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[ITALIA] Lavoratori braccianti in protesta a Gioia Taura (RC): ieri un altro compagno, Gora, è stato ucciso. Vogliamo giustizia!

E’ appena partito un corteo dalla tendopoli di San Ferdinando, le persone che lì vivono stamattina sono in strada per vendicare la morte di Gora, investito e lasciato morire il 18 dicembre nei pressi del porto di Gioia Tauro mentre tornava dal lavoro, perché nero.

Si stanno unendo anche lavoratori e amici di altri insediamenti della piana di Goia Tauro.

Oggi nessuno va al lavoro, perché un amico e fratello, dopo una vita di razzismo e sfruttamento, da quel razzismo è stato ucciso.

La rabbia è troppa, non restare zitti, scendere in strada per ricordare Gora e lottare contro tutto questo è l’unica arma che ci resta.

Seguiranno aggiornamenti.

20 dicembre

Rete campagne in lotta – Comitato lavoratori e lavoratrici delle campagne

Qui, le ragioni e gli obiettivi della protesta dei compagni braccianti di Gioia Tauro spiegati dalla viva voce di un lavoratore in lotta:

https://www.facebook.com/CalabriaReportage/videos/146156827037035

Qui, un momento della protesta dei lavoratori braccianti di Gioia Tauro:

https://www.facebook.com/comitatolavoratoridellecampagne/videos/146042890375869


Qui di seguito, pubblichiamo il comunicato su questa giornata di lotta, che ci è appena arrivato da Campagne in lotta:

“Oggi i lavoratori della tendopoli di San Ferdinando e di tutta la piana di Gioia Tauro sono scesi in strada, scioperando, a seguito dell’omicidio, due giorni fa, del loro fratello senegalese Gora Gassama. In una manifestazione completamente spontanea e autorganizzata, oltre cinquecento persone hanno bloccato prima la statale su cui Gora è stato ucciso e, poi, l’autostrada, mostrando una determinazione che dà grande forza alle loro rivendicazioni. 

Se, infatti, l’assassinio di Gora è stato la scintilla che ha accesa questa fiamma, il razzismo, che oggi si esprime anche nelle parole di chi minimizza e di chi fa diventare Gora maliano, anziché senegalese, perchè tanto uno stato africano vale l’altro, lo sfruttamento e la repressione che l’hanno causato, e che ogni giorno i lavoratori vivono sulla loro pelle sono gli stessi da decenni. E, proprio come la morte di Gora, non sono accidenti del destino. Sono fatti che portano in causa precise responsabilità e che possono, devono, essere eliminati. I lavoratori, per questo, chiedono cose ben precise, per mettere fine a questa tragedia.

Documenti, che erano stati promessi, con una sanatoria, a seguito della grande mobilitazione del 6 dicembre 2019, ma che vi sono poi rivelati l’ennesimo miraggio.

Case, che in Calabria, come in molte altre parti d’Italia, sono pronte da anni, ma che vengono tenute vuote, con mille implausibili scuse, pur di non destinarle a coloro a cui spettano.

Rispetto dei contratti di lavoro e dei loro diritti, violati sempre ma ancor di più ai tempi del covid, come dimostrano le condizioni ancor più aberranti imposte in questi mesi nelle tendopoli e nei campi di lavoro.  

A fine giornata i lavoratori hanno ottenuto la promessa di un incontro, che dovrebbe svolgersi domani, con i sindaci della piana e con un rappresentante della prefettura. Una prima vittoria, certo, ma i lavoratori sono ben consci che tali promesse si sono spesso rivelate un modo per sviare la loro giusta rabbia, e sono pronti a tornare in strada se così dovesse essere anche questa volta. 

I lavoratori, infatti, sono determinati a far valere le loro rivendicazioni, come dimostra la protesta di oggi assieme anche alle molte attuate in questi mesi di pandemia, e sono anche ben coscienti che la via più efficace per arrivare a una vittoria è la lotta, perché solo la lotta paga. 

20 dicembre

Rete campagne in lotta – Comitato lavoratori e lavoratrici delle campagne