Questa mattina a Ferrara è stato identificato il cadavere carbonizzato di una donna rinvenuto in un cascinale due giorni fa.
Abbiamo appreso con sgomento e rabbia estrema che l’ennesima donna uccisa è la sorella di un militante storico del SI COBAS di Bologna, Mohamed Gharib, tra i più attivi e combattivi della nostra organizzazione.
Il copione è lo stesso di sempre: una donna lascia il suo convivente, lo denuncia per molestie nei confronti della figlia; vengono applicate le misure restrittive di rito, ma questo non impedisce all’uomo di continuare a molestare la ex compagna.
Così, aspettando la giustizia che non fa il suo corso, viene brutalmente ammazzata dal padrone della sua vita e della sua morte.
Due bambine sono adesso senza madre, ma pare fortunatamente affidate al loro zio.
Nella sua tentata fuga verso la Francia, prima della cattura, l’uomo ha inviato messaggi alle sorelle di Atika (così si chiamava) ma non al fratello, rivendicando il rogo che ha avvolto per sua mano la sua ex e minacciando loro di farle fare la stessa fine appena ne avesse avuto l’opportunità.
Padre padrone, uomo padrone: non un pensiero per le bambine rimaste sole, non un’ombra di rimorso, soltanto un raccapricciante spirito di vendetta verso le donne.
La stampa nostrana, compiacente e intrisa di propaganda patriarcale, del resto non si sforza e sembra quasi trasferire sul piano sociale una vendetta privata: a parte sottolineare in modo compulsivo che la donna assassinata è marocchina, così come l’uomo che ha compiuto il gesto brutale, non c’è approfondimento, quasi a derubricare il fatto come un brutto episodio di cronaca nera che vede coinvolta una donna straniera e il suo ex convivente straniero anch’esso.
Quasi a far passare il messaggio che tutto sommato si è trattata di una questione tra due marocchini retrogradi!
Ma basta leggere le cronache nostrane per capire che così non è, che la pratica è ampiamente diffusa anche e soprattutto nell’Occidente civilizzato: dall’inizio dell’anno ne state uccise 120 solo in Italia.
Si sottolinea anche che la donna “spesso frequentava la zona del fienile, ma cosa significa?
Che se l’è andata a cercare, la morte, perché era una poco di buono?
Che andava lì perché era una puttana?
Per qualunque ragione andasse nel fienile, Atika avrebbe avuto tutto il diritto di vivere!
Atika era una donna onesta, che lavorava in casa e cresceva con fatica e dignità due figlie, vessata da un uomo di cui aveva denunciato gli abusi.
Nessuno l’ha protetta salvo i suoi familiari per quel che hanno potuto.
Qualcuno disse tempo fa che la condizione femminile, asservita al sistema patriarcale di più antica data, continua a far parte dei rapporti servili specifici della società capitalistica e che la civiltà si misura sulla base delle condizioni di vita e di emancipazione dell’infanzia e delle donne.
La realtà continua a raccontarci che la barbarie è in atto, che i gesti individuali sono sostenuti dalla propaganda becera che vuole uomini e donne schiavi dei rapporti servili, che vuole soprattutto la donna triplamente schiava, dei rapporti di lavoro, dei rapporti familiari-patriarcali e sostitutivi di quel welfare che si continua a tagliare e, magari, se immigrata e ricattata, da uno sfruttamento in più.
Gharib, questo Sindacato ha il tuo dolore e la tua rabbia, e continuerà a difendere l’orgoglio di tua sorella, delle tue nipoti e delle tante lavoratrici che lottano ogni giorno davanti ai cancelli con la combattività che solo noi sappiamo.
Con gli scioperi come quello che solo noi abbiamo fortemente sostenuto l’8 marzo, e con ogni mezzo che si renderà necessario, a difesa delle donne.
SI COBAS, Coordinamento Nazionale