Come abbiamo già sottolineato in un ampio comunicato successivo al vergognoso processo ordito dalla burocrazia Fiom nei confronti delle RSA ribelli di Melfi e Termoli, la Fiom di Landini è oramai in maniera sempre più palese divenuta un prezioso strumento nelle mani dei padroni funzionale alla neutralizzazione delle lotte operaie.
L’epurazione di Sergio Bellavita avvenuta nelle ultime ore non fa che confermare e consolidare questa evidenza.
Proprio per questo crediamo che per i compagni vittime di questa vera e propria pulizia etnica sia giunta l’ora di tirare le somme. Come S. I. Cobas non siamo mai stati indifferenti al dibattito interno alla Fiom: al contrario, in innumerevoli occasioni abbiamo provato a dialettizzarci con le contraddizioni interne alla più grande organizzazione operaia del nostro paese (per dimensioni) con chiarezza e trasparenza, e laddove possibile organizzato iniziative di lotta comune con gli operai combattivi presenti in Fiom.
Mentre altri attaccavano la Fiom e la Cgil con una fraseologia “barricadera” e ultimatista col solo intento di raccogliere qualche iscritto in libera uscita, per poi ritrovarsi come nel caso dell’USB a firmare accordi vergognosi al pari e più della Fiom (vedi accordo sulla rappresentanza del 10 gennaio o, nelle ultime ore, nel pubblico impiego), il SI Cobas ha sempre posto quale unica discriminante per un’azione comune non certo la tessera sindacale, bensì la disponibilità o meno a lottare e scioperare contro i piani padronali.
Quel che stà accadendo nelle ultime ore impone tuttavia una seria riflessione ai compagni de “Il sindacato è un’altra cosa” e a tutte le migliaia di iscritti e delegati Fiom che non intendono capitolare definitivamente al nuovo corso filogovernativo e filopadronale di Landini e della sua cricca: non si tratta semplicemente di rompere definitivamente con la Fiom e con la Cgil (come secondo noi sarebbe anche politicamente coerente e storicamente necessario), quanto di prendere atto che la battaglia condotta prevalentemente se non addirittura esclusivamente nelle strutture e negli organi interni sta logorando i lavoratori più combattivi e la stessa minoranza interna.
Noi pensiamo che i compagni del “Sindacato è un altra cosa” spesso dispongono di un potenziale che se liberato e indirizzato direttamente nella lotta contro i padroni potrebbe rappresentare un patrimonio prezioso per tutto il panorama del sindacalismo di classe e combattivo, ma che invece in molte occasioni si presenta agli appuntamenti di lotta già logorato e fiaccato da un’estenuante e interminabile lotta interna con l’opportunismo che assorbe gran parte delle energie di questi compagni: una lotta legittima e sacrosanta, ma che, bisogna ammetterlo, non ha modificato in maniera significativa i rapporti di forza interni alla Fiom, e ciò a causa dell’oramai evidente irriformabilità di un apparato che ha come unica sua ragion d’essere quella di preservare i propri spazi di potere e di manovra istituzionale con pratiche consociative che hanno oramai contaminato la sua stessa base operaia.
In determinati frangenti storici è la realtà oggettiva a porre gli uomini di fronte a un bivio: imboccare una strada o imboccarne un’altra, senza possibilità di soluzioni intermedie. Noi crediamo che oggi i compagni dell’opposizione in Cgil si trovano di fronte a un bivio simile, e ciò non certo per volontà di Landini e soci, bensì a causa del precipitare della crisi capitalistica su scala internazionale e del conseguente esaurimento di ogni ipotesi riformista e di ogni nostalgia concertativa: accettare, seppur in maniera “critica” e recalcitrante la compatibilità con l’attuale sistema di sfruttamento e di rapina dei proletari, oppure optare per la strada della rottura con questo sistema e le sue compatibilità.
La scelta dei delegati Fiat di Melfi e Termoli di non abdicare alle intimidazioni di Landini e rivendicare gli scioperi contro gli straordinari e i week-end lavorativi, li pone oggettivamente nel campo contrapposto e antagonista a quello dei padroni, e li collega idealmente a tutti quei percorsi di ripresa della lotta di classe ai quali, fin dalla nostra fondazione, partecipiamo con convinzione. Indipendentemente dai tempi e dalle forme della rottura con la Fiom landiniana a cui questi “delegati ribelli” saranno probabilmente costretti, la vera sfida é quella di invadere il campo nemico, fermare la sequela di sconfitte operaie, rispolverando le armi storiche della lotta operaia quali gli scioperi e i picchetti, offrendoli come strumenti concreti per milioni di proletari ridotti alla fame affinchè si pongano immediatamente sul terreno della lotta. In parole povere: bisogna rimettere in moto la strategia dello sviluppo di un vero sindacato di classe.
Come SI Cobas siamo, oggi come ieri, disponibili ad avviare un confronto aperto e un’azione comune con tutti coloro che si pongono in questa prospettiva!
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