È ora di uscire dalle oasi e scoprire che si è ritirato il deserto.
Non siamo né i superstiti in un mondo imbarbarito né i custodi di reliquie religiose.
Si sentono ricorrenti dalle nostre parti due motivi impauriti: quello di chi si sente assediato dal fascismo e fa appelli alla resistenza e quello di chi pensa di essere caduto in un nuovo medioevo e che sia necessario portare la luce tra i barbari.
Noi non crediamo sia così, pensiamo piuttosto che si tratti di far abituare i nostri occhi a una luce diversa, come usciti da una stanza in cui stavamo chiusi da molto tempo.
Fuor di metafora ci sembra che il nostro tempo stia vedendo il ritorno di una grande rimosso: il conflitto di classe.
È un conflitto che parla lingue sconosciute, prende forme a noi estranee, talvolta evoca persino echi sinistri.
Molto spesso noi non lo riconosciamo e lui non riconosce noi.
Questa è la sfida che abbiamo davanti, imparare a vedere, imparare a sentire imparare ad agire.
La crisi è il grande teatro in cui si muovono gli attori.
Crisi che è cesura, salto, chiusura di una fase e apertura di un’altra, tutta da
scoprire.
Una prima questione da chiarire è che nella crisi, il capitalismo, tutt’altro che crollato in una sconfitta autoinflitta, ha ancora una volta rinsaldato il suo dominio.
Stiamo assistendo a un processo generale di messa a lavoro di ogni sfera sociale, dagli affetti, al consumo, all’ambiente.
È un processo che impoverisce e livella, tagliando trasversalmente la società e ridefinendo i contorni di una nuova operaietà allargata.
È una nuova accumulazione originaria che investe tutti, in cui a essere recintata dentro gli angusti spazi della mercificazione è ormai la vita stessa.
Non siamo di fronte a una massa ridivenuta omogenea ma di fronte ad un movimento violento di espulsione e reintegrazione che genera frizioni.
È un processo che cerca di costruire, attraverso nuove gerarchie, un’inclusione differenziale allo scopo di schiacciare verso il basso.
Crisi è smottamento, è scongelamento degli assetti dati in cui il conflitto di classe ricomincia a scorrere prendendo mille rivoli, a volte addensandosi in acquitrini stagnanti, a volte diventando fiume in piena.
Si può guardare timorosi la corrente o si può cercare di capire dove sfocerà perché in questo teatro della crisi tocca domandarsi qual è il nostro ruolo.
Anche la soggettività militante subisce questa cesura, questa accelerazione, lo sbalzare del tempo e si trova senza riferimenti certi, senza spartito.
Non una crisi della militanza, piuttosto una scordatura nella terribile sinfonia del
presente.
Abbiamo bisogno di riformulare delle tracce possibili invece di stare semplicemente a guardare, ad ascoltare e ad osservare.
Negli ultimi anni abbiamo condotto una ricognizione negli snodi in cui andava a riformularsi il rapporto di capitale.
Formazione, casa, logistica, territori, genere.
Abbiamo cercato un nostro ritmo che riuscisse a tenere questo tempo incerto.
L’incedere dell’opera ci spinge a riaccordare gli strumenti in vista dell’atto che si sta aprendo.
Si tratta di anticipare dove suonerà cosa ci interessa.
Si tratta di farsi le domande giuste, tocca incontrarsi e darsi degli strumenti per
comporre una nuova musica.
Per farlo, partiamo dal Sud da dove sembrano arrivare dissonanze forti, suoni che oggi si vorrebbero ridurre al silenzio, tracce inesplorate che aspettano di essere amplificate ma che domandano di conoscere territori e soggetti nuovi, socializzare capacità di leggere il presente e forgiare strumenti in grado di incidere.
