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[PRATO] Lavoratori Texprint in presidio sotto la Prefettura: aspettando il tavolo col Ministero del lavoro, avanti con la lotta

Adesso sotto la Prefettura di Prato:

https://www.facebook.com/SiCobasFirenze/videos/762689974430877

Ancora sotto la prefettura aspettando il ministro del lavoro Orlando:

https://www.facebook.com/SiCobasFirenze/videos/515740746092703

S.I. Cobas Prato e Firenze


VENERDI’ 7 MAGGIO SCIOPERO GENERALE CON MOBILITAZIONE

DI TUTTI I COBAS AZIENDALI DEL DISTRETTO TESSILE

ALLE 13:00 PRANZO AI CANCELLI DELLA TEXPRINT

IN BENEFICENZA ALLA FAMIGLIA DI LUANA

Luana D’Orazio, 23 anni.

Sabri Jaballah, 22 anni.

Le vite di due operai spezzate in poche settimane.

Accade a Prato, nel 2021, nel secondo distretto tessile d’Europa.

Orrore, tristezza, rabbia.

Non si tratta di “tragedie”.

La realtà è che nel distretto pratese gli infortuni sono quotidiani.

Dita amputate, mani schiacciate dai rulli, corpi ustionati dagli acidi o dai liquidi bollenti delle tintorie.

Infortuni molto spesso “occultati” e non dichiarati.

Vere e proprie mutilazioni che non conquistano l’onore delle cronache.

Ma è di queste che dobbiamo parlare oggi se non vogliamo altri morti domani.

Oggi siamo tutti d’accordo a definire “intollerabile” la morte di Luana.

Ma in questa città fino ad oggi si è tollerato di tutto: negli ultimi 20 anni, nel silenzio si è tollerato che il rispetto delle più elementari garanzie per la salute e la sicurezza diventassero carta straccia:

  • i turni di 12 ore senza giorno di riposo settimanale; il lavoro nero;
  • la più estrema precarietà contrattuale; lavoro notturno selvaggio;
  • negazione di tutele per la malattia e gli infortuni;

La magistratura ipotizza che Luana sia morta per la rimozione dei dispositivi di sicurezza del macchinario: questo accade quando si trasforma un distretto in una “zona franca” di norme e contratti.

E non fa clamore fino al momento della tragedia.

Continueremo a piangere “morti come cinquanta anni fa” finchè nel distretto pratese si lavora come cento anni fa.

Perché è lì che le lancette dei diritti nella “moderna” filiera del fast fashion si sono fermate, dove il meccanismo dell’appalto delle lavorazioni a “conto terzi” produce una corsa all’abbassamento dei costi di produzione e a farne le spese sono sempre i diritti e la sicurezza di chi lavora.

Oggi tutti parlano dell’assenza di “controlli”.

Noi invece vogliamo parlare di assenza della politica.

Troppo facile, per tutti, scaricare sull’assenza di controlli le responsabilità di quello che è accaduto.

Non solo perché è compito alla politica aumentare le risorse e gli strumenti a disposizione degli enti di controllo.

Ma soprattutto perché quando i lavoratori denunciano i controlli arrivano, chi governa il territorio, invece, resta alla finestra e in silenzio.

Così è successo e continua a succedere alla Texprint, dove da tre mesi per questi motivi gli operai sono in sciopero e presidio davanti alla fabbrica, solo ultimo esempio in ordine di tempo.

Insieme a questi operai, da più di 100 giorni, facciamo appello alle istituzioni a non girarsi dell’altra parte ed intervenire affinché nel Macrolotto e in tutte i capannoni del distretto sia applicato l’art. 41 della Costituzione Italiana:

“L’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana”.

E invece l’idea stessa di mettere dei limiti all’impresa, per chi governa questo territorio, sembra essere una bestemmia.

Ne vediamo ogni giorno i risultati.

Piuttosto che scaricare responsabilità su altri forse bisognerebbe prendersi le proprie, anche come organizzazioni sindacali. Perché dove il sindacato è forte la sicurezza dei lavoratori è più garantita.

Perché l’organizzazione sindacale dei lavoratori dentro l’azienda è quel controllo che può agire quotidianamente e con efficacia.

Per questo ci rammarichiamo di non essere arrivati in tempo, che nonostante il nostro impegno non riusciamo ancora ad essere in tutti i luoghi di lavoro.

Continueremo a spenderci e ad essere lì dove i lavoratori denunciano, lottano e cercano di trasformare le proprie condizioni.

Oggi quel luogo è la Texprint, dove anche qui si è tollerato troppo.

Turni di lavoro di 12 ore al giorno per 7 giorni a settimana, contratti di finto apprendistato per risparmiare su stipendi e contributi e gravi infortuni: come quello in cui Hamid ha perso un dito, Faisal si è tranciato una mano da parte a parte e Shah con la mano schiacciata da un cilindro e costretto a tornare a lavorare dopo due giorni.

Gli uomini delle istituzioni che oggi piangono i morti, sono ancora in tempo ad interessarsi degli operai ancora vivi che aspettano risposte e sostegno nella loro battaglia per la vita, i diritti e la dignità.

Si Cobas Prato e Firenze