginocchia sul collo del signor Floyd, ignorando le sue richieste di aiuto, le invocazioni alla madre, le parole, ripetute “Non riesco a respirare”. Li’ a fianco altri tre agenti, a proteggere Chauvin da ogni intervento che potesse salvare la vita al signor Floyd. Mentre guardavo il video, in lacrime, osservando piu’ attentamente lo sfondo ho realizzato che il signor Floyd e’ stato ucciso a pochi isolati da casa mia.

Lo stato del Minnesota, e piu’ in particolare le Citta’ gemelle, hanno una lunga storia di violenza poliziesca lasciata nell’impunita’. Negli ultimi cinque anni sono state uccise piu’ di 40 persone per mano della polizia; la maggior parte erano afro-americani, gli altri di colore. Solo in un caso un agente di polizia e’ stato riconosciuto colpevole di omicidio; si trattava di un agente di origine somala che aveva ucciso una donna bianca nel 2018.

Molti sindacalisti di base ed alcuni sindacati locali, compreso il mio, hanno fatto attivamente propria le rivendicazione per la giustizia razziale e perché la polizia sia chiamata a rispondere delle sue azioni; ma fino ad oggi, ai piani alti del movimento operaio del Minnesota ha regnato il silenzio. I sindacati che hanno preso posizione sono stati attaccati duramente dai sindacalisti bianchi conservatori e dai sindacati di polizia di Minneapolis e St. Paul.

Il mio sindacato, che organizza gli impiegati dell’universita’ del Minnesota, AFSCME 3800, si e’ mobilitato gia’ da tempo per rivendicare insieme alla comunita’ nera e bruna la fine della repressione poliziesca. Quando Mike Brown venne assassinato a Ferguson, il nostro sindacato presento’ una richiesta affinché venisse fatta giustizia ad una seduta del nostro consiglio di stato, che venne bocciata per iniziativa dei sindacati della polizia penitenziaria.

Quando Jamar Clark, un uomo nero disarmato, venne ucciso dalla polizia nel 2015, il nostro sindacato voto’ ancora una volta una risoluzione affinché venisse fatta giustizia, incoraggiando i nostri membri a prendere parte alle proteste e contribuendo ad organizzare un rally di centinaia di attivisti del mondo del lavoro, per chiedere che la polizia fosse considerata responsabile delle proprie azioni. Siamo stati criticati su Facebook e abbiamo ricevuto via Facebook messaggi minacciosi da parte di agenti di polizia e di loro sostenitori. La Federazione della polizia di St. Paul voto’ una risoluzione di condanna del nostro sindacato e mi chiamo’ personalmente a rispondere.

Quando Philando Castile – un cuoco delle mense scolastiche attivo nel sindacato Teamsters 320 – venne ucciso dalla polizia del posto, la forza di St. Anthony, molti piu’ sindacati hanno denunciato il fatto, con in testa i sindacati degli insegnanti di St. Paul e Minneapolis; quest’ultimo organizzo’ una marcia con azioni di disobbedienza civile durante la convention nazionale della AFT (American Federation of Teachers). Furono denunciati dal sindacato della polizia di Minneapolis e vennero chiamati a rispondere da i membri bianchi conservatori dei sindacati.

Un nuovo scenario

L’inedita esplosione di dolore e rabbia per la morte di George Floyd ha cambiato lo scenario. I militanti sindacali di base stanno facendo pressioni sui quadri perche’ agiscano e un maggior numero di sindacati sta incoraggiando i propri membri a partecipare alle azioni come militanti attivi.