Stiamo costruendo una due giorni a Cosenza, il 13 e il 14 aprile, durante la quale vorremmo, senza peli sulla lingua, discutere a partire da un’urgenza: come colmare uno scarto tra le nostre limitate esperienze e le dinamiche di questi nuovi conflitti che si stagliano all’orizzonte.
VERSO TRACCE, 11-12 APRILE:
★GIOVEDì 11 APRILE★
Ore 17.30 @ aula SSP1 (CUBO 1A Unical)
Racconti dalla rivolta dei gilet gialli
Discussione con Antifa Paris Banlieu
★VENERDì 12 APRILE★
Ore 18.30 @ Centro Sociale Rialzo
La nuova forma della città. Debito istituzionale, periferie, conflitti
Intervengono: Agostino Petrillo (Politecnico Milano), Alberto Violante
(ricercatore Roma), Claudio Dionesalvi (Centro sociale Rialzo)
PROGRAMMA DI TRACCE, 13-14 APRILE:
★ SABATO 13 APRILE ★
Ore 14, chiostro San Domenico, Piazza Tommaso Campanella – Cosenza ➤ Assemblea di presentazione e relazioni introduttive
Ore 16, chiostro San Domenico, Piazza Tommaso Campanella – Cosenza ➤ Tavolo lavoro/salario/razza:
“Transizioni di classe nella crisi capitalistica tra salario, sciopero, movimenti della forza lavoro”
https://www.facebook.com/events/820620924959463/
Ore 16, chiostro San Domenico, Piazza Tommaso Campanella – Cosenza ➤ Tavolo formazione/giovani
“Scuole e università: liberarsi di vecchie formule e riconoscere le forme implicite di rifiuto
★ DOMENICA 14 APRILE ★
Ore 10, Cinema Italia, “A. Tieri”, Piazza G. Amendola – Cosenza ➤ Tavolo ambiente/territorio/città
“Preferirei di No!: la rigidità delle lotte territoriali contro il capitalismo estrattivo e la produzione di nocività”
Ore 10, Cinema Italia “A. Tieri”, Piazza G. Amendola – Cosenza ➤ Tavolo reddito/riproduzione/welfare/diritto all’abitare
“Reddito di cittadinanza e nuove prospettive di lotta”
Ore 14:30, Cinema Italia “A. Tieri”, Piazza G.Amendola – Cosenza ➤ Assemblea plenaria conclusiva
Per informazioni e approfondimenti, clicca qui http://www.traccecosenza.org
Qui sotto, la descrizione introduttiva al dibattito del tavolo lavoro/salario/razza:
“COSENZA 13/14 APRILE 2019
13 APRILE Ore 16 Chiostro San Domenico Piazza Tommaso Campanella, Cosenza
Tavolo lavoro/salario/razza:
“Transizioni di classe nella crisi capitalistica tra salario, sciopero, movimenti della forza lavoro”
La storia ci insegna che la lotta di classe non procede mai per un tempo lineare, procede sempre per balzi ed esplosioni. Il problema che abbiamo oggi è dunque quello di come poter accelerare le esplosioni a venire a partire da rinnovate forme di intervento e organizzazione sul fronte di un “lavoro” trasfigurato ma pur sempre strategico.
Partiamo da un’ipotesi di sfondo: stiamo transitando all’interno di un nuovo scenario, in cui il capitale sembra sempre più consolidato e la classe sempre più divisa, ma dove in realtà il nuovo campo di battaglia che viene delineandosi può essere potenzialmente più vantaggioso per la lotta di classe.
Questo nuovo terreno in corso di definizione sta infatti, dopo decenni di apparente silenzio, facendo emergere nuovi antagonismi e nuove fratture nel conflitto lavoro/capitale. Insomma, la vecchia talpa là sotto continua a scavare.
Ciò evidentemente non significa che tutta una serie di categorie e di strumenti non necessitino di un radicale ripensamento, se non anche di forti scarti.
