Il senso della nostra partecipazione!
Il S.I. Cobas ha presentato i candidati al San Martino e per la prima volta al Comune di Genova, oltre che in altre realtà italiane come al comune di Torino o in regione Lombardia e in regione Calabria.
Al San Martino giusto ieri si è costituita la commissione elettorale e nulla vi è stato da obbiettare alla validazione della nostra lista. Presenteremo 5 candidati e l’obbiettivo minimo da realizzare è l’elezione almeno di un nostro candidato.
In questa sede è inutile rilevare la pochezza di vita sindacale in quest’organismo. Siamo lontani da una rappresentanza che muove dal basso e che ascolta i lavoratori. Lavoratori che, d’altro canto, hanno poco o niente da dire. Domina la rassegnazione, passività, sfiducia, indisponibilità ad affermare una visione collettiva.
La vera linea sindacale è la chiusura, l’isolamento. L’unica dimensione sindacale praticata dalla maggioranza degli addetti è una sorta di approccio strumentale con il sistema di sottopotere sindacale per avere favori (piccoli favori) o quantomeno non essere danneggiati da chi, di fatto, ha preso in appalto la mobilità aziendale.
La sigla che meglio incarna questa pratica anti sindacale è la Cisl che non ha remore a essere e presentarsi come estensione dell’azienda. Vale per questi il comandamento “ti difendiamo da tutto ma a condizione di non danneggiare l’azienda”. In questa tragica schermaglia di chi usa chi, è facile intuire chi perde. Perdono tutti i lavoratori e si perde l’idea stessa di sindacato.
Le altre sigle confederali operano sullo stesso spartito ma con minore successo. Qualche superstite pulsione di sinistra si avverte il qualche isolato militante della CGIL ma prontamente soffocata dal potere degli apparati territoriali.
Frequenti sono gli inviti, rivolti a noi, per contrastare le destre. Che cos’è la destra, che cos’è la sinistra è, per questi, l’enigma di Giorgio Gaber tuttora irrisolto. Il non vedere le classi e la lotta di classe li porta inevitabilmente ad abitare il limbo degli interessi interclassisti e di conseguenza essere schierati con l’azienda. Questo è il punto di partenza che porta alla difesa della cosiddetta economia nazionale, all’incremento delle spese militari e a una nuova pedagogia che chiama alle armi. Affiancarsi agli interessi padronali è come scivolare sul piano inclinato costruito da queste premesse. Solo una conseguenza.
Scoprire che i contratti che si firmano sono a perdere e che abbiamo i salari più bassi del cosiddetto mondo occidentale, viste le premesse, non dovrebbe suscitare nessuna meraviglia.
Capitolo a parte Nursing Up, rappresentano l’ambizione sospesa a mezz’aria. Essere lavoratori salariati (tutt’altro che privilegiati) ma non sentirsi tali perché catapultati ad un passo dall’essere riconosciuti professionisti e quasi medici è una manifestazione di falsa coscienza. Una (in) evoluzione della specie finita male; da infermieri a “paramedici”.
Ma tant’è l’orgoglio di sentirsi altro dai normali lavoratori salariati e l’ostinazione a raccontarsi come una “razza” di lavoratori a parte produce una droga leggera, un’illusione che porta ad affondare, pero un po’ meno (per questi sembra essere appagante) di categorie assolutamente plebee come gli OSS, con e senza S aggiuntive ecc. Esibire un portamento di nobiltà professionale ma con tante pezze al sedere ricorda il Conte Oliver del fumetto Alan Ford. Nella pratica e nelle scelte però alla fine si allineano, sia nel firmare i contratti nazionali e sia nelle scelte aziendali, come fosse una CISL di serie B.
È sparita dopo tanti anni di presenza ai tavoli la rappresentanza sindacale riconducibile a Lotta Comunista. Nell’ambiente genovese dove forte è il peso di quest’organizzazione nella CGIL, è come trovarsi di fronte ad un campionato di serie A senza la Juventus.
C’è poco da gioire, questo è sintomo di un venir meno, tra i lavoratori della sanità, di un sentire che si riconosceva a sinistra.
Evidentemente questo prova che si possono agitare tutte le bandiere rosse nei primi maggio internazionalisti ma se la pratica sindacale si esaurisce nell’essere un’opposizione interna alla CIGL utile solo alle scalate nell’organigramma di quest’organizzazione si finisce per non vedere la classe e i suoi bisogni e ridursi a recitare la parte degli “enfant terrible” del sottoscala istituzionale.
Rivoluzionari sì ma con prudenza. Attaccare puntualmente la linea della CGIL ma allinearsi sempre puntualmente alla casa madre alla fine della ricreazione porta a tutto questo.
Quale spazio per noi? Non certamente quello assegnato alla RSU. Espletato il rito della costituzione e d’insediamento del nuovo parlamentino dei delegati, la nuova RSU si svolgeranno uno o al massimo due incontri all’anno. Questo è il riscontro degli ultimi anni e non certamente un volere pensare negativo per partito preso.
