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[ITALIA] Fare sciopero con picchetto non è reato. Per la libertà sindacale in tutti i luoghi di lavoro

Scioperare e bloccare le merci non è reato.

Ma aziende, Questure e Procure non se ne riescono a fare una ragione.

A ribadire il concetto però è stato il Tribunale di Milano.

Prima era stato quello di Brescia, prima ancora quello di Modena.

E prima altri ancora. Nello stesso giorno in cui il Tribunale di Milano conferma l’archiviazione del procedimento penale contro i lavoratori della Unes accusati di “violenza privata”, a Prato la polizia bussa alle porte di casa dei lavoratori della Texprint e solidali per consegnare nuove denunce per il famigerato reato di “Violenza privata” (lo stesso che era stato contestato a Milano e che viene contestato sistematicamente contro gli scioperi).

Eppure la sentenza è davvero molto chiara.

Ed è, lo ripetiamo, l’ennesima.

“La semplice presenza in un picchetto di molte persone finalizzato ad ostacolare gli automezzi in entrata o in uscita dallo stabilimento industriale” in assenza di “violenza o minaccia” non può essere “penalmente rilevante” perché diventerebbe “uno strumento di repressione della libertà sindacale e del diritto di sciopero e, in ultima analisi, una misura antidemocratica”.

La “semplice ostruzione dei cancelli” con “la propria presenza fisica” da parte dei lavoratori – si legge nelle 18 pagine dell’ordinanza – “un esercizio legittimo” della libertà sindacale e del diritto di sciopero.

Prima e dopo questa sentenza, ci scommettiamo, continueremo a vedere eserciti di poliziotti sgomberare, trascinare sull’asfalto e manganellare operai che picchettano i cancelli. In nome non si sa di quale legge.

E lavoratori (a Prato sono un centinaio almeno) trascinati in tribunale per avere rivendicato diritti e, molto spesso, il rispetto di leggi e contratti violati impunemente dalle aziende.

Che sia a #MondoConvenienza, o in una fabbrica del Macrolotto o in una logistica in valle padana.

Nulla di cui stupirsi.

Questure e Procure, quelle di Prato in particolare, vivono nell’ossessione di riuscire a torcere il codice penale contro le lotte sociali.

Si “dimenticano” la Costituzione e cercano un reato da brandire contro le storiche, pacifiche e legittime pratiche del movimento operaio.

Quelle che hanno generato con il conflitto i Contratti Collettivi Nazionali e lo Statuto dei Lavoratori.

E attorno a loro, ci scommettiamo, continueranno ad esserci i vari Biffoni di turno che chiameranno in causa ad ogni occasione una presunta questione di legalità contro le lotte degli operai, tacendo complicemente sull’illegalità imprenditoriale che dilaga sul territorio che amministrano.

Prima e dopo questa sentenza, ci possono scommettere, continueranno a incontrare la pacifica resistenza e testarda ostinazione di chi non vuole rinunciare al diritto che in ogni posto di lavoro viene prima di tutti gli altri, perché è il diritto di conquistarsi diritti e si chiama diritto di sciopero.

Almeno di questo, prima o poi, se ne faranno una ragione!

23 ottobre,

S.I. Cobas Prato e Firenze