Martedì 20 marzo, di buon’ora, le forze dell’ordine hanno fatto piazza pulita del presidio dei lavoratori delle cooperative Safra, che da mesi sono in lotta contro le insostenibili condizioni di lavoro. La lotta, iniziata ai primi di novembre, è diretta in particolare contro il caporalato, il lavoro a chiamata, la violenza nel posto di lavoro. Da subito c’è chi ha considerato l’iniziativa di quei lavoratori una battaglia civile da sostenere e incoraggiare. È stato così che via via è cresciuta la solidarietà della popolazione locale, sfociata in una grande manifestazione e in varie iniziative di boicottaggio dei prodotti esselunga.
Del resto i lavoratori hanno dimostrato sempre grande senso di responsabilità, non creando disagi di alcun tipo alla popolazione e perseguendo sempre la strada del dialogo verso i colleghi e verso i cittadini. L’amministrazione comunale, soprattutto il sindaco, ha invece mostrato fin dall’inizio fastidio e ostilità verso le giuste rivendicazioni di questi cittadini, tutti immigrati, regolarmente censiti e in buona parte residenti a Pioltello. A nulla sono valse le richieste, da parte dei lavoratori, di ottenere un certo supporto dall’amministrazione, come ad esempio gli elementari servizi igienici, per una lotta si preannunciava da subito lunga e difficile. Nessuna risposta, solo atteggiamenti sprezzanti, minacce di sgombero e un vago paternalismo peloso. Nonostante tutto questo la lotta è continuata, i lavoratori si sono via via organizzati, superando i rigori di un inverno terribile, fino alla recente prima sentenza del tribunale di Milano che intima a Safra di reintegrare due lavoratori licenziati nel posto di lavoro, con le stesse mansioni e con la corresponsione degli stipendi ingiustamente trattenuti nel periodo dell’illegittimo licenziamento. Anche di fronte all’ordinanza del tribunale l’arroganza di Safra e di esselunga non ha mostrato cedimenti e ai lavoratori reintegrati non è stato consentito di rientrare al lavoro, con l’ausilio di un potente schieramento di poliziotti e carabinieri all’ingresso dello stabilimento.
Le hanno davvero tentate tutte per non ammettere una sconfitta che ormai appare evidente e inevitabile: sono persino arrivati al punto di mettere i lavoratori licenziati in cassa integrazione, dichiarando una crisi inesistente e quindi il falso, oltreché producendo un atto in sé illegittimo quale è la messa in cassa integrazione di lavoratori licenziati e quindi privi di posto di lavoro. Questa è stata la grande trovata, con la quale speravano di aggirare una giusta e inevitabile sentenza! Di questo si vanta inopinatamente, in certo qual modo denunciando e autodenunciandosi, il sindaco di Pioltello che nell’ordinanza di sgombero segnala, tra le varie iniziative a suo dire finalizzate alla ricomposizione della vertenza, il raggiungimento di “un accordo per l’accesso alla cassa integrazione in deroga a sostegno dei lavoratori”. In pratica: esselunga delega il lavoro sporco a Safra, Safra a proprie cooperative, queste licenziano a loro volta i lavoratori che pretendono il rispetto di elementari diritti e, una volta resisi conto di essersi cacciati in una situazione senza via d’uscita, mettono i lavoratori in cassa integrazione, addossando alla collettività il costo di una loro scelta illegittima e sgangherata.
Giustamente i lavoratori non accettano, ritenendo che questa soluzione, oltreché essere ipocrita, sarebbe malvista dai cittadini contribuenti, e proseguono il presidio e la lotta con la stessa determinazione e senza lasciarsi intimidire. L’imminente arrivo del “general Estate”, del resto, fa presagire tempi migliori e più favorevoli ai lavoratori. È così che, ai primi tepori primaverili, un sindaco arrogante, vile e vergognosamente servile, emette un’ordinanza ignobile, pretestuosa, falsa fin dalle motivazioni, ingiustificata e ingiustificabile, imponendo lo sgombero immediato. Che poi alla base del provvedimento ci sia un cicaleccio tra un sindaco impresentabile e un prefetto che Milano davvero non si merita (è quello che ha detto che in Lombardia la mafia non esiste…), dove il sindaco chiede al prefetto di essere sollecitato, il prefetto sollecita e il sindaco dice di essere sollecitato, accresce solo il disgusto delle persone oneste. È da sottolineare che solo il comportamento responsabile dei lavoratori e di tutti i partecipanti al presidio ha evitato che si creassero tensioni e incidenti.
