Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):
Unione Europea:
mercante di schiavi, mercante di morte
(sulla strage di Pylos)
E’ noto, o almeno dovrebbe esserlo, che nel plurisecolare traffico di schiavi dall’Africa alle Americhe in cui si sono distinte le civilissime nazioni europee che ancora oggi pretendono di insegnare al mondo i “diritti umani”, un numero molto rilevante di giovani uomini e donne moriva nel cammino dal luogo in cui erano stati catturati alla costa – moriva di stenti, di malattie, di punizioni, di suicidio. Questo spiega l’enorme differenza tra le stime degli storici europei interessati a circoscrivere l’abominevole tratta dei propri paesi, e quello degli storici africani che invece, come è ovvio, includono nella ferita inferta all’Africa anche questa enorme massa di morti.
A distanza di quasi due secoli dall’abolizione della vecchia tratta del vecchio colonialismo, è in atto, protagoniste le stesse infami nazioni europee di allora (l’Italia è ancor più in prima fila di allora), una nuova tratta degli africani (e non solo di africani) con le nuove modalità del neo-colonialismo. Regista l’Unione Europea con la politica di Europe Fortress, con un corpus di leggi, circolari, prassi nelle quali proprio l’Italia di Berlusconi-Bossi-Fini, poi l’Italia di Prodi/Amato/Letta-Minniti, e a coronamento l’Italia di Conte-Di Maio-Salvini, ha fatto da maestra e avanguardia. Avanguardia della guerra di classe agli emigranti e agli immigrati (in quanto proletari o candidati, in grandissima parte, alla condizione proletaria).
L’ecatombe di Pylos in Grecia, con oltre 600 morti, è solo l’ultimo di una catena di delitti. Troppo facile ascriverlo al solo governo greco di Mitsotakis, che non fa altro che applicare le linee generali europee in fatto di politiche migratorie. Del resto il suo fiero oppositore Tsipras – uno nel quale non abbiamo mai riposto alcun genere di fiducia, neppure minima, fin da quando appariva, senza esserlo assolutamente, di “estrema sinistra” – invece di dargli dell’assassino, ha criticato il governo di destra di “inadeguatezza”, e invece di attaccare la politica dell’UE, ha ribadito, come Mitsotakis, l’importanza di “salvaguardare i confini” della Grecia, “ma anche di salvare vite umane”.
Solita, nauseante ipocrisia delle “sinistre democratiche”. Ma non è che baracconi di superstipendiati come l’Oim, o Unhcr, o l’Unicef, possano far qualcosa di concreto per spezzare questa catena di schiavitù e di morte che – lo ribadiamo – è ancora più tragica nell’attraversamento del Sahara, di cui nessuno parla. Né possono farla i piagnoni umanitari o “alternativi” che oggi parlano di “assassinio”, o “crimine universale”, ma sono pronti a qualsiasi tipo di maneggio con partiti autori della legislazione e delle politiche anti-immigrati come il Pd, e anche peggio – ove fosse possibile trovare di peggio -, per restare negli ambiti del sottogoverno locale o centrale, sempre profittevoli in vario senso e grado; magari come gestori dei fondi “per l’accoglienza”.
Neppure ha senso appellarsi ai “popoli”, che sono un aggregato scomposto di classi antagoniste e, “giustamente”, in Grecia votano in massa per Mitsotakis o Tsipras (quelli che votano – anche lì, infatti, sta crollando la partecipazione al voto), come qui votano per Meloni&Co o Pd&Co. o Renzi&Co. o M5S – specialmente il “popolo” dei ceti medi, erroneamente definiti “popolari”, vera riserva della reazione ovunque, a meno che la forza della classe proletaria, dell’organizzazione proletaria, non ne attiri una parte dal lato nostro. Ideologia questa? No, crudissima realtà dei fatti. Qualcuno ci dimostri il contrario, se può.
Senza giri di parole e opportunismi: la questione dell’emigrazione-immigrazione, degli emigranti e degli immigrati, è una questione di classe. E potrà trovare soluzione – anche parziale, anche provvisoria – solo ed esclusivamente quando, e nella misura in cui, sarà assunta dall’intera classe delle sfruttate e degli degli sfruttati. E’ in questa direzione che va accentuata la nostra azione, con il massimo sostegno alle lotte dei proletari emigranti e immigrati. Questo è il nostro prioritario compito politico-pratico in un momento in cui il polo proletario è quanto mai debole. Lasciamo perdere “i popoli”, che non esistono più come entità compatte o quanto meno unitarie, richiamabili in vita dall’oltretomba, neppure in Palestina o in Kurdistan. Figurarsi se ha senso riferirsi ai popoli (o a concetti equivalenti) in Italia o in Grecia.
Ai delitti di classe dell’Italia e dell’Unione Europea schiaviste, mercanti di schiavi e di morte, opponiamo la lotta di classe degli sfruttati, la sua forza organizzata e cosciente. Tutto il resto serve solo a depotenziarla. Ideologia? No, crudissima realtà dei fatti, chiamata a testimone da compagne/i – come noi – che dell’organizzazione dei proletari e delle proletarie un po’ di esperienza ce l’hanno.