– Basta con turni incontrollati e definiti a piacimento dei caporali!
– Basta coi carichi di lavoro insopportabili imposti col ricatto
– Basta con l’autoritarismo dei responsabili interni
– Pieno riconoscimento del sindacato dei lavoratori
– Riconoscimento di tutti gli istituti del Contratto Nazionale
Questi sono gli obiettivi su cui è stato organizzato lo sciopero del 7 ottobre ai magazzini Esselunga di Pioltello durato tutta la notte e che evidentemente ha inciso sul portafoglio dei padroni (Il quotidiano “il giorno” riporta che i danni ammontano a circa 60.000€ ogni mezz’ora) ma che soprattutto ha visto oltre 120 operai dei magazzini di Limito e circa 60 venuti dalle cooperative in solidarietà con la lotta e determinati nel volerla fare finita con il potere aziendale potendo, così, incidere sull’organizzazione del lavoro imposta da Caprotti & Co.
Per questo il consorzio SAFRA ha reagito allo sciopero con una ritorsione (del tutto illegale!!) nel momento in cui ha deciso di sospendere senza motivazione né documenti scritti quegli operai che si erano presi la responsabilità di organizzare l’inizio della battaglia.
Una reazione tanto infame quanto debole politicamente perché mette in luce tutta la loro paura di fronte alla lotta e all’organizzazione degli operai
L’obiettivo è evidente: intimorirci, eliminare alla radice le basi del sindacato, dividere i lavoratori e quindi liquidare ogni forma di opposizione al regime schiavistico di lavoro con cui Caprotti fa i miliardi sulla pelle dei lavoratori.
Ma noi non ci faremo intimorire, né dividere, né tanto meno intendiamo rinunciare a portare avanti la battaglia appena cominciata per i nostri diritti e per migliorare le nostre condizioni di lavoro e di vita
Una battaglia che è nell’interesse di tutti i lavoratori, così come è interesse di tutti, unirsi per respingere le ritorsioni e imporre il rientro immediato degli operai sospesi senza motivo
Caprotti, Longo, DeSiena…siete avvisati! La lotta continuerà e si farà sentire ancora più forte!
12ottobre 2011 I delegati e gli operai del S.I. Cobas