È la prima volta che i lavoratori delle cooperative, esasperati per le oppressive condizioni cui sono costretti a sottostare, sono stati capaci di un’azione di lotta e resistenza duratura, solidale e consapevole. Questi mesi di lotta hanno rappresentato per loro qualcosa di straordinario: non solo l’ingresso nel mondo sindacale, ma l’acquisizione duratura di un pieno diritto di cittadinanza, la consapevolezza dei proprio diritti e l’affermazione di un nesso inscindibile tra doveri e diritti. Chi ha sempre straparlato dei doveri degli immigrati, questa volta si è dimenticato che questi hanno anche dei diritti e che il suo dovere sarebbe di tutelarli. Sarebbe stato un dovere civile di tutti noi, in quanto cittadini italiani, partecipi di una Costituzione che afferma l’universalità dei diritti, senza distinzione di razza e di religione, dare il nostro contributo a questa lotta. Tanto più sarebbe toccato al comune, in quanto organo di governo di una collettività cui appartengono pienamente anche i lavoratori delle diverse nazionalità che sono scesi in lotta, dare sostegno e rilevanza civile e morale a questo episodio di resistenza che a buon diritto può definirsi epocale, per il contenuto e le conseguenze che avrà. La scelta dell’intimidazione e della violenza, oltreché l’ostilità dimostrata in tutti questi mesi verso i sacrifici dei lavoratori stessi, è l’ultimo episodio di cui si è reso protagonista un sindaco ormai impresentabile.
Non c’è cosa fatta da questa amministrazione che, in un modo o nell’altro, non rimandi a qualche inchiesta giudiziaria. A puro titolo esemplificativo si possono citare: la lottizzazione di una parco locale di interesse sovra comunale, con la concessione di ingenti volumetrie edificabili a personaggi indagati per truffa nei confronti di una banca portata sull’orlo del fallimento; la sottoscrizione di un accordo di programma con Zunino e Grossi per bonifiche e edificazioni quando già i due erano abbondantemente indagati; l’affidamento di un costoso progetto di fattibilità al direttore dei lavori dei signori Siano, nonché dell’ospedale San Raffaele (quello che si premura di provocare un incendio per compiacere don Verzè).
Lo sgombero di un presidio di lavoratori in lotta è una vera e propria bravata istituzionale, un provvedimento di fascismo puro che ci mancava. Le motivazioni addotte dal sindaco gridano vendetta: associare la vicenda della Safra alle aziende in crisi significa solo creare confusione e gettare fumo negli occhi ai cittadini. Non c’è nessuna crisi, né in Safra né in esselunga: la messa in Cassa integrazione dei lavoratori è un imbroglio bell’e buono e chi si è dato da fare in questo senso andrebbe denunciato per peculato e danno erariale. Ma il confondere le acque, il mischiare i problemi, perché nella confusione non c’è più responsabilità per nessuno, è davvero una prerogativa di questo sindaco, come abbiamo visto a proposito dell’indebitamento dei condomini del satellite (dove abitano diversi lavoratori delle cooperative), al cui proposito, invece di lavorare per ridurre l’indebitamento e riattivare l’erogazione del gas, straparla di appartamenti sovraffollati, di clandestini e criminalità, tutte cose che, se anche si sono, con i debiti non c‘entrano nulla.
Davvero siamo indignati e disgustati. 23 marzo 2012
Lista “Territorio e società” su sgombero Esselunga
