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[CONTRIBUTO] Il pubblico ministero Storari e lo sfruttamento nella logistica. Qualche verità, e tre colossali dimenticanze

Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):

IL PM STORARI E LOS FRUTTAMENTO NELLA LOGISTICA

QUALCHE VERITA’ E TRE COLOSSALI DIMENTICANZE

In un convegno organizzato qualche giorno fa da Usb su esternalizzazioni e appalti, tra i relatori – cosa alquanto curiosa – c’era anche il p.m. milanese Paolo Storari, della direzione distrettuale anti-mafia. Il suo intervento merita un commento perché contiene qualche verità (scomoda per le istituzioni dello stato), ma si fonda su una colossale dimenticanza.

Anzi: su tre colossali dimenticanze.

La verità – certamente non nuova per noi, ma è comunque utile sentirla da un funzionario dello stato – è che nella logistica dominata dalle multinazionali è generalizzato il ricorso agli appalti e ai sub-appalti a cooperative molte volte (o quasi sempre?) “spurie”, che sistematicamente evadono il pagamento dell’Iva e dei contributi anche ricorrendo al fallimento programmato attraverso la bancarotta. Ed è altrettanto generalizzato il sotto-salario (“lavoratori che guadagnano 700 euro al mese”), corrispettivo del super-sfruttamento del lavoro. La catena multinazionali-consorzi-singole cooperative che nascono e opportunamente muoiono dopo aver esportato all’estero i propri profitti ingloba, secondo questo magistrato, la criminalità organizzata da un lato (“che gestisce alcune cooperative”) e le strutture sindacali complici dall’altro (“in molti siti i sindacati prendono il grano”).

A Cgil-Cisl-Uil, non nominate esplicitamente, Storari imputa anche di essere implicate nella diretta gestione di alcune cooperative, e di limitarsi ad “accompagnare” il continuo cambio delle cooperative accettando sostanzialmente questo sistema di metodica evasione fiscale, di mazzette a go-go, e di perdite salariali dei lavoratori. La situazione prevalente nella logistica, descritta in modo piuttosto realistico, si completa con il ricorso – là dove ci sono “problemi sindacali” – a bande private di picchiatori che, come nel caso della Tnt, vengono messe in moto non solo contro i lavoratori, ma anche contro i padroncini che chiedono aumenti delle tariffe ai committenti.

Il merito che Storari ascrive a sé e alla “politica giudiziaria”, cioè alla magistratura nel suo insieme, è di avere ficcato il naso nel comportamento delle multinazionali (Uber, Dhl, Brt, Geodis, Shenker, etc.) obbligandole ad internalizzare molti lavoratori e recuperando centinaia di milioni di Iva non pagati. E qui diamo l’alt al p.m. Storari perché dimentica tre elementi di realtà dal peso colossale.

Il primo è che da 15 anni esatti, a partire dalla lotta alla Bennet di Origgio (MI) e di Turate (MI), i facchini della logistica – in grandissima maggioranza immigrati – hanno dato vita ad un forte ciclo di lotte che ha portato alla luce quel meccanismo sistemico di super-sfruttamento del lavoro che Storari sembra avere scoperto solo attraverso le indagini della guardia di finanza. Se vuole documentarsi meglio, possiamo consigliargli la lettura di Carne da macello, il libro pubblicato dal SI Cobas nel 2017, con una serie di successive integrazioni.A sollevare il velo su questa giungla, e a disboscarne almeno una parte con la forza dell’organizzazione operaia, è stata la lotta di classe degli sfruttati. È stato il sindacalismo combattivo e “di base” – prima lo Slai Cobas, poi principalmente il SI Cobas, una strada seguita in seguito, seppure con modalità di lotta meno radicali, anche da altre sigle del sindacalismo di base; le indagini della magistratura sono giunte tardive e molto, molto, molto parziali.