  • AFSCME 3800 ha centinaia di membri che risiedono nel quartiere investito dalla sollevazione, e ci siamo immediatamente mobilitati per supportare i nostri membri neri e bruni e per rivendicare giustizia per George Floyd. Molti di noi hanno partecipato alla marcia di piu’ di 20.000 persone il giorno successivo all’omicidio di G. Floyd. Nell’assemblea dei tesserati due giorni dopo, abbiamo votato una risoluzione per chiedere l’arresto, l’incriminazione ed una severa condanna per omicidio per Darin Chauvin, nonché l’arresto e l’incriminazione degli altri tre agenti per concorso in omicidio.
  • La sezione AFSCME 2822, degli impiegati della contea di Hennepin e’ scesa in strada ogni giorno per partecipare alle proteste. All’indomani della morte di Jamar Clark, un gruppo interrazziale di membri della base ha fatto pressioni sui quadri perché agissero per la giustizia razziale; di fronte alla resistenza dei quadri hanno agito contro i capi e hanno vinto. Hanno massicciamente organizzato i lavoratori contro il razzismo sul posto di lavoro, per esempio, contro le sanzioni discriminatorie e contro la repressione della polizia.
  • Il sindacato dei conducenti di autobus, la Amalgamated Transit 1005, ha pubblicamente dichiarato che non avrebbe accettato che i suoi membri trasportassero poliziotti o aderenti alle proteste in arresto. Questa forte presa di posizione e’ servita da esempio ad altri sindacati nel paese e a livello internazionale.
  • La Minnesota Workers United, una coalizione di sindacati e militanti di base unitisi per sostenere numerosi scioperi nel corso degli ultimi cinque anni, ha organizzato un contingente di lavoratori con parole d’ordine unitarie portando diverse centinaia di persone al caravan per rivendicare giustizia di sabato. Il giorno seguente, la MWU ha inoltre organizzato la protesta “I lavoratori pretendono giustizia per George Floyd” davanti alla casa del procuratore della contea di Hennepin Mike Freeman. Centinaia di militanti di base e di rappresentanti sindacali appartenenti a dozzine di sindacati si sono uniti per esercitare pressioni su Freeman perché incriminasse tutti e quattro gli agenti. Freeman e’ un membro del partito democratico che conta sull’appoggio del mondo del lavoro e prepara attivamente la sua elezione. Gli abbiamo detto chiaro che lo consideriamo responsabile. Poco dopo, il governatore Walz ha annunciato che il procuratore di Stato Keith Ellison era stato incaricato del caso.

Permesso lavorativo per lutto

  • Il lunedì, il comitato contro la discriminazione dell’AFSCME 34 ha scritto un email a tutti i suoi membri incoraggiando i tesserati neri e bruni ad utilizzare il permesso per lutto “per esprimere il proprio dolore, osservare il lutto, impegnarsi nell’auto-aiuto ed esprimere giustamente il proprio strazio”. Il comitato ha inoltre incoraggiato i lavoratori bianchi a sostituire i loro compagni e a donare le proprie ferie come gesto di solidarietà. La contea di Hennepin ha annunciato ieri che a tutti i lavoratori sara’ permesso prendere 16 ore di permesso per lutto in questo periodo.
  • Ieri la Federazione degli insegnanti di Minneapolis ha organizzato un rally durante il consiglio scolastico della citta’ per chiedere che cancelli i contratti con il dipartimento di polizia di Minneapolis, che manda agenti in uniforme nelle scuole. Il consiglio ha votato all’unanimita’ per la cancellazione.
  • Nel movimento dei lavoratori sta crescendo sempre piu’ l’aperta condanna della Federazione degli agenti di polizia di Minneapolis. Il sindacato Unite Here ha lanciato una petizione online per chiedere che il presidente della Federazione Bob Kroll si dimetta. Da tempo vengono denunciati i legami con organizzazioni di suprematisti bianchi di Kroll, che più volte ha usato parole al vetriolo contro chi protesta, definendo Black Lives Matter un’“organizzazione terroristica”.

Nel corso degli anni sono state presentate dozzine di lamentele contro Kroll per cattiva condotta. In un’intervista rilasciata in aprile, Kroll ha detto che lui e la maggior parte dei membri del consiglio del sindacato sono stati coinvolti in sparatorie in azioni di polizia e che nessuno e’ stato scocciato per questo. Ha dichiarato Kroll: “Su 10 membri del consiglio, più della meta ha preso parte a scontri armati, e diversi di noi sono stati coinvolti in più sparatorie. Nessuno di noi sembra aver avuto problemi”. In una lettera inviata questa settimana ai membri della Federazione della polizia, Kroll ha definito George Floyd un “criminale violento” e ha le proteste in corso un “movimento terroristico”.

