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[CONTRIBUTO] Un altro disastro ambientale, al largo della Galizia

Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):

Cosa si fa col pellet di plastica?

Nulla a che vedere col pellet di legna usato per le stufe. Il termine “pellet” si usa per indicare una materia prima che viene ridotta in granuli partendo da plastica riciclata che successivamente viene inviata alle industrie per confezionare oggetti, ancora in plastica. Un buon procedimento per ridurre le emissioni di anidride carbonica risparmiando anche la materia prima fondamentalmente derivata dal petrolio.

Ma c’è un ma, come sempre e riguarda il mercato, i trasporti, la velocità della produzione, in una parola il modo di produzione capitalistico che non mette mai in conto l’ambiente e, se lo fa, mette anzitutto avanti il profitto. E così una nave, la Toconao della Maersk, perde alcuni container con dentro il pellet di plastica e sversa nel mare del Portogallo 25 tonnellate di pellet. L’Oceano Atlantico non aveva certo bisogno di quest’ennesimo contributo al già alto contenuto di plastiche (ce ne sono di almeno sette tipi diversi) e le correnti stanno portando la marea di granuli plastici verso le coste della Spagna, verso la Galizia e le Asturie.

Il governo spagnolo non è stato molto tempestivo, dato che il disastro è avvenuto un mese fa e solo ora il governo regionale delle Asturie ha proclamato il livello 2 di allerta. Cosa abbiano fatto il Portogallo e la Galizia vedendosi passare sulle coste le strisce di granelli di plastica simili a piccoli chicchi di grandine non è dato sapere ma solo intuire che pulire costa più che inquinare. La complicata legislazione in materia di intervento dello stato centrale prevede che questo si attivi solo se le autonomie locali proclamano il livello di allerta 2 e qui sarebbe utile una breve riflessione sulle istanze federaliste delle regioni spagnole che solo oggi si muovono per cercare di arginare il disastro.

Ma non allunghiamo il discorso e torniamo all’inquinamento che tra plastiche e microplastiche – queste ultime ancora più dannose – ha raggiunto cifre intorno ai 12 milioni di tonnellate disperse nei mari. Hai voglia a gridare al progresso, al virtuoso riciclaggio, alla raccolta differenziata dei volenterosi cittadini! Ciò che viene raccolto con pazienza e diligenza viene disperso per l’insicurezza dei trasporti, per l’incuria, per il calcolo costi-benefici e per tutte le prerogative di una produzione che non riesce a fare a meno di questo materiale che, proveniente da riciclo o meno, invade tutto l’ambiente in misura sempre più massiccia.

Al ritorno dal supermercato restiamo stupiti dalla quantità di plastica che ci è stata venduta allo stesso prezzo della merce che vi è contenuta. Il pacco che ci viene spedito a casa, che sia per un regalo o per un acquisto, è avvolto in veli, buste e decorazioni di plastica belle da vedere ma non da mangiare. Eppure una parte va nel nostro stomaco e proviene proprio dalle microplastiche o dai rifiuti plastici che vengono ridotti a piccole scaglie dall’azione degli agenti atmosferici. Disperse nell’ambiente, non solo nel mare, finiscono nelle viscere degli animali di cui ci nutriamo e che mettiamo sui fornelli: un bell’esempio di riciclaggio!

Se si considera che nella sola UE si stima che ogni anno vengono sversate nell’ambiente almeno 160mila tonnellate di plastiche varie, possiamo stare sicuri che con questo ritmo la distruzione della fauna marina e terrestre è assicurata. Questo tipo di inquinamento, poi, è ancora più visibile nelle aree costiere su cui insistono impianti petrolchimici e in Italia fa testo ciò che è avvenuto a Brindisi, dove il 13 novembre scorso c’è stata un’esplosione alla linea di lavorazione dell’etilene. Mentre Telerama news disse trionfalmente che “…ha funzionato tutto perfettamente nella macchina dei soccorsi e di pronto intervento”, dimenticando però di dire che l’aria si era riempita di una colonna di fumo nero carico di diossina che ricordò agli abitanti della zona la morte di tre operai nella notte del 7/8 dicembre del ’77 per un’analoga esplosione: ma stavolta tutto è andato per il meglio!

Bel progresso!

Fonti: Sole24Ore – sito Greenpeace / 10 gennaio 2024