Un 8 marzo schiacciato tra emergenza e divieti
Il DPCM 4 marzo 2020 che stabilisce in tutto il territorio nazionale la chiusura delle scuole e rafforza i precedenti decreti regionali e prefettizi che impongono da giorni divieti di assembramento in luoghi pubblici e privati, impone una quarantena sociale che limita o cancella le iniziative che erano state programmate in occasione della giornata internazionale di lotta delle donne, ivi compreso lo sciopero del 9 marzo.
Ma il coronavirus, lungi dall’azzerare le ragioni dello sciopero e delle mobilitazioni, le rende ancor più attuali ed urgenti.
Se da un lato il governo Conte impedisce di scioperare e obbliga a disdire scadenze preparate da settimane, dall’altro lato migliaia di lavoratori e lavoratrici sono costretti dai padroni a operare e a produrre senza il minimo rispetto delle tutele previste dai protocolli emanati negli ultimi giorni, senza mascherine e guanti e non potendo di certo, tra l’altro, rispettare le distanze di sicurezza stabilite dal decreto, con evidente aumento del rischio sia per se che per i propri congiunti: nelle ultime ore già arrivano le prime notizie di provvedimenti disciplinari o addirittura di licenziamenti nei confronti di chi si ribella all’assenza di adeguate misure a tutela della salute e dell’incolumità sul luogo di lavoro.
Ma al danno dell’inasprimento ulteriore della repressione e del disciplinamento si aggiunge la beffa per milioni di lavoratrici con figli (sulle quali da sempre ricade in prevalenza il peso del lavoro di cura nell’ambito familiare) che si sono viste da un giorno all’altro piombare addosso il mastodontico problema della gestione dei bambini tenuti forzatamente a casa; nelle famiglie nelle quali entrambi i genitori lavorano il problema talvolta si inverte, ma nella stragrande maggioranza dei casi sono le madri a dover trovare il modo di assentarsi dal lavoro; nella selva di indicazioni date finora da istituzioni e prefetture, le aziende hanno risposto “a piacere”, addirittura negando le richieste di ferie e permessi, costringendo lavoratrici e lavoratori a richiedere giorni di malattia, o ad usufruire dei già scarsi congedi parentali previsti dalla legge.
In queste ore il governo e le istituzioni per far fronte al caos montante hanno tirato fuori dal cappello una soluzione che, attraverso bonus e voucher, consente ai genitori di stare a casa, ma con una decurtazione del 70% della retribuzione o addirittura il suo annullamento: l’ennesimo regalo ai padroni che già stanno beneficiando di ingenti sgravi e detassazioni!
Ci hanno fatto pagare per anni i costi della crisi capitalistica, ora vogliono farci pagare anche i costi economici e sociali del coronavirus, il cui impatto sta divenendo devastante soprattutto a causa di decenni di distruzione programmata della sanità pubblica a favore di quella privata.
Occorre fin da subito prepararsi alla lotta per far si che lo “stato di eccezione” di queste settimane non diventi l’alibi per un ulteriore attacco al diritto di sciopero e alle agibilità sindacali e per un ulteriore ondata di macelleria sociale contro i lavoratori e soprattutto contro le lavoratrici!
Bisogna battersi da subito per far si che l’astensione dal lavoro di madri e padri sia pienamente retribuita; per la requisizione di mezzi, personale ed attrezzature nelle mani della sanità privata e la loro messa a disposizione gratuita per far fronte all’emergenza dei posti-letto negli ospedali; per un piano di assunzioni straordinario di medici, infermieri, operatori socio-sanitari e di tutte le figura professionali sanitarie; per impedire che anche una sola lavoratrice e un solo lavoratore sia licenziato a causa del coronavirus.
Al di la delle ricorrenze simboliche sulla data, oggi più che mai le ragioni politiche e sociali più profonde dell’8 marzo e le istanze di riscatto e di emancipazione del movimento femminista devono sedimentare e svilupparsi nei giorni, nelle settimane e nei mesi a venire.
SI Cobas nazionale