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Riforma del lavoro: mobilità e licenziamenti anche nel pubblico impiego

Che sarebbe finita così, era nell’aria da tempo. Prima gli attacchi di Brunetta sui dipendenti pubblici e l’approvazione della famigerata “riforma della pubblica amministrazione”, poi il taglio dei servizi conseguente ai  progetti di riorganizzazione attuati all’interno dei vari enti ed, infine, l’attacco all’art. 18 con la conseguente estensione del licenziamento per “motivi economici” al pubblico impiego.
Insomma, mentre lo spettro della Grecia si avvicina ogni giorno di più, il ministro Patroni Griffi ci fa sapere che, già entro l’estate, si procederà alla messa in mobilità dei dipendenti pubblici in esubero e, in caso di impossibilità a ricollocarli entro due anni, si aprirà la strada del licenziamento per motivi economici.
Appare quindi sempre più evidente –in tutta la sua drammaticità- il futuro destinato alla pubblica amministrazione: licenziamenti di massa e smantellamento del servizio pubblico.
Fornire servizi ai cittadini è un costo che l’economia liberista non può più permettersi, così come pagare un salario a chi quei servizi li garantisce tutti i giorni, pena il non poter continuare a mantenere posizioni di privilegio per banche, assicurazioni e grandi gruppi finanziari ed industriali.
Ciò che è successo all’INPS in questi ultimi anni è, in questo senso, emblematico.
Dopo una riorganizzazione costata diversi milioni di euro intascati dalla KPMG, il lavoro è stato settorializzato e spezzettato con logiche del tutto estranee a quelle di un’efficiente organizzazione del lavoro, gran parte dei servizi è stata esternalizzata, il numero di capi e capetti è aumentato in modo esponenziale, i sistemi di selezione dei nuovi responsabili sono diventati ancora meno trasparenti di prima e l’organizzazione del lavoro è stata iperburocratizzata.
Il risultato è che le spese di funzionamento sono aumentate a fronte del blocco degli stipendi e delle assunzioni mentre frotte di utenti disorientati si trovano sballottati tra call center, patronati e sportelli a funzionamento ridotto.
La classe dirigente, a dispetto delle parole del Ministro Patroni Griffi, appare sempre più legata a doppia mandata al potere politico e ad interessi che nulla hanno a che fare con il buon funzionamento della pubblica amministrazione.
A questo punto gli obiettivi del governo Monti appaiono chiari e perfettamente in linea con quelli dei  governi che lo hanno preceduto: ridurre gli organici della pubblica amministrazione attraverso licenziamenti di massa.
Contro questa catastrofe è necessario unificare le lotte, che già stanno partendo in vari posti di lavoro, per costruire un’opposizione sociale vera contro chi vorrebbe che lavoratori e cittadini fossero l’agnello sacrificale da immolare sull’altare di un capitalismo spietato sempre più in crisi.

Milano, 23/4/2012            Sindacato Intercategoriale COBAS