  • Martedi’ il AFL-CIO del Minnesota ha chiesto le dimissioni per Kroll. La loro dichiarazione recita:

“Il presidente del sindacato di polizia di Minneapolis Bob Kroll ha deluso il movimento dei lavoratori e i residenti di Minneapolis. Bob Kroll ha una lunga storia di dichiarazioni reazionarie e di lamentele per la violenza che avrebbe subito. Nei panni di presidente del sindacato, ha assunto un atteggiamento di antagonismo e disprezzo nei confronti dei membri della comunita’ nera. Invoca per la polizia l’adozione di tattiche di tipo militare rendendo cosi’ le comunita’ meno sicure e le forze di polizia più letali. Malgrado la sua condotta, Kroll e’ stato rieletto con una maggioranza schiacciante. Se Kroll disprezza le vite che ha giurato di proteggere, possiamo solo aspettarci più morte sotto la sua leadership.

Le azioni di Bob Kroll e la persistente impunita’ all’interno del sindacato di polizia di Minneapolis non sono giuste. Bob Kroll deve dimettersi, e il sindacato di polizia di Minneapolis dev’essere smantellato e ricostruito da zero. I sindacati non possono in alcun modo fungere da strumenti per sottrarre alla giustizia chi e’ colpevole”.

La richiesta di giustizia proveniente oggi dai piu’ alti livelli del movimento operaio sono il risultato diretto di una settimana di proteste, manche di anni di lavoro organizzativo da parte delle comunita’ nere e brune in nome della giustizia razziale e della fine della violenza poliziesca. E’ anche il risultato dell’azione di sindacati locali e di militanti di base che hanno preso sul serio il motto: “Chi colpisce uno, colpisce tutti”.

La voce di chi non viene ascoltato

Come ha detto il Dr. King la rivolta e’ la voce di chi non viene ascoltato.

La polizia ha risposto con proiettili di gomma e gas lacrimogeni alle proteste pacifiche all’indomani dell’assassinio del sig. Floyd, provocando una risposta più militante. Sono stati dati alle fiamme dozzine di edifici e centinaia di negozi sono stati distrutti e saccheggiati.

Molte cronache hanno riportato che questo sarebbe il lavoro di “agitatori esterni” o di provocatori; noi diciamo che non e’ cosi’. C’e’ una lunga storia di affermazioni secondo cui le proteste per i diritti civili e gli scioperi sarebbero stati organizzati da “agitatori esterni”, e queste affermazioni si sono dimostrate false.

Dopo una notte di edifici dati alle fiamme in tutta la citta’, ho sentito molte persone chiedere: “perche’ la gente dovrebbe incendiare gli edifici della sua comunita’? Devono essere da fuori”. Dopo l’incendio della stazione della polizia, il primo edificio a venir bruciato, quelli piu’ presi di mira sono le attivita’ che più sfruttano la gente: banchi dei pegni, rivendite di alcolici, negozi di cellulari, negozi “tutto a un dollaro”, stazioni di benzina. Il quartier generale nel mondo di Target e’ a Minneapolis, e il negozio che e’ stato saccheggiato e’ stato usato per testare le misure di sicurezza dell’azienda – molte persone hanno riportato di essere state tracciate mentre facevano acquisti li’.

C’e’ un elevato livello di poverta’ nelle Città gemelle, in molti hanno perso il lavoro per la pandemia o stanno rischiando le proprie vite come “lavoratori essenziali”. Il Covid-19 e’ fa molte più vittime tra gli afro-americani che tra i bianchi. La ribellione e’ iniziata per George Floyd, ma anche a causa di una situazione di razzismo strutturale maledettamente reale. La rabbia e’ reale. Come ha detto il membro del consiglio esecutivo di AFSCME, Mahya Jones: “Non c’e’ un errore nel sistema, il sistema sta funzionando come da programma. E’ il DNA di questo paese che non prevede nemmeno lontanamente che la gente nera possa essere qualcosa di diverso da degli schiavi, o dei morti.

Abito a Minneapolis sud da 12 anni e mi piace molto vivere in un quartiere operaio e multietnico con un forte senso di comunita’. Ma simile condizione, che molti bianchi esaltano come idilliaca, non e’ che mera apparenza per molti dei miei compagni di lavoro e vicini dalla pelle nera e bruna.