Le risorse, dal contratto nazionale (una miseria) messe a disposizione per la contrattazione aziendale solo il 10% (di nuovo una miseria) dimostrano che le scelte sono decise altrove, sono prese da altri, sono prese contro di noi.
Comune di Genova La nostra lista al Comune, la più grande aggregazione di lavoratori a Genova, è un debutto assoluto. Mai eravamo stati presenti. Con la miriade di appalti che ruotano intorno al Comune, si configura come un ganglio fondamentale della vita economica e sociale della Città. La nostra presenza tra i lavoratori del settore serve a ribadire che un sindacato classista deve provare a essere presente in tutti i settori. La nostra vocazione intercategoriale sta a significare che di là dall’organizzazione capitalistica del lavoro noi ci riconosciamo parte di una medesima classe. Alla settorializzazione delle attività produttive e dei servizi che tendono a dividere, noi lavoratori dobbiamo predisporci anche sul piano dell’organizzazione sindacale a unificare tutti i salariati per evitare fughe professionali e di mestiere.
Entriamo in questa nuova esperienza di lavoro sindacale consapevoli che abbiamo molto da imparare. Per evitare di affrontare le problematiche del settore con un approccio generale e astratto dobbiamo entrare nelle situazioni specifiche e questo implica che dobbiamo stabilire una fitta rete di relazioni con i lavoratori e preferire le proiezioni esterne per non chiuderci su convinzioni, certamente fondate, ma non propagandate e non divulgate.
Durante la raccolta delle firme, abbiamo toccato con mano quanto può essere nocivo chiudersi in una sorta di autoreferenzialità e lanciare proclami alla ristretta area di nostri simpatizzanti, infatti, abbiamo scoperto che il S.I. Cobas che ha fatto parlare di sé per via del protagonismo nelle lotte e per gli scioperi che hanno interessato tutta la penisola, con echi anche all’estero, fosse ai più ignorato dai dipendenti.
Il chiudersi nel microcosmo delle chat è un pericolo perché può precluderci la possibilità per sviluppare un vero lavoro di massa. Per arrivare ai lavoratori, al netto delle forze a nostra disposizione, tra gli strumenti da privilegiare vi è la distribuzione di volantini direttamente ai lavoratori.
Ci confronteremo con le solite sigle del sindacato confederale. Rispetto a questi dobbiamo capire qual è la forza che esprimono e se ci sono alle loro interne contraddizioni da sfruttare. Intanto la CISL presenta il più alto numero di candidati, 56. Sappiamo che la CGIL che non gode per niente di buona salute ha comunque un buon numero di candidati,51. La UIL 25. È presente oltre a questi l’USB con 7 candidati, il CSA Regioni Autonome Locali, e le CSE FLPL. Queste ultime due sigle sono dei contenitori di pezzi di sindacalismo vario con caratterizzazioni professionali ad esempio: polizia locale.
Rimane una montagna da scalare per riuscire ad avere nostri delegati ma confidando nell’impegno dei compagni e avendo la consapevolezza di essere l’unica forza autenticamente di classe (non basta essere di sinistra) possiamo riuscire nell’impresa. Ci era sembrato già un compito improbo raccogliere le firme per essere ammessi alla gara elettorale ma alla prova dei fatti abbiamo sconfitto il nostro stesso pessimismo. È un buon viatico.
Conclusioni. Assodato che l’ambito di azione della RSU è asfittico e poco o niente vi è deciso, c‘è tutta una prateria di attività da sviluppare tra i lavoratori. Può essere l’elemento di contraddizione contro la rassegnazione. Possiamo fare della RSU una tribuna non per muovere le coscienze di chi si è venduto da qualche tempo al padrone aziendale ma una tribuna per parlare a tutti i lavoratori e chiarire passo passo tutti gli imbrogli e i raggiri che si architettano in questo finto organismo democratico.
Parteciparvi ed essere eletti vuol dire usare spazi di agibilità politica che sarebbe miope non sfruttare avendo ben presente, però, che la vera legittimazione viene solo dai lavoratori che nelle rivendicazioni che si vuole promuovere devono essere d’appresso, presenti e solidali. I nostri delegati devono agire semplicemente come portavoce altrimenti e come darsi in pasto a chi utilizza la RSU per soffocare ogni istanza di lotta anzi questo a oggi è un organismo per prevenirle le lotte.
Poter disporre di una sala aziendale per le riunioni, dei punti di affissione e di altre prerogative istituzionalmente legittimate concorre a garantire uno status ai nostri delegati per meglio navigare nelle acque infestate da norme che in nome della cosiddetta onorabilità e prestigio aziendale vorrebbe azzerare anche la possibilità di critica a quanto di male e di arbitrario, decidono. Sono tanti i provvedimenti disciplinari a carico di chi individualmente muove accuse ad autorità tutt’altro che onorabili.
È questo il senso che diamo alla nostra campagna RSU.
S.I. Cobas Sanità e Pubblico Impiego