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[PALESTINA] Stop al genocidio! Basta piccoli morti in Palestina

Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dalle compagne del Comitato 23 settembre, già disponibile sulla loro pagina (vedi qui):

Queste foto [vedi qui] sono state esposte ieri a Genova durante un presidio promosso da varie realtà cittadine insieme al sindacalismo di base per denunciare gli accordi fra Iren e Mekorot, società israeliana che depreda la più basilare possibilità di sopravvivenza per il popolo palestinese: l’acqua!

La voce di giovani palestinesi e di tante studentesse si è levata forte ed emozionata davanti alle telecamere RAI per dire BASTA a questo stillicidio di piccole morti, ricordando anche i 19.000 orfani che il genocidio sta lasciando a Gaza e in Cisgiordania nella sua scia di orrori.

La repressione che si sta abbattendo in questi giorni davanti alle sedi Rai per denunciarne il silenzio sul genocidio in atto in Palestina colpisce allo stesso modo i lavoratori e le lavoratrici quando scendono in sciopero in difesa del posto di lavoro, armati solo della loro persona e della coscienza di classe.

Questa sistematica repressione è un segno evidente di come queste azioni colpiscono gli interessi di padronato e governo.

La marea montante, l’ “Onda alta” di quanti si oppongono soprattutto fra i/le giovani e gli/le studentesse ci dice che l’azione collettiva è l’unica strada capace di contrastare la prospettiva di guerra sempre più ampia che questo governo è impegnato a portare avanti.

Ci uniamo a questa lotta chiamando tutti, ma in particolare le donne italiane ed immigrate, le disoccupate e le lavoratrici a partecipare, insieme ai Giovani palestinesi d’Italia, alla giornata di sciopero del 23 febbraio indetto dal S.I. Cobas contro il genocidio in Palestina e contro tutte le guerre imperialiste e alla manifestazione nazionale che si terrà il 24 febbraio a Milano.

Chi vuole altre migliaia di Hind, invada Rafah! – Gideon Levy

L’opinione pubblica israeliana deve svegliarsi, e con essa l’amministrazione Biden. Questa emergenza è più grave di qualsiasi altra durante questa guerra.

L’unica cosa che possiamo fare ora è chiedere, implorare, piangere: non entrate a Rafah. Un raid israeliano su Rafah costituirebbe un attacco al campo profughi più grande del mondo. Trascinerà l’esercito israeliano a commettere crimini di guerra di una gravità che nemmeno lui stesso ha ancora raggiunto. In questo momento è impossibile invadere Rafah senza commettere crimini di guerra. Se le Forze di Difesa Israeliane (IDF) invadessero Rafah, la città diventerà un’impresa di pompe funebri.

Attualmente a Rafah si contano circa 1,4 milioni di sfollati, alcuni dei quali si stanno rifugiando sotto sacchetti di plastica trasformati in tende. L’amministrazione americana, presunta custode della legge e della coscienza israeliana, ha condizionato l’invasione di Rafah al piano israeliano di evacuare la città. Non esiste e non può esistere un piano del genere, anche se Israele riuscisse a inventare qualcosa.

Nella devastata Striscia di Gaza non c’è più nessun posto dove andare. È impossibile trasportare un milione di persone totalmente indifese, alcune delle quali già sfollate due o tre volte, da un luogo “sicuro” a un altro, luoghi che diventano sempre campi di sterminio. È impossibile trasportare milioni di persone come bestiame. Nemmeno il bestiame può essere trasportato con tanta crudeltà.

Inoltre, non c’è nessun posto dove evacuare questi milioni di persone. Nella devastata Striscia di Gaza non c’è più nessun posto dove andare. Se i rifugiati di Rafah verranno trasferiti ad Al-Mawasi, come proporrà l’IDF nel suo piano umanitario, Al-Mawasi diventerà teatro di un disastro umanitario come non abbiamo mai visto nella Striscia.

Yarden Michaeli e Avi Scharf riferiscono che l’intera popolazione della Striscia di Gaza, 2,3 milioni di persone, dovrebbe essere evacuata in uno spazio di 16 chilometri quadrati, grande all’incirca quanto l’aeroporto internazionale Ben-Gurion. Tutta Gaza nello spazio aeroportuale, immaginatevi.

Amira Hass ha calcolato che se un milione di persone si recasse ad Al-Mawasi, la densità abitativa sarebbe di 62.500 persone per chilometro quadrato. Ad Al-Mawasi non c’è niente: niente infrastrutture, niente acqua, niente elettricità, niente alloggi. Solo sabbia e ancora sabbia, per assorbire il sangue, i liquami e le epidemie. Pensare a questo non solo fa gelare il sangue, ma mostra anche il livello di disumanizzazione che Israele ha raggiunto nella sua pianificazione.

Il sangue verrà versato ad Al-Mawasi, come è stato recentemente versato a Rafah, il penultimo rifugio sicuro offerto da Israele. Il servizio di sicurezza dello Shin Bet troverà un funzionario affiliato ad Hamas che dovrà essere eliminato lanciando una bomba da una tonnellata sulla nuova tendopoli. Moriranno venti passanti, la maggior parte dei quali bambini. I corrispondenti militari ci racconteranno, con occhi lucidi, del meraviglioso lavoro che l’IDF sta facendo per liquidare l’alto comando di Hamas. La vittoria totale è vicina; ancora una volta gli israeliani saranno soddisfatti.

L’opinione pubblica israeliana deve svegliarsi, e con essa l’amministrazione Biden. Questa emergenza è più grave di qualsiasi altra durante questa guerra.

Gli americani devono bloccare l’invasione di Rafah con i fatti, non con le parole. Solo loro possono fermare Israele.

Il settore cosciente della comunità israeliana cerca fonti di informazione diverse dalle emittenti locali, che trasmettono “caramelle per i soldati” e che si autodefiniscono canali di notizie. Guardate le immagini di Rafah su qualsiasi canale straniero – non vedrete nulla in Israele – e capirete perché non può essere evacuata. Immaginate Al-Mawasi con i due milioni di sfollati e capirete come proliferano i crimini di guerra.

Sabato è stato ritrovato il corpo di Hind Hamada, una bimba di sei anni. Questa bambina era diventata famosa in tutto il mondo dopo i momenti di terrore che lei e la sua famiglia hanno vissuto il 29 gennaio davanti a un carro armato israeliano – momenti che sono stati registrati in una telefonata con la Mezzaluna Rossa palestinese, fino alla cessazione degli attacchi. Tutti gli otto membri della sua famiglia sono morti.

Hind è stata trovata morta nell’auto bruciata di sua zia in una stazione di servizio a Khan Yunis. È stata ferita e ricoperta dai sette cadaveri dei suoi parenti; è morta dissanguata prima di poter scendere dal veicolo. Hind e la sua famiglia avevano risposto all’appello “umanitario” di Israele di evacuare. Chi vuole altre migliaia di Hind, invada Rafah, la cui popolazione sarà evacuata ad Al-Mawasi.