Occupazione militare

Abbiamo avuto la sensazione di vivere sotto occupazione militare in queste ultime settimane: coprifuoco, autostrade chiuse, interruzione dei trasporti pubblici, migliaia di soldati della Guardia nazionali per le strade, ad aggiungersi alle centinaia di poliziotti. Da mercoledì scorso puoi sentire il rumore degli elicotteri Blackhawk e dei droni dell’esercito 7 giorni su 7, 24 ore al giorno. Ammesso che riusciamo a prendere sonno, veniamo spesso svegliati dal rumore prodotto dalle granate stordenti e dal lancio di lacrimogeni. All’esterno l’odore del fumo e’ ovunque.

In molti temono di venire colpiti dai lacrimogeni o che gli si spari addosso quando protestano, o addirittura quando sono a casa, in veranda, perché in alcuni quartieri e’ successo questo. E’ pervasiva la paura per la presenza della polizia, e sta facendo capire a molta gente bianca come i nostri e compagni di lavoro vicini neri e bruni provino proprio questa paura per tutta la vita, e non solo durante una settimana di proteste.

Nella mia vita non ho mai visto niente di simile a quel che sono diventate le Citta’ gemelle nell’ultima settimana. Malgrado la repressione e la militarizzazione siano terrificanti, e’ palpabile il potere della gente del popolo che domanda giustizia. La folla, che spesso contava decine di migliaia di persone, e’ multirazziale, multigenerazionale e per lo piu’ povera e appartenente alla classe lavoratrice.

La scorsa notte molti membri dell’AFSCME 3800 hanno trascorso insieme diverse ore alla commemorazione di George Floyd, leggendo i tributi arrivati da tutto il mondo e ascoltando, persona dopo persona, le testimonianze della repressione subita per mano della polizia, e unendosi alla richiesta di giustizia e di un cambio radicale. L’area della 38esima e di Chicago dove George Floyd e’ stato assassinato vengono oggi visti e sentiti come luoghi sacri. In questi luoghi, e in analoghe zone nel paese sono in costruzione delle vere comunita’ di persone.

I nostri sindacati devono essere li’. I membri neri e bruni hanno bisogno che noi siano li’. Non possiamo costruire un forte movimento dei lavoratori se non facciamo nostra, completamente, la lotta per la giustizia razziale. E’ arrivato per i lavoratori il momento, ed doveva in realta’ arrivare molto tempo fa, di lottare a fianco dei nostri compagni neri e bruni per rivendicare giustizia.

Cherrene Horazuk e’ president di AFSCME Local 3800, e’ un’impiegata amministrativa all’universita’ del Minnesota.

Leggi anche:

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3. Per spezzare il potere della polizia, dobbiamo mobilitare il potere del lavoro, di Paul Heideman, Jacobin, 3 giugno 2020 (Fonte)

Tra i molti edifici bruciati la scorsa settimana, uno spicca come uno strano obiettivo: il quartier generale dell’AFL-CIO [American Federation of Labor and Congress of Industrial Organizations, la più grande centrale sindacale degli Stati Uniti d’America formata da 55 sindacati nazionali ed internazionali – n.d.t.] a Washington, DC. Mentre alcuni hanno ipotizzato che i manifestanti vi abbiano dato fuoco – domenica notte – a causa dell’incapacità della federazione sindacale di perseguire la giustizia razziale con sufficiente convinzione, la spiegazione più probabile è che i manifestanti lo vedessero come un altro edificio di lusso.

Questa è una tragedia. Il quartier generale della più importante federazione sindacale del paese dovrebbe essere visto da tutti come un simbolo di giustizia razziale ed economica. Il fatto che il punto di ritrovo del sindacato non abbia avuto un’importanza particolare per il popolo che si ribella rappresenta un’accusa contro l’AFL-CIO. Come ha scritto ieri in un comunicato stampa la rappresentanza locale della Amalgamated Transit Union (ATU), “Perché i giovani lavoratori neri e marroni, frustrati dalla costante ingiustizia, non vedono l’AFL-CIO come il loro alleato naturale con alle spalle oltre un secolo di lotte per l’uguaglianza? Perché non hanno considerato quell’atto nella stessa maniera in cui avrebbero visto l’incendio della propria casa?”.

