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[ITALIA] Quel pasticciaccio brutto del nuovo contratto metalmeccanici

QUEL PASTICCIACCIO BRUTTO

DEL NUOVO CONTRATTO METALMECCANICI

La metalmeccanica, si sa, è a sempre il settore “spia” dell’economia di un paese.

Sarebbero innumerevoli le considerazioni sistemiche da fare circa la perdita di centralità del settore a favore di un “terziario allargato”, in cui molti tendono a includere tuttoggi la logistica (noi propendiamo per una lettura che la vede invece come settore autonomo, produttore di valore in sé da quando la rivoluzione informatica ha connesso intimamente spostamento merci e accumulazione primaria in termini sia economico-commericali che di possesso di dati per le aziende della Gig-economy), ma è innegabile che il secondario continui a rimanere un settore indicatore.

Ciò a magior ragione perché ci troviamo alle fasi iniziali della “transizione ecologica”, che la si volgia intendere come ineluttabile cambiamento di paradigma produttivo o nei termini totalmente sussunti dal capitale di “greenwashing” agito dall’alto.

Ebbene, se un settore è fondamentale, fondamentali sono anche i contratti che regolano il conflitto fra gli interessi del capitale e del lavoro.In questo senso, in Italia è almeno dalla marcia dei 40.000 che i metalmeccanici perdono terreno a favore del padronato, tendenza ulteriormente rafforzata da quando gli accordi sulla concertazione sindacale stipulati fra governo e sindacati confederali hanno indebolito la conflittualità operaia e lo strumento dello sciopero.

Ma tutto questo non poteva certo prepararci a ciò a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi, un rinnovo del CCNL letteralmente incredibile, che le segreterie di CGIL, CISL e Uil hanno avuto il coraggio di spacciare agli operai come una grande vittoria.

Vediamo in cosa consiste nel merito, e facciamolo con le parole dirette del sito “il sindacato è un’altra cosa”, ovvero la “minoranza” della CGIL, organizzazione firmataria dello stesso contratto (visionabile qui ): “L’aumento sui minimi salariali è di 112 euro lordi al 5 livello (100 euro al 3 livello).

È una cifra certa e superiore all’IPCA, non era così nel precedente ccnl.

È evidente che questo è un fatto positivo.

Ma è stata ottenuta allungando la durata del ccnl, quindi spalmando l’aumento su più anni.

Il ccnl partirà infatti nel 2021 per finire a metà 2024 saltando il 2020 (per il quale i lavoratori hanno già preso un aumento, per effetto ancora del precedente ccnl, ma pari solo all’IPCA, cioè 12 euro al mese).

Di fatto, l’aumento copre un periodo di 4 anni e mezzo.

Un risultato quindi, in parte, illusorio e ben distante dalle rivendicazioni della piattaforma (circa 150 euro per 2020-2022, quindi 3 anni) e dalle sacrosante aspettative dei metalmeccanici, dopo il ccnl del 2016, con il quale avevano ottenuto aumenti irrisori, esclusivamente legati all’IPCA.Quello che a monte non condivido è che si sia arrivati a questo risultato decidendo di non giocare fino in fondo i rapporti di forza”.

Proprio dalla conclusione del comunicato traiamo il primo punto di perplessità: quattro ore di sciopero annunciate con mesi di anticipo.

Questo non è contrattare, è abdicare in partenza.

A maggior ragione dopo che il primo player del settore, la Fiat-FCA, ha ultimato una fusione con i francesi nella quale ha lasciato oltralpe l’intera direzione azinedale (leggesi: futuri certi licenziamenti in Italia) in cambio dell’incasso al primo CDA di un dividendo miliardario per la famiglia Agnelli-Elkann.

Il solito capitalismo “arraffone” all’italiana, in spregio a cent’anni di sovvenzioni statali nel momento del bisogno.

Ma un altro dettaglio ha catturato la nostra attenzione. Nel documento riepilogativo prodotto dalla CGIL Lombardia (visonabile qui), si legge infatti a pagina 4 che “dal 1 al 31 marzo le aziende comunicherano con affissione in bacheca ai lavoratori non iscritti ai sindacati la richiesta di una quota associativa di TRENTACINQUE euro a favore di CGIL, CISL e UIL da trattenere nel mese di giugno.

I lavoratori dovranno riconsegnare entro il 15 maggio un modulo in cui dichiarano se aderie o non aderire”.

Sappiamo fin troppo bene che moltissimi lavoratori non saranno messi in condizione o non avranno tempo di occuparsi di consegnare questo modulo, e che si preannunciano dei prelievi coatti in busta paga.

Ma ciò che colpisce è che l’associazione padronale operi così sfacciatamente a favore delle sigle confederali, addirittura adoperandosi per il prelievo in busta di una sostanziosa quota “extra” per finanziarli.

Noi non poniamo problemi di ordine legale, li poniamo di ordine etico.

E’ vero: siamo spesso i primi a criticare i “crumiri” che beneficiano delle nostre lotte (che a differenza dei confederali si accompagnano a denunce e bastonate) senza parteciparvi.

Ma qua siamo oltre: qua nessuna lotta è stata fatta, e si configura quindi una sorta di “tassa sulla non adesione ai firmatari del contratto”.

Il S.I.Cobas sostiene la più ampia e salda libertà di adesione sindacale.

A differenza dei confederali o di altre sigle di base in passato, si scorra la nostra bacheca, non abbiamo mai portato operai a manifestare contro scioperi altrui o contro altri sindacati, cosa che invece abbiamo subito unidirezionalmente più volte nel piacentino sia in tempi recenti che in anni passati e che è per noi grande prova di coglioneria a favor di padrone.

Però rivendichiamo il diritto a dire la nostra opinione e dare la nostra valutazione sull’attualità economica (e politica: visto il dinamismo di Landini nel legittimare il nascente governo Draghi…): questo rinnovo è una ciofeca, come una ciofeca sono state le gestioni di alcune crisi/chiusure aziendali nella metalmeccanica piacentina degli ultimi anni.

Le nostre porte sono aperte a quegli operai combattivi che non vogliano chinare la testa di fronte a questo lento ma continuo processo di erosione dei loro diritti, conquistati decenni fa con l’unico strumento che paga sempre (le vertenze dei facchini della logistica ce lo confermano): la lotta.

S.I. Cobas Piacenza