A integrazione della precedente scheda sul maggiore accordo di libero scambio della storia, RCEP (vedi qui) pubblichiamo come contributo la sintesi di un articolo del South China Morning Post, del 24 novembre, centrato sui vantaggi economici e di conseguenza di quelli relativi ai rapporti di potenza che esso prospetta per l’imperialismo cinese.
Questa crisi sanitaria e sociale, che sta provocando i primi scioperi spontanei nelle fabbriche dopo decenni, e diviene ora anche crisi economica e finanziaria, mette alla prova i sistemi capitalistici, in Italia e nel mondo intero, e scuote le coscienze in settori della nostra classe cui si chiede di lavorare comunque, anche in assenza delle condizioni di sicurezza che vengono invece imposte al resto della popolazione.
Per la prima volta da decenni assistiamo a scioperi spontanei nelle fabbriche.
Anche nella lotta per ambienti di lavoro sicuri e adeguati dispositivi di protezione individuale, e nelle difficoltà di coloro che sono lasciati a casa con un futuro incerto, deve crescere la coscienza della necessità di lottare per superare questa società divisa in classi.
Contro le ideologie da “unità nazionale” tra sfruttati e sfruttatori.
Il virus globalizzato mette inoltre in chiaro l’inconsistenza delle prospettive di autonomie locali/localistiche, e delle scorciatoie “sovraniste”.
L’unica strada è quella internazionalista, dell’unione tra i proletari di tutto il mondo.
S.I. Cobas
Dell’accordo RCEP, che riguarda un terzo dell’economia mondiale e della popolazione, a noi interessano soprattutto le enormi ricadute dirette sulle condizioni di vita e di lavoro su 2,6 miliardi di uomini che vivono in Asia-Pacifico e indirette su quelle di tutti gli abitanti del globo (7,8 miliardi lo scorso giugno ).
RCEP contribuirà in prospettiva ad accelerare la crescita economica di vaste aree interne alla Cina, e di paesi a basso reddito della regione, integrandoli in un enorme mercato comune.
Tuttavia, come sempre nella storia di sviluppo del capitalismo, questa crescita sarà ineguale e iniqua, accrescerà le diseguaglianze sociali avvantaggiando le minoranze che detengono capitali e potere politico. A livello globale contribuirà ad acuire lo scontro tra giganti imperialisti, una contesa che oggi è commerciale e di influenza politica, ma che può deflagrare in conflitti armati…
Di pari passo con l’espansione e il rafforzamento della potenza economica dei contendenti sta procedendo quello della loro potenza militare.
LA SINERGIA RECEP-CINA È “PROMETTENTE” PER L’ASIA-PACIFICO
Fonte: South China Morning, 24/11/2020 – Traduzione a cura di: G. L
L’autore dell’articolo, Wang Huiyao, è il fondatore del Centro per la Cina e la globalizzazione, un think-tank non governativo con sede a Pechino.
Il Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP), siglato il 15 novembre dal Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda + altri 10 paesi dell’Asean (1) è il maggiore accordo di libero scambio della storia.
Esso ridurrà le barriere commerciali per un terzo della popolazione e dell’economia
mondiali.
Secondo una stima degli economisti della Johns Hopkins University, il patto potrebbe aggiungere 186 miliardi di dollari all’economia globale, una spinta sostanziale nella attuale recessione – la peggiore degli ultimi cento anni.
Sul lungo periodo RCEP fungerà da catalizzatore dell’integrazione dell’Asia.
RCEP, che eliminerà circa il 90% dei dazi, si integra nella strategia della doppia circolazione della Cina, mirata ad accrescere l’autosufficienza e diversificando al contempo la sua integrazione nei mercati globali.
Esso faciliterà e renderà meno costoso il commercio transfrontaliero, consentirà alle imprese cinesi di ripartire al meglio le risorse tra il mercato interno e il resto della regione.
RCEP rappresenta per la Cina una base per altri accordi commerciali, dato che l’Asia-Pacifico sta divenendo un’area commerciale coesa come l’Europa o il Nord America, ma di dimensioni più ampie.
Ad esempio rafforza le prospettive della Cina di concludere l’accordo trilaterale di libero scambio con Giappone e Corea del Sud, impantanato per attriti tra Seul e Tokyo.
Offre anche la prospettiva di aderire ad accordi più avanzati, come l’Accordo Globale e Progressivo per il Partenariato Trans-Pacifico (CPTPP), che in precedenza vedeva opposizioni interne. RCEP e CPTPP non si escludono tra loro, dato che sette paesi appartengono ad entrambi. CPTPP è più rigoroso e perciò rivolto a paesi più avanzati, mentre RCEP più consono a paesi asiatici in sviluppo, in quanto meno
impegnativo.
(Previsioni del giornale: La Cina potrebbe fare da ponte tra i due accordi tramite, ad es., l’Area di Libero Scambio dell’Asia-Pacifico (FTAAP).
Il nuovo presidente americano, Biden, sembra aperto a rinegoziare il patto, abbandonato invece da Trump, che potrebbe costituire un comune quadro di regole commerciali per le due maggiori economie mondiali lo stesso, contro il populismo, protezionismo e ora la pandemia che hanno negli ultimi anni contrassegnato le relazioni commerciali internazionali).
RCEP è funzionale ai piani di internazionalizzazione dello yuan, di trasformazione di Hainan nel maggior porto di libero scambio del mondo, e di dare una spinta al consumo interno.
Nel suo 14° piano quinquennale il governo cinese si propone di accrescere la spesa per il consumo aumentando produttività e salari, rafforzando il welfare e sviluppando economicamente i piccoli centri e delle campagne.
Il presidente Xi Jinping prevede che nel prossimo decennio la Cina importerà merci per un valore di 22000 miliardi di $.
Questo farebbe della Cina il principale centro di attrazione delle importazioni di RCEP, compensando la sua posizione di grande esportatrice, e allentando così le tensioni che potrebbero derivare se RCEP dovesse fortemente accrescere i deficit commerciali dei suoi membri.
Questo rischio è stato il motivo per il quale l’anno scorso l’India si è ritirata dall’accordo.
L’adesione a RCEP permetterà alla Cina di tenersi legati centri di crescita a maggior valore aggiunto, dato che le multinazionali stanno trasferendo alcuni processi produttivi in altre parti dell’Asia a causa dell’aumento dei costi sul continente, oltre che per proteggere le catene di fornitura dagli attriti commerciali.
Si stanno già intensificando le relazioni commerciali tra Cina e suoi fornitori, come il Vietnam e la Malesia.
Nei primi sei mesi di quest’anno, l’import cinese di circuiti integrati dal S-E Asia è aumentato del 23,8%, mentre l’export di questi stessi prodotti verso i paesi Asean è cresciuto del 29,1%.
(Sull’argomento, vedi anche precedente scheda cliccando qui).
Note:
1) I membri dell’ASEAN: Cambogia, Indonesia, Laos, Myanmar, Filippine, Thailandia, Brunei, Singapore, Malesia e Vietnam