Salario, sciopero, forma-merce, forza-lavoro, sindacato, automazione, razzializzazione del mercato del lavoro, sono tutti riquadri che bisogna riconsiderare per coglierne sia ciò che rimane del passato sia ciò che di radicalmente nuovo si muove al loro interno. Quello che ci serve è una nuova lettura politica di ciò che accade nel “lavoro”.
È quanto vorremmo provare a iniziare ad approssimare in questa discussione, contemplando sia i conflitti “espliciti” che la miriade di conflitti “invisibili” che quotidianamente si sottraggono, inceppano e rallentano il rapporto di capitale.
La cornice è quella di una nuova operaietà metropolitana emergente che ci impone di sintonizzarci sulle sue dinamiche, i suoi movimenti, le sue ritmiche.
E dentro di essa si agitano e si nascondono disoccupazione di massa e un prolungato attacco alle forme di riproduzione sociale, processi di estrazione di plusvalore in cui è la razzializzazione della forza-lavoro a determinarne la base, nonché una costitutiva relazione del “lavoro” con il territorio e non ultimo la serie di trasformazioni tecnologiche che vengono ultimamente inquadrate nell’etichetta di “industria 4.0”.
Vorremmo provare dunque ad avanzare alcune domande e alcune ipotesi, a partire dalla necessità di iniziare a guardare “il rovescio” di una serie di processi di trasformazione.
Presentiamo di seguito alcune domande e questioni che rimandano a problemi determinati da alcuni processi o eventi sociali e politici delle lotte di classe d’oggi nel conflitto sul salario, si tratta di un elenco esemplificativo e non esaustivo che chiama al confronto, all’integrazione e alla proposta protagonisti di lotte e osservatori partecipanti.
Dove si dissolve la concentrazione manifatturiera si fa spazio al divenire essenziale e strategico del settore dei trasporti e della logistica.
Dove si flessibilizza emerge la questione dei servizi per la riproduzione sociale. Dove si estendono globalmente le catene globali del valore anche i punti più “bassi” del sistema produttivo diventano potenziali blocchi della catena.
Dove si investe in innovazione tecnologica si aprono nuovi fronti di conflitto.
E’ possibile rintracciare e interpretare politicamente questa dialettica nei conflitti per il salario oggi in Italia?
Le lotte della logistica, dei braccianti e molte altre mostrano come la razza sia un elemento sempre più cruciale per la stratificazione della forza-lavoro, ma come al contempo la forza-lavoro migrante possa rovesciare proprio questa razzializzazione in strumento di forza utilizzando le proprie risorse comunitarie e avendo una maggiore disponibilità al conflitto.
Come si può orientare questo nuovo protagonismo assieme alle potenzialità ma anche ai limiti che sta mostrando il ritorno della forma del sindacato di base?
La mobilitazione di Non una di meno riporta in scena, tra le molte altre questioni, con forza l’elemento dello sciopero dislocandolo su un terreno inedito del lavoro riproduttivo e illumina un’altra linea di gerarchizzazione della classe, quella di genere, che può però essere nuovamente rovesciata in punto di forza.
Come si può ripensare la forma-sciopero oggi?
La lotta dei pastori sardi ci parla nuovamente della potenziale debolezza delle supply chain globali e della ineludibile presenza della pratica del blocco per i conflitti sul lavoro oggi e della loro estensione sul territorio.
Così come, lungo la filiera della nuova logistica metropolitana, la mobilitazione dei rider ci fa vedere come anche il digitale sia un campo di battaglia, e come anche il lavoro più flessibilizzato e in cui il padrone diviene un algoritmo, può essere una forma di espressione di una nuova forza di parte.
Come è possibile mettere in connessione queste nuove istanze di lotta?
Infine, e in termini più generali, come possiamo tracciare scenari per combinare e articolare pratica del blocco, sciopero della riproduzione, processi di autorganizzazione, movimenti urbani, all’interno della costruzione di nuove forme di potere di classe?”