Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):
Solidarietà e vicinanza ad Antonio Mazzeo
– Osservatorio repressione
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa dichiarazione di Antonio Mazzeo in occasione di una udienza (avvenuta il 13 dicembre) del processo in cui è imputato, a Messina, per diffamazione a mezzo stampa. Abbiamo idee molto diverse dal pacifismo militante a cui il compagno Antonio appartiene, così come sulla Costituzione, et. etc., ma la sua incriminazione per avere denunciato un episodio di militarizzazione della scuola primaria riguarda tutti coloro che si battono contro il processo di militarizzazione della società che avanza, senza interruzioni, da molti anni e ha conosciuto nell’ultimo triennio, prima con la pandemia, poi con lo scoppio della guerra in Ucraina, un vero e proprio salto di qualità. Anche in questo caso: chi tocca uno, tocca tutti.
Redazione Il Pungolo Rosso
A processo Antonio Mazzeo.
Aveva denunciato la militarizzazione
nella scuola primaria
Antonio Mazzeo, insegnante, giornalista, attivista pacifista e antimilitarista sarà processato per aver stigmatizzato il Sì all’Esercito in una scuola primaria “contro gli assembramenti anti-Covid”. Diffamazione a mezzo stampa. È il reato di cui dovrà rispondere martedì 13 dicembre alle ore 9 nell’udienza dibattimentale davanti al Tribunale di Messina. Il rinvio a giudizio è stato disposto dal Pubblico ministero, dott.ssa Anna Maria Arena. Antonio Mazzeo ha curato nel libro “Umanità a perdere. Sindemia e resistenze” il capitolo “Militarismo e militarizzazione in tempi di pandemia”. Ad Antonio tutta la nostra solidarietà e complicità.
“Mazzeo Antonio è imputato del reato di cui all’art. 595 comma II e III del codice penale perché, in qualità di autore dell’articolo pubblicato il 21 ottobre 2020 su alcune testate giornalistiche, dal titolo A Messina Sindaco e Prefetto inviano l’esercito nelle scuole elementari e medie con il plauso dei Presidi, commentando la circostanza che, per evitare assembramenti, erano stati inviati militari dell’esercito a presidiare l’ingresso dell’istituto scolastico, offendeva la reputazione della dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo Paradiso, dottoressa Eleonora Corrado, affermando che quest’ultima “…oltre a essere evidentemente anni luce distante dai modelli pedagogici e formativi che dovrebbero fare da fondamento della Scuola della Costituzione repubblicana (il ripudio della guerra e l’uso illegittimo della forza; l’insostituibilità della figura dell’insegnante e l’educare e il non reprimere, ecc.), si mostra ciecamente obbediente all’ennesimo Patto per la Sicurezza Urbana, del tutto arbitrario ed autoritario e che certamente non può e né deve bypassare i compiti e le responsabilità del personale docente in quella che è la promozione e gestione delle relazioni con i minori”.
«Rileggo a due anni di distanza quanto scritto e continuo a non comprendere come e perché una mia valutazione di ordine meramente politico e pedagogico possa aver “offeso la reputazione” della dirigente scolastica. Non conosco personalmente la dottoressa Corrado, ma non avrei mai immaginato di dovermi confrontare in sede giudiziaria sulle modalità con cui le istituzioni scolastiche avrebbero dovuto operare a tutela dei minori contro gli illegittimi e ingiustificabili provvedimenti di militarizzazione delle scuole in tempi di emergenza da Covid-19.
«Profondamente amareggiato per un procedimento penale che ritengo del tutto ingiusto, credo sia doveroso ricordare quanto accadde a Messina in quella giornata dell’ottobre 2020: erano quelli i giorni in cui con enormi difficoltà e fatica, insegnanti, studenti e genitori tentavano di ricostruire la normalità nelle attività didattiche dopo la lunga e drammatica chiusura delle scuole di ogni ordine e grado con lo scoppio della pandemia da coronavirus.
