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[TORINO] Donne in lotta: il 6/3 conferenza con dibattito, verso lo sciopero internazionale dell’8 marzo

DONNE IN LOTTA

CONFERENZA CON DIBATTITO

VERSO LO SCIOPERO INTERNAZIONALE DELL’8 MARZO

SABATO 6 MARZO – ORE 16 – CORSO PALERMO 60

A un anno dall’esplosione dell’emergenza sanitaria, le condizioni di vita e salariali delle lavoratrici e dei lavoratori stanno ulteriormente peggiorando, e a pagare il prezzo della crisi sono soprattutto le donne.

I recenti dati Istat sono impietosi: dei 101.000 posti di lavoro persi in Italia nel dicembre 2020 a dispetto del cosiddetto “blocco dei licenziamenti”, oltre il 98% riguarda le donne; su base annua il 70% dei nuovi disoccupati sono donne.

Se si considera poi che prima della pandemia solo il 49,5% delle donne era occupata si comprende bene quale sia l’entità della macelleria sociale che, soprattutto in questa componente della classe lavoratrice, sta intervenendo per effetto della crisi e dell’uso della pandemia che il padronato nel suo insieme sta esercitando.

Se il passato e il presente non fossero bastati, il futuro che si disegna per le donne è il ritorno alle madri-fattrici, ricacciate in seno alla famiglia, sfruttate all’occorrenza per le esigenze capitalistiche in gran massa nei lavori più precarizzati quando non a nero, a maggior ragione se immigrata, in una catena di sfruttamento che sempre più spesso nega la sua stessa esistenza in vita se si ribella alla “vocazione sociale” che le è imposta, all’uso e abuso della sua capacità di autodeterminazione in una sorta di “appropriazione “sociale” del suo corpo in quanto riproduttore di braccia utili alla stessa capacità di produzione del profitto.Il tutto promosso dalla cosiddetta “ala femminista” della sinistra istituzionale e non che, a soluzione della questione, promuove non a caso lo smart working in fase pandemica per conciliare vita lavorativa e funzione riproduttiva e di cura, nulla mettendo in discussione dello sfruttamento femminile.

La funzione riproduttiva e di cura detta il calendario degli interventi padronali sul corpo stesso delle donne, limitandone e controllandone autodeterminazione e scelte conseguenti.

Oltre alla mercificazione tutta a senso unico e alle restrizioni poste dai mancati investimenti sul welfare in scuole, asili e ospedali, i diritti di divorzio e aborto conquistati dalla lotta delle donne come parte integrante delle lotte operaie dell’epoca, sono da tempo e oggi più che mai messi in discussione: la mancanza di autonomia economica e i sempre maggiori ostacoli posti all’aborto dalla percentuale impressionate degli obiettori di coscienza (che in alcune regioni sfiora l’80%), in un contesto in cui solo nel 60% degli ospedali del territorio nazionale l’aborto viene praticato, riduce di fatto ai minimi termini l’agibilità stessa dell’esercizio di un diritto.

E neanche serve la scienza a illuminarci sulla pillola abortiva, la RU486 che viene ospedalizzata e limitata con motivazioni al limite del fantasioso, tutto ad uso esclusivamente politico, quello del controllo sociale del corpo delle donne ad uso capitalistico.I cimiteri dei feti promossi da diverse giunte comunali o regionali sono l’icona macabra della “colpevolizzazione sociale” delle donne che esercitano il proprio diritto di autodeterminazione.I grandi movimenti delle donne in Polonia e in Argentina sul diritto di aborto parlano all’intera classe lavoratrice internazionale su quanto sia esiziale la difesa e l’affermazione di questo elementare diritto di autodeterminazione per le donne lavoratrici e della loro possibilità di emancipazione come agente moltiplicatore dei conflitti sociali in atto.

L’8 marzo va ben oltre la specificità di “genere”: gli attacchi alle donne sono parte integrante e inscindibile dalla più generale offensiva capitalistica contro i lavoratori e l’intera classe sfruttata, contro il diritto di sciopero e le agibilità sindacali sui luoghi di lavoro.

S.I. Cobas Torino