Alcuni sindacati, tra cui l’ATU – che è stato in prima linea nella lotta contro tutte le forme di oppressione – hanno mostrato il meglio della classe lavoratrice americana. A Brooklyn, la scorsa settimana, quando la polizia ha tentato di servirsi di un autobus urbano per trasportare i manifestanti arrestati, l’autista è sceso e si è rifiutato di guidarlo. Il suo sindacato lo ha sostenuto. A Minneapolis, dopo che un autista di autobus ha rifiutato di trasportare la polizia, il suo rappresentante ATU ha rilasciato una dichiarazione in cui affermava il diritto dei membri di rifiutare di collaborare con le operazioni di polizia. L’Unione nazionale dei lavoratori dei trasporti (TWU), che rappresenta i lavoratori da San Francisco a New York, ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che i loro autisti non hanno l’obbligo di agire come autisti della polizia.

Tutti questi lavoratori e sindacati hanno preso posizione nella lunga storia delle lotte antirazziste da parte dei lavoratori organizzati negli Stati Uniti. Laddove troppi sindacati hanno perpetrato o ignorato le ingiustizie razziali, alcuni, in particolare quelli collegati alla sinistra socialista o comunista, si sono lanciati nella lotta in una maniera che può essere di esempio per la situazione attuale.

Nel 1946, immediatamente dopo la seconda guerra mondiale, i sindacalisti di New York si mobilitarono a sostegno dei fratelli Ferguson, quattro uomini di colore (tre dei quali veterani) che si stavano riunendo dopo la guerra a Freeport, Long Island. Dopo essersi visti rifiutare il servizio in una caffetteria bianca, furono attaccati da un agente di polizia che sparò e uccise due di loro. L’agente fu immediatamente elogiato da un giudice e da un procuratore distrettuale. Insieme al NAACP locale, al Partito comunista (CP) e ad altre forze, i sindacati progressisti svolsero un ruolo centrale nel movimento per la giustizia a Freeport. La TWU, in quel momento vicina al Partito comunista, aprì la strada. Ad una manifestazione, un leader della TWU collegò la lotta contro la brutalità della polizia ai movimenti anti-colonialisti, gridando: “Freeport, la mia TWU, le lotte in India, sono tutte la stessa lotta”.

In quegli stessi anni, anche il Teachers Union (TU) di New York City – guidato dal Partito comunista – denunciò la polizia. Un’indagine precedente aveva rivelato che oltre quattrocento agenti di polizia di New York City erano membri del Fronte cristiano, un’organizzazione fascista fondata da padre Charles Coughlin. Rivelando l’esistenza di legami tra l’antisemitismo e il razzismo anti-nero, la TU, in gran parte ebrea, fece una campagna affinché il sindaco licenziasse gli agenti di polizia legati all’organizzazione.

A Los Angeles, gli anni del dopoguerra videro anche i sindacati mobilitarsi contro la violenza della polizia. Nel 1948 un ufficiale del LAPD (Los Angeles Police Department) sparò e uccise il diciassettenne Augustín Salcido mentre lo arrestava per presunta vendita di orologi rubati. Il consiglio cittadino della CIO, leader nella lotta per la giustizia per Salcido, rilasciò immediatamente una dichiarazione: “I membri messicano-americani del nostro sindacato a migliaia possono testimoniare i pestaggi, le intimidazioni, gli svenimenti, per non parlare degli arresti e del terrorismo di cui si è resa responsabile la polizia nei confronti della comunità messicano-americana di Los Angeles”.

Il capo della United Office and Professional Workers of America inviò una lettera al sindaco per conto dei suoi membri, chiedendo un procedimento giudiziario: “Se l’ufficiale di polizia non viene denunciato, quest’ultima sparatoria sarà un chiaro segno di approvazione ufficiale del terrore contro le minoranze”. Quando l’ufficiale fu assolto, il CIO della città condusse una delegazione a incontrare il capo della polizia, insistendo sulla necessità di licenziare l’ufficiale.

