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[CONTRIBUTO] Acque agitate nell’Oceano Indiano: Cina e India, segnali di un futuro conflitto

Acque agitate nell’Oceano indiano

Mentre la pandemia non si arresta mietendo vittime e gettando in miseria ampi strati di popolazione, proseguono i preparativi militari di India, Usa e altre potenze alleate da una parte e della Cina dall’altra per l’influenza nelle acque dell’Oceano Indiano, tradizionalmente considerato da Delhi propria area di influenza [1].

Lo scorso anno, anno dello scoppio della pandemia, a livello planetario la maggior spesa militare è stata quella degli Stati Uniti con 778 miliardi (pari al 3,7% del loro PIL, e al 39% della spesa militare mondiale), seguono la Cina con 252 miliardi (pari al 1,7% del suo PIL e al 13% della spesa militare globale) e l’India con 72,9 miliardi di $ (pari al 2,9% del suo PIL e al 3,7% della spesa militare mondiale).

Tutte e tre le spese hanno avuto un incremento rispetto al 2019, rispettivamente del 4,4% per gli USA, dell’1,9% per la Cina e del 2,1% per l’India (dati Sipri).

E… guarda caso… queste tre potenze sono le stesse principali potenze attrici della contesa nell’Oceano Indiano.

Se da una parte India e Stati Uniti concordano sulla necessità di contenere la Cina, dall’altra divergono rispetto ad alcune scelte di politica estera.

L’India fa l’occhiolino alla Russia con accordi su armamenti; gli Stati Uniti si tengono stretto il Pakistan, nemico di Delhi, quale guardiano dell’Afghanistan da cui ritirano le forze.

L’Australia poi, una delle quattro potenze del QUAD, l’alleanza contro la Cina, si mostra titubante ad inimicarsi Pechino, suo maggior partner commerciale.

Attriti tra potenze, però tutte concordi a subordinare le condizioni di vita, di lavoro e sanitarie delle lavoratrici, dei lavoratori e degli strati più disagiati della loro popolazione al perseguimento del profitto del Capitale, come hanno dimostrato le tragedie vissute durante questo anno e mezzo di pandemia Covid-19.

Tragedie in gran parte evitabili se i vari governi mondiali avessero anteposto il diritto alla vita e alla salute al profitto e alla contesa di potenza.

Aumentano povertà e diseguaglianze in India

Uno studio dell’Università Azim Premji (2021) stima che nell’ultimo anno circa 230 milioni di indiani sono stati spinti nella povertà, e tra questi è più che raddoppiato il numero degli “estremamente poveri” [2] , passato da 60 a 134 milioni, un incremento che rappresenta circa il 60% dell’incremento mondiale di estremamente poveri nell’anno della pandemia.

È cresciuto il tasso di povertà sia rurale che urbana, rispettivamente di 15 e 20 punti
percentuali.

E circa 150 milioni di lavoratori indiani sono rimasti senza lavoro alla fine 2020.

A causa dell’inflazione salita alle stelle, molti hanno dovuto ridurre i consumi di generi alimentari base, come le lenticchie.

Quasi il 12% della popolazione ha un lavoro occasionale, ma anche tra i lavoratori salariati regolari, pari al 41% delle famiglie urbane, prevale un’ineguaglianza dilagante.

Il 71% non ha un contratto di lavoro scritto; la metà non ha diritto alla previdenza sociale.

E anche la piccola borghesia [3] si è contratta di 32 milioni, un terzo circa.

Dopo 45 anni l’India, paese che aveva ridotto più velocemente la povertà al mondo, è quello che in un anno ha aggiunto il maggior numero di poveri al mondo, è tornata ad essere il “paese con povertà di massa”.

Ma questa è solo una faccia della medaglia, di una società divisa in classi, sempre più
polarizzata, in cui crescono le diseguaglianze.

Sull’altra faccia della medaglia, quella della borghesia, della classe al potere, si vede che, nel solo 2020, l’aumento della ricchezza dei primi 11 miliardari indiani era sufficiente per vaccinare l’intera popolazione indiana bisognosa.

Questa ricchezza sarebbe bastata anche finanziare programmi di assistenza come National Rural Employment Guarantee Act per i prossimi 10 anni [4].

La pandemia ha portato alla luce il disastro del sistema sanitario esistente.

L’India ha un rapporto medico-popolazione molto più basso dello standard dell’OMS di 1 su 1.000 abitanti.

Nelle zone rurali, il rapporto è di 1 su 25.000. Solo il 13% delle persone nelle zone rurali ha accesso ai centri di assistenza sanitaria di base e solo il 9,6% a un ospedale.

Per il 70% della popolazione, il numero di letti d’ospedale è inferiore alla media nazionale di 0,55 per 1.000 abitanti.

Anche la “più grande democrazia del mondo”, come è definito lo stato della borghesia indiana, ha scelto di accrescere la quota di spesa pubblica dedicata ad acquistare armi, dispiegare sottomarini, caccia, militari anziché utilizzarla per contenere la pandemia investendo in presidi medici, ospedali, attrezzature sanitarie, ricerca… e per garantire una vita dignitosa ai milioni di suoi cittadini che si sono trovati improvvisamente disoccupati e ricacciati nella miseria più nera.

Cina-India: segnali di un futuro conflitto [5]

In un’escalation di tensione, l’India ha inviato altri 50.000 soldati al confine cinese, dove ora ci sono 200.000 uomini pronti a combattere, un incremento di oltre il 40% dallo scontro, nel giugno 2020, sull’Himalaya, in cui sono morti 20 soldati indiani e un numero imprecisato di cinesi; ha anche spostato jet da combattimento al confine settentrionale.

