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[PALESTINA] Denunciamo il genocidio riproduttivo a Gaza

Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dalle compagne del Comitato 23 settembre, già disponibile sulla loro pagina (vedi qui):

DENUNCIAMO IL GENOCIDIO RIPRODUTTIVO A GAZA

Riprendiamo dal blog “Il pungolo rosso” questa importante denuncia del genocidio riproduttivo in atto a 6aza del Palestinian Feminist Collective.

Presentiamo questa vibrante denuncia del genocidio riproduttivo in atto contro le donne e la popolazione di 6aza, alla vigilia di una stretta ancora più feroce delle precedenti, nel tentativo della banda Netanyahu e dei suoi protettori di annientare in modo definitivo la possibilità di sopravvivenza di vecchi, donne, bambini, e di tutto ciò che in quella terra ha vita.

Il documento elenca con precisione tutti gli elementi che concorrono al raggiungimento di questo infame scopo, dimostrando che non è attuato sulla base di una furia incontrollata, ma di un’operazione scientifica. Puntando i riflettori sulla realtà delle 50.000 donne che in questo periodo dovevano portare a termine la loro gravidanza, si dimostra come la distruzione di ospedali, l’impossibilità di garantire una seppur minima assistenza alle partorienti e ai nascituri, la necessità di operare senza anestesia e senza corrente elettrica, la mancanza di rifugi sicuri, la fame e la sete, sono solo alcuni degli
elementi che provocano i traumi fisici e psicologici che colpiscono le donne in un’esperienza cruciale delle loro vite, in cui più c’è bisogno di assistenza e di cure. Le conseguenze attuali sono solo una piccola
parte di quelle che in futuro le superstiti dovranno subire.

Questa rassegna dettagliata, oltre che a dimostrare ancora una volta la specificità della condizione delle donne in tutte le guerre e in questa in particolare, dà un senso, un contenuto ancora più concreti e precisi alla parola “genocidio” che frequentemente, e a ragione, viene usata quando si parla dello sterminio della popolazione di 6aza, che se non sarà fermato subito, si estenderà inevitabilmente a tutta la popolazione palestinese dei territori occupati, e oltre.

Essa è utilissima perché aiuta a decifrare tutti gli effetti di questa politica e anche l’enorme forza necessaria a resistere, a non soccombere ad essa. E a capire la complessità della lotta che le donne palestinesi devono sostenere per garantire, con i loro corpi, le loro menti, e i loro cuori, che a 6aza ci sia vita.

Moltiplichiamo i nostri sforzi, nelle piazze, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, per fermare questo genocidio! Sosteniamo la resistenza delle donne palestinesi, del popolo palestinese, fino alla vittoria! (Red.)

Il documento completo si trova a questo link:

https://palestinianfeministcollective.org/the-pfc…/

Nella loro esposizione sintetica il collettivo afferma che:

Il genocidio riproduttivo si riferisce alle politiche, ai discorsi e alle pratiche che delimitano, restringono, colpiscono o diminuiscono le capacità di dare la vita, l’accesso alla salute immediata e a lungo termine, le possibilità di vita delle comunità rese vulnerabili dalla sistematica violenza militare e dall’occupazione, dall’assedio, dal colonialismo di stanziamento e/o dal sistema di guerra imperialista. Il genocidio riproduttivo include la carcerazione di massa, la guerra psicologica, la punizione collettiva, la pulizia etnica, la violenza sessuale e di genere da parte di uno stato o di una forza occupante e da condizioni di invivibilità forzate. Include anche la carcerazione e la profanazione dei corpi, sia vivi che morti…[…] Circa 500.000 donne e ragazze sono sfollate e si riparano in rifugi di fortuna, i quali sono anch’essi bombardati.

Siamo testimoni del genocidio riproduttivo che il regime sionista mette in atto in Palestina. Siamo testimoni di madri traumatizzate che devono dare alla luce i loro bambini senza anestesia, con i medici che devono usare le luce dei loro cellulari per operare, a causa del taglio dell’elettricità da parte delle forze occupanti. Le donne e le ragazze in età riproduttiva Palestinesi, che devono affrontare incursioni aeree nei loro quartieri, scuole e rifugi a 6aza, sono costrette a prendere pillole per interrompere il loro ciclo mestruale, per l’assenza totale di presidi sanitari di base.

Nel solo mese di ottobre 50.000 donne palestinesi hanno partorito in condizioni di genocidio. Siamo testimoni della privazione di cure pre e post natali che mette a rischio la vita dei neonati e delle madri palestinesi e le costringe a partorire sotto intensi bombardamenti sul pavimento di ospedali affollati, senza anestesia. Vediamo donne con aborti spontanei, bambini nati morti e parti pre termine a causa dello stress, del trauma e della paura; bambini prematuri che muoiono dopo la nascita a causa della mancanza di carburante e elettricità necessari al funzionamento delle incubatrici.

A causa della mancanza di cibo e acqua dovuti al blocco le puerpere non possono mantenere l’igiene dopo il parto e devono ricorrere all’isterectomia di massa perché non sono in grado di tenere sotto controllo l’emorragia post partum. La fame ha reso impossibile alle donne produrre latte e allattare.

Sappiamo che le accuse di violenza sessuale contro le comunità razializzate sono state strumento di diffusione di violenza coloniale, di schiavitù, di soggiogamento razziale, di guerra imperiale e altre forme di violenza sistemica sui popoli indigeni e razializzati in tutto il mondo. Sappiamo troppo bene che un danno profondo è stato fatto sotto il pretesto della salute riproduttiva, incluse la vergognosa storia di Planned Parenthood, che ha la sua origine nella supremazia bianca, anti neri, nell’eugenetica e nel suo permanente razzismo istituzionale.

Il linguaggio deumanizzante serve a continuare il progetto di spossessamento della Palestina che dura da più di 75 anni.. Sotto l’uso acritico di questa narrazione il genocidio riproduttivo è prodotto, sostenuto e anche giustificato. E così a 6aza la storia si ripete.