Esempi più recenti mostrano anche come il lavoro organizzato nei sindacati possa impegnarsi nella lotta contro la violenza della polizia. Nel 2014-15, un certo numero di sindacati ha aderito alle richieste degli attivisti di Black Lives Matter (BLM). Il National Nurses United ha collegato la violenza della polizia alle disuguaglianze di salute legate all’appartenenza di razza. In California, l’organizzazione territoriale 2865 della UAW (United Automobile Workers) ha invitato l’AFL-CIO a cacciare i sindacati di polizia dai suoi ranghi. I Communication Workers of America hanno rilasciato una dichiarazione a sostegno del BLM (anche se evasiva, il che dimostra quanto forte sia ancora la soggezione di molti leader sindacali nei confronti dei sindacati della polizia).

La partecipazione dei sindacati alle lotte antirazziste non è solo un imperativo etico. È fondamentale per il successo della lotta contro la violenza della polizia e il razzismo, per almeno due motivi.

In primo luogo, i sindacati della polizia sono un nemico centrale della mobilitazione nelle strade. Si battono in favore della legislazione più reazionaria, si mobilitano per difendere i membri colpevoli dei crimini più atroci e generalmente ostentano il loro disprezzo nei confronti delle istituzioni di governo civili (non militari). Tuttavia, nella maggior parte delle città e degli stati, i sindacati di polizia sono trattati come membri in piena regola dei consigli e delle federazioni locali del lavoro. Spesso operano a stretto contatto con altri sindacati comunali, dai vigili del fuoco agli insegnanti, per proteggere i diritti dei lavoratori e i bilanci comunali. Date le loro dimensioni e il loro potere, la maggior parte degli altri sindacati cittadini temono di alienarseli.

Questo è un enorme problema politico. Se l’organizzazione della polizia deve essere definanziata e tenuta a freno, i suoi sindacati devono essere separati e isolati dal resto del lavoro organizzato. Se i sindacati di polizia sono in grado di mantenere un fronte comune con gli altri sindacati delle città, saranno quasi sicuramente in grado di resistere a tutti gli sforzi significativi per frenarli.

Per portare a termine questa scissione, sarà necessario l’intervento degli stessi membri del sindacato. In particolare nei sindacati dei lavoratori pubblici, i membri dovranno spingere le loro organizzazioni a identificarsi pubblicamente con la lotta contro la brutalità della polizia. I sindacati dovranno andare oltre le semplici dichiarazioni e dedicare risorse reali alla lotta antirazzista. Questo tipo di azioni amplificherebbe il divario tra i poliziotti e gli altri lavoratori delle città, rendendo i sindacati di polizia politicamente isolati e più vulnerabili alle riforme progressiste.

In secondo luogo, non è ancora chiaro da dove verrà il potere di imporre una riforma del corpo di polizia. Mentre la formidabile energia messa nel contenere la polizia negli ultimi settant’anni è spesso riuscita a far crescere la pubblica presa di coscienza dell’oppressione razziale, ha avuto molto meno successo il tentativo di togliere potere alla polizia. Molte vittorie sono state ottenute contro i singoli poliziotti, poche contro il sistema di cui essi fanno parte.

Un significativo indebolimento della polizia richiederà un’enorme quantità di potere sociale, che superi non solo il potere istituzionale dei sindacati di polizia, ma anche i progettisti capitalisti delle città, i quali sono a favore di un ampliamento delle attività di polizia. Per battersi contro questi interessi, il movimento dovrà poter disporre di forze molto più estese di quelle che sono già state messe in campo. Dovrà essere in grado di esercitare il proprio potere non solo attraverso azioni necessariamente brevi di improvvisa rottura degli equilibri, ma anche attraverso un’azione organizzata e non violenta contro il capitale e lo stato.

Costruire un’alleanza tra lotte sindacali e lotte antirazziste non sarà semplice. Molti sindacati sono troppo felici di allinearsi con i sindacati di polizia, mentre altri emetteranno risoluzioni senza alcuna azione per accompagnarli.

Ma la base del sindacato può spingere in avanti queste istituzioni anche quando i loro leader preferiscono che restino ferme.

Man mano che il fuoco inizia inevitabilmente a raffreddarsi e sorge la domanda su dove il movimento tornerà ad alzarsi, questi lavoratori sono quel gruppo che potrebbe fornire la risposta.