Del resto lo stesso Storari ha riconosciuto che il fenomeno delle cooperative “spurie” risale al 1955 e che la relazione dello scorso anno di una Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema degli appalti è stata coperta da un totale silenzio.

Ed è questo il punto: la legislazione, lo stato, i governi da decenni favoriscono sistematicamente la cosiddetta flessibilità del lavoro, cioè la precarizzazione dei rapporti di lavoro e la massima frammentazione possibile della classe lavoratrice; e appalti, sub-appalti, cooperative si prestano a meraviglia allo scopo. I “codici degli appalti” sono fatti a questo scopo. Ed è sicuro che il governo Meloni, che programmaticamente non intende “dare fastidio” ai padroni, completerà l’opera dei precedenti governi. Lo farà anzitutto con il dare via libera di fatto (le norme seguono) al dispotismo padronale più estremo: a cosa se non a questo, attribuire l’aumento esponenziale negli ultimi mesi dei morti sul lavoro?

La seconda grave dimenticanza è che in questi tre lustri l’attivismo della magistratura – parliamo dell’istituzione nel suo complesso, non dei singoli giudici – lungi dall’andare a toccare gli interessi delle multinazionali, si è scatenato contro i lavoratori in lotta, le loro organizzazioni di lotta (fino all’accusa reiterata di “associazione per delinquere”), gli scioperi, i picchetti, i compagni solidali, etc..

E ha coperto sistematicamente, e in alcuni casi promosso, l’intervento di carabinieri, polizia e bande di mazzieri private contro le lotte operaie, fino a casi di spudorata complicità soggettiva diretta con i singoli padroni (vedi Modena e Piacenza: singoli magistrati che “prendono il grano” o il corrispettivo del grano…). I procedimenti aperti contro le lotte dei facchini e dei driver della logistica ammontano a centinaia: strano davvero che il p.m. Storari non ne abbia notizia. Con buona pace dei “sinceri democratici”, infatti, lo stato borghese non è, non è mai stato, e mai potrà essere un arbitro super partes.

Il terzo dato di realtà dimenticato da Storari è che l’internalizzazione dei lavoratori degli appalti, delle cooperative, è da decenni una rivendicazione delle lotte operaie più radicali (partita a fine anni ‘60 nell’area industriale di Marghera e all’Alfa Sud di Pomigliano), che è stata ripresa dalle recenti lotte nella logistica dal SI Cobas e da altri settori del sindacalismo “di base”, ma sta avvenendo nell’ultimo biennio in modalità anti-operaie (nello scontato silenzio della magistratura di cui Storari rivendica i “valori”). Valga per tutti quanto fatto da Tnt-FedEx, a cui il battage dell’internalizzazione è servito a chiudere il magazzino di Piacenza, vero epicentro di lotte per anni ed anni, e ad escludere dalle assunzioni dirette molti lavoratori combattivi,. In altri casi, vedi Dhl, sono in atto processi di parziale internalizzazione nei quali, però, i lavoratori delle cooperative perdono, almeno in parte, i miglioramenti salariali e normativi conquistati con le lotte – mentre il ricorso alle cooperative è sostituito con quello alle altrettanto infami, di regola, agenzie interinali.

C’è poco da fare: anche un p.m. che dice di credere all’“uso alternativo del diritto” propugnato dal democratismo radicale di Pietro Barcellona, soffre di colossali dimenticanze dall’inequivocabile segno classista. A cui ne aggiungiamo un’altra: il diritto borghese, che la magistratura è chiamata ad applicare, è costituzionalmente storto a favore della classe degli sfruttatori.

Quindi, hai voglia a cercare di usarlo in modo “alternativo”!

La lotta degli sfruttati può utilizzare alcune sue contraddizioni, create proprio dal conflitto di classe, ma deve ricordare sempre da che parte stanno le istituzioni dello stato in quanto tali – al di là delle “intenzioni” di suoi singoli appartenenti.