«Il 21 ottobre 2020 davanti all’ingresso della scuola primaria di Paradiso, i bambini e i loro genitori si trovarono di fronte due militari della Brigata Meccanizzata “Aosta”, in uniforme da combattimento, armi alle cintole e manganelli in mano. I due militari erano stati inviati a scuola (ancora oggi non si sa esattamente da chi) per impedire “pericolosi” assembramenti. La loro presenza generò scene di terrore e pianti tra le bambine e i bambini; i genitori protestarono vivamente; furono informati gli organi di stampa cittadini che prontamente rilanciarono con evidenza quanto accaduto nell’istituto comprensivo.
«In poche ore si moltiplicarono le note di protesta di politici e consiglieri di maggioranza e opposizione, fu presentata un’interrogazione urgente al sindaco di Messina e il Garante dell’infanzia, il dottor Angelo Fabio Costantino, rivolse un accorato appello pubblico: A tutto c’è un limite, i militari armati dentro le scuole no! Mi riferiscono di bambini di scuola elementare spaventati… Ho promesso un intervento con la Prefettura. Siamo tutti preoccupati per l’aumento dei contagi ma non è terrorizzando i bambini, già provati da numerose rinunce, che riusciremo a contenerlo. Non perdiamo il buon senso: verrà il tempo in cui dovremo prenderci seriamente cura dei nostri fantasmi interni.
«Il quasi unanime sconcerto per i presidi armati dell’Esercito in una scuola primaria convinse Prefettura e Comune di Messina a revocare d’urgenza il (presunto) ordine di invio e utilizzo dei militari a fini anti-assembramento. Così il giorno successivo, 22 ottobre, nella scuola di Paradiso si presentarono solo due vigili urbani, in moto e disarmati. Scriviamo quasi unanime sconcerto perché poche ore dopo il blitz della Brigata “Aosta” all’Istituto comprensivo, la dirigente Eleonora Corrado dichiarava alla stampa di condividere l’operato dei militari e la legittimità del provvedimento di “ordine pubblico”, fornendo altresì una versione dei fatti – de relato – del tutto diversa da quella denunciata da genitori, giornalisti, politici e garante dell’infanzia.
«“Così come mi viene riferito dal mio collaboratore di plesso, due giovani militari dell’esercito, in divisa, corredata da tutto ciò che è previsto dalle norme in merito alla dotazione individuale per l’espletamento del servizio, si sono presentati e hanno dichiarato di essere stati inviati per effettuare controlli anti-assembramento previsti dalle misure comunali di prevenzione anti-covid”, ha specificato la dottoressa Corrado. “Non avevano armi spianate né manganelli. Il referente ha riferito che, dopo aver saputo dell’allarme dei genitori, ha fatto un breve sondaggio nelle classi. Nessun alunno ha dichiarato di avere paura e molti hanno detto di non aver neanche notato la presenza dei militari davanti alla scuola. Inoltre, ho verificato presso la Prefettura che il controllo effettuato rientra tra i normali controlli stabiliti dal Comitato tecnico provinciale nel Patto di Sicurezza Urbana firmato il 14 ottobre 2020 dal Sindaco e dal Prefetto”. È stato proprio il contenuto inaccettabile di quella dichiarazione a spingermi a scrivere il comunicato poi inviato ad alcune testate giornalistiche.
«Ritengo di aver fatto pienamente il mio dovere di insegnante-educatore e attivista impegnato nei temi della pace, del disarmo e della lotta contro i processi di riarmo e militarizzazione della società. La denuncia mia e di tanti altri cittadini di quel presunto Patto di Sicurezza Urbana ne ha segnato la più che meritata scomparsa in tempi rapidissimi. Oggi toccherà difendermi davanti ai giudici (con il mio legale, l’avvocato Fabio Repici), per un “reato” di opinione per cui il Codice penale prevede la pena della reclusione da sei mesi a tre anni. Ma lo faremo convinti di avere esercitato il diritto-dovere di critica e libertà di espressione, senza livore e senza l’intenzione alcuna di offendere nessuno.
Osservatorio Repressione