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[INPS] Alcune considerazioni su smart working, green pass e sicurezza sul lavoro

ALCUNE CONSIDERAZIONI SU

SMART WORKING, GREEN PASS E SICUREZZA SUL LAVORO

In questi giorni due temi stanno focalizzando l’attenzione dell’opinione pubblica: il ventilato ritorno al lavoro in presenza di tutti i dipendenti pubblici e l’obbligo di green pass per tutti o alcune categorie dI lavoratori.

Non vogliamo qui soffermarci sulle vergognose quanto ignoranti affermazioni di Brunetta secondo cui solo alcune categorie di dipendenti pubblici (sanità, scuola, pubblica sicurezza) avrebbero fornito servizi ai cittadini, quelle affermazioni sono smentite dal fatto che, pur lavorando da remoto e all’inizio con mezzi di fortuna, i lavoratori pubblici, e nel caso specifico i dipendenti INPS, hanno continuato a fornire gli stessi servizi ai cittadini (liquidazione e pagamento di pensioni e prestazioni) più tutti quelli imposti dalla situazione di emergenza (estensione della cassa integrazione, indennità covid, reddito di emergenza, etc).

Ciò che ci preme è rispondere a due domande:

  • In questa fase della pandemia è possibile il rientro in sicurezza di tutti i dipendenti pubblici visto il sovraffollamento di alcuni luoghi di lavoro e, soprattutto, del trasporto locale?
  • Lo smart working, è veramente quello strumento di conciliazione tra vita e lavoro che ci vogliono far credere o è stato uno strumento di perdita dei diritti a tutto vantaggi dei datori di lavoro pubblici e privati?

Alla prima domanda rispondiamo che non ci sono al momento le condizioni per far rientrare i lavoratori in sicurezza, visto il sovraffollamento di alcune sedi e del trasporto locale, su cui ben poco è stato fatto.

Per quanto riguarda lo smart working riteniamo che, benché sia stato uno strumento indispensabile durante la pandemia, abbia comportato la perdita di una serie di diritti su cui sarà difficile tornare
indietro.

Ma vediamo, nel dettaglio gli elementi su cui riteniamo vi sia stato un arretramento di diritti nell’utilizzo dello smart working:

  • Arretramento dal punto di vista economico:

nel pubblico impiego e anche in molte aziende private si è approfittato dello smart workng per non riconoscere ai lavoratori né il buono pasto, né gli eventuali straordinari.

Sono stati inoltre posti a totale carico dei lavoratori i costi di connessione, energia elettrica, riscaldamento e, in molti casi ,soprattutto all’inizio, l’adeguamento degli strumenti informatici (molti dipendenti con PC obsoleti hanno dovuto acquistarne di nuovi per poter continuare a lavorare).

  • Arretramento dal punto di vista della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro:

la maggior parte dei lavoratori posti in smart working si è dovuta ricavare in fretta e furia postazioni di lavoro nell’ambito domestico che non hanno certo le caratteristiche ergonomiche richieste sul posto di lavoro, con gravi conseguenze sull’apparato muscolo scheletrico.

Inoltre i PC portatili, utilizzati in modo massivo nel lavoro da remoto, hanno comportato rischi maggiori per la vista.

Le sollecitazioni esercitate dai datori di lavoro per erogare servizi in breve tempo, vista l’emergenza economica in cui versava una parte sostanziale del paese, hanno fatto saltare tutte le regole previste dal T.U. 81, ivi comprese le pause per addetti ai videoterminali.

  • Arretramento dal punto di vista dei diritti:

Lo smart working ha portato a uno sfilacciamento del tessuto sociale lavorativo limitando le possibilità di confronto tra i lavoratori non solo dal punto di vista lavorativo ma anche da quello sindacale.

La conseguenza è stata spesso l’imposizione di tempi e ritmi di lavoro simili al cottimo che hanno determinato confusione tra orario di lavoro e vita privata lasciando senza difese i lavoratori più deboli e ricattabili.

  • Arretramento dal punto di vista dei diritti delle donne:

Si sostiene da più parti che lo smart working serva soprattutto alle donne per coniugare i tempi di lavoro con la cura della famiglia e dei figli.

E’ proprio questa impostazione arcaica che condanniamo perchè proprio grazie allo smart working è stato scaricato totalmente sulle spalle delle donne il peso della cura deifigli e della casa.

Non vogliamo qui sostenere che lo smart working sia sempre e comunque negativo perché può garantire in casi particolari (pensiamo ai pendolari che ogni giorno devono prendere treni affollati o percorrere chilometri in macchina sulle tangenziali intasate di traffico) il miglioramento delle condizioni di vita ma non condividiamo chi vede nello smart working un elemento di grande progresso perché il lavoro è anche incontro, vita sociale, scambio sindacale e pensare che il rinchiudersi da soli in casa a lavorare sia il progresso è una follia, si tratta solo di un grande risparmio per le aziende pubbliche o private che siano.

Per tutte queste ragioni pensiamo che un graduale ritorno alla normalità, cioè al lavoro in presenza, al confronto tra colleghi, dovrebbe essere auspicabile ma non certo con i tempi e i modi previsti dal Ministro Brunetta e, soprattutto, debba essere valutata attentamente l’esistenza di effettive condizioni di sicurezza rispetto alla pandemia, condizioni che – a tutt’oggi- non esistono né rispetto al trasporto pubblico, né rispetto al sovraffollamento di alcune sedi INPS (Via Silva in primis) dove i lavoratori sono stati stipati come sardine rendendo impossibile il rispetto di qualsiasi protocollo di sicurezza.

Per quanto riguarda, invece, l’obbligo del green pass sui luoghi di lavoro, riteniamo che sia un modo vigliacco per scaricare l’onere della sicurezza sui singoli lavoratori assolvendo i datori di lavoro, sia nel pubblico che nel privato, dal rispetto dei protocolli sulle misure di sicurezza anticovid.

Come sindacato auspichiamo che a vaccinarsi sia il numero più alto possibile di lavoratori ma creare la falsa illusione che, una volta vaccinati, non vi sia più il rischio di contrarre il covid, vuol dire creare false sicurezze che inducono i lavoratori a non rispettare gli obblighi di distanziamento, mascherina, lavaggio delle manI che sono oggi ancora necessari per evitare il diffondersi del contagio anche tra i vaccinati.

Inoltre, non possiamo dimenticare, l’inadeguatezza del sistema sanitario nella gestione della pandemia, un sistema depauperato per anni di risorse a favore dei privati e che ha smantellato completamente l’attività di prevenzione e cura sul territorio.

Invece di imporre il green pass nei luoghi di lavoro il governo dovrebbe potenziare la sanità territoriale e imporre ispezioni a tappeto nei luoghi di lavoro per verificare il rispetto delle norme poste a tutela della salute e sicurezza.

L’enorme numero di incidenti sul lavoro a cui assistiamo ogni giorni dimostra quanto poco siano applicate tali norme nei luoghi di lavoro.

E’ per questi motivi che restiamo contrari all’introduzione dell’obbligo di green pass nei luoghi di lavoro.

13 settembre 2021

S.I. Cobas Inps Milano