Nelle aree cuscinetto di confine Delhi teme il consolidamento della presenza della Cina, all’opera con grandi infrastrutture, comprese le linee ferroviarie dentro e fuori il Tibet e giù fino al vicino Nepal.

L’Oceano Indiano sta divenendo una prima linea nella nuova guerra fredda dell’Asia.

La marina indiana ha inviato navi da guerra lungo le sue principali rotte marittime per tenere sotto controllo il commercio marittimo da e per la Cina.

Queste recenti manovre militari indiane sono state rese pubbliche in contemporanea ad un’esercitazione congiunta con la marina statunitense, la messa una messa in scena di cooperazione militare mirata alla Cina [6].

Stati Uniti e India hanno un interesse comune a contrastare la Cina, in particolare nell’Oceano Indiano – acque che l’India considera da tempo propria sfera di influenza – dove Pechino ha di recente compiuto incursioni per proteggere il suo commercio e per esercitare pressione.

Esistono tuttavia attriti tra Usa e India, che frenano l’instaurarsi di una salda alleanza contro la Cina.

L’India diffida della tradizionale relazione strategica di Washington con il suo nemico Pakistan, relazione che l’amministrazione Biden sembra voglia rafforzare per coprire il suo ritiro militare dall’Afghanistan.

Gli Stati Uniti rimproverano all’India i recenti acquisti di hardware militare dall’ex alleato Russia, con l’accordo per il sistema di difesa aerea indiano S-400 da 5,2 miliardi di dollari.

Da parte sua, la Cina ha usato gli schieramenti anti-pirateria per giustificare l’espansione della sua presenza navale nell’Oceano Indiano.

Pechino ha condotto una ricognizione sistematica nell’Oceano Indiano orientale, i cui dati, ufficialmente raccolti per scopi scientifici, sono rilevanti dal punto di vista militare in caso di guerra sottomarina.

E sottomarini cinesi sono stati di recente avvistati dall’India nelle acque attorno a sue isole, le Andamane e Nicobare, dove dal 2001 ha stabilito un Commando che coordina le attività nell’Oceano Indiano orientale di marina, esercito, aviazione e guardacoste.

Queste isole si trovano vicino allo Stretto di Malacca, attraverso il quale passa ben l’80% delle importazioni di energia della Cina.

Nello scorso decennio la strategia dell’India per l’Oceano Indiano è stata triplice: 1.
Costruzione di una infrastruttura navale-marittima; 2. Creazione della capacità di proiezione di potenza; 3. Rafforzamento delle relazioni con potenze preoccupate per l’ascesa della Cina.

Queste potenze sono le alleate dell’India in QUAD (Quadrilateral Security Dialog) a cui partecipano USA, Giappone, India e Australia.

Dopo, un periodo di latenza per i timori dell’Australia di inimicarsi la Cina, suo maggiore partner commerciale, dal 2017 (a latere del Vertice Asean) è stato rilanciato e rafforzato.

Infatti, alla teleconferenza dei rappresentanti del Quad del marzo 2020, ufficialmente sulla pandemia Covid-19, hanno partecipato per la prima
volta anche rappresentanti di Nuova Zelanda, Corea del Sud e Vietnam.

Dopo il riconoscimento, nel 2016, da parte statunitense di status di “importante alleato per la Difesa”, l’India ha inviato nel Mar Cinese meridionale una flottiglia di navi da guerra che affianca una task force USA-Giappone.

Assieme ad americani, giapponesi e ad altri alleati regionali ha partecipato a una serie di esercitazioni, chiamate “Malabar”.

Attualmente, l’India sta negoziando con l’Australia l’accesso alle isole Cocos (Keel-ing), un possedimento australiano nell’Oceano Indiano.

Prossimo passo dell’India in preparazione ad un confronto bellico, la costruzione di tre sottomarini d’attacco a propulsione nucleare e l’aggiornamento delle sue basi navali.

Note

[1] Il surriscaldamento della grande regione Asia e Oceania è evidenziato dalla spesa militare che qui, nel 2020, è aumentata del 2,5% rispetto al 2019 e del 47% rispetto al 2011, una tendenza alla crescita ininterrotta dal 1989. L’incremento deriva principalmente dagli aumenti di spesa di Cina e India, che insieme nel 2020 rappresentano il 62% della spesa militare totale nella regione.

[2] Pew Research Center, sulla dei dati della Banca Mondiale.

[3] Così classificati coloro che hanno un reddito quotidiano tra i 10,1 e i 20$ al giorno.

[4] Il National Rural Employment Guarantee Act 2005 (NREGA n. 42, poi rinominato “Mahatma Gandhi National Rural Employment Guarantee Act”, MGNREGA), è una legge indiana sul lavoro e una misura di previdenza sociale che volto al miglioramento della sicurezza dei mezzi di sussistenza nelle zone rurali, garantendo almeno 100 giorni di lavoro salariato l’anno a ogni famiglia i cui membri adulti si offrono volontari per fare lavori manuali non qualificati.

[5] Asia Times, 29.06.2021

[6] ll 23 e 24 giugno 2021, gli USA hanno condotto esercitazioni congiunte con l’India; la super-portaerei a propulsione nucleare USS Ronald Reagan, classe Nimitz, con la sua scorta e una flotta di jet da combattimento F-18 ha operato assieme a navi da guerra indiane, jet d’attacco anglo-francesi Jaguar, e jet da combattimento Sukhoi-30MKI, un aereo sviluppato dalla Russia prodotto su licenza in India.