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[ITALIA] Il nostro 8 marzo: in lotta contro patriarcato, guerra e sfruttamento. Lavoratrici e lavoratori in sciopero

IL NOSTRO #8marzo:

IN LOTTA, CONTRO PATRIARCATO, GUERRA E SFRUTTAMENTO

Anche in occasione della giornata internazionale di lotta delle donne, il SI Cobas è sceso in campo in varie città per rimarcare il nesso inscindibile tra la condizione di doppia oppressione patita dalle donne proletarie e l’inasprirsi delle politiche di sfruttamento e di oppressione nei confronti delle lavoratrici e lavoratori prodotte dal capitalismo, dalla guerra e dall’economia di guerra.

Fin dalla nottata di ieri e all’alba di stamattina si sono svolti scioperi in numerosi magazzini e filiere della logistica: Sda di Milano 4, Spreafico di Bologna, Ferrara e Livorno, Op Kiwi di Bologna e Ferrara, Sda di Modena, 3M di Carpiano, Dhl di Piacenza, Brt Verona, Bussolengo e Cazzago San Martino (Brescia), FedEx Teverola (Caserta).

In alcune di queste iniziative lo sciopero dell’8 marzo si è legato a vertenze in corso contro i padroni per casi di licenziamenti o discriminazioni antisindacali.

A #milano presidio del SI Cobas fuori alla Rsa “Anni Azzurri” in cui le lavoratrici hanno scioperato per denunciare i salari da fame i ritmi infernali a cui sono sottoposte le Oss e più in generale le lavoratrici e i lavoratori della sanità. Successivamente al presidio, il coordinamento provinciale ha preso parte alla manifestazione cittadina promossa dagli studenti, con uno spezzone di diverse centinaia di lavoratrici e lavoratori.

A #torino presidio fuori ai cancelli Iveco, a sostegno della lotta delle lavoratrici in appalto e contro bassi salari, precarietà, caro-vita, guerre, riarmo e discriminazioni sindacali.

A #modena corteo cittadino che è passato fuori al Tribunale per ricordare e denunciare il maxiprocesso in corso contro le lavoratrici Italpizza e più in generale al sistema repressivo messo in atto dalla procura di Modena, che vede oltre 500 lavoratrici e lavoratori sotto processo e che il 24 marzo vedrà di nuovo il SI Cobas in Tribunale per il “teorema-Alcar Uno” che nel 2017 portò all’arresto del coordinatore nazionale Aldo Milani.

Nel pomeriggio si svolgeranno altre iniziative cittadine cui il nostro sindacato prenderà parte.

È importante ribadire che lo sciopero odierno puo’ acquisire una valenza e un significato reale solo se si sarà capaci di connettere la lotta delle donne a una più generale opposizione di classe ai padroni e alle politiche reazionarie del governo Meloni.

Per questo riteniamo che la data dell’8 marzo rappresenti una tappa di un percorso di lotta generale, che deve individuare nel prossimo 1 maggio una nuova giornata di mobilitazione nazionale di carattere anticapitalista e internazionalista, che rappresenti un banco di prova per la costruzione di uno sciopero generale prima della prossima estate.

8 marzo

SI Cobas nazionale

8 MARZO

SCIOPERO GENERALE NAZIONALE DI 24 ORE

LAVORATRICI E LAVORATORI DI TUTTE LE CATEGORIE

La fase di profonda crisi strutturale del sistema economico che ha ingenerato il susseguirsi e l’intensificarsi di crisi climatiche, sanitarie e sociali, si è manifestata incontrovertibilmente già nella gestione della pandemia prima e della riorganizzazione post-pandemia poi, con la tensione alla salvaguardia esclusiva della capacità di produzione e del mantenimento dei profitti di piccole e grandi aziende.

La guerra in Ucraina, che si somma ai tanti focolai di guerra in atto, ormai va avanti da un anno con effetti devastanti sul lavoro e sulle vite di lavoratrici e lavoratori, ancor più se immigrate o immigrati.

Questo conflitto, la cui fine non è all’orizzonte, rappresenta la soluzione che il capitalismo mette in atto per sopravvivere alla crisi di accumulazione e alle enormi contraddizioni che si sono dispiegate in due secoli di sviluppo patriarcale e capitalistico.

Uno sviluppo che si è avvalso di genocidi, di occupazioni militari e guerre di rapina in tutti gli angoli del globo, che non è mai stato pacifico e che da sempre ha comportato l’esternalità di un flusso abnorme di profughi e immigrati, la cui forza lavoro attualmente non riesce ad essere assorbita dal sistema di sfruttamento capitalistico, e quindi viene usata sempre più insistentemente come strumento di ricatto diretto, nella misura in cui il lavoro è la sola garanzia per un permesso di soggiorno, ma anche e di concerto come strumento di contenimento dei costi del lavoro, nonché per degradarne sempre di più il sistema di diritti e tutele.Tutto questo rende se possibile ancor più grave la posizione assunta da questo governo in merito alla gestione degli sbarchi, già lesiva di qualsiasi basilare principio di rispetto per la dignità umana, spinta fino ad insultare le vite perdute dagli esuli e ad indicare in uomini e donne disperati i responsabili delle tragedie che affollano di cadaveri il mediterraneo.

Il conflitto inter-capitalistico e inter-imperialistico, attraverso la crisi energetica economica e sociale, si riversa sulle spalle del proletariato in Ucraina, in Russia e nel resto dei paesi direttamente coinvolti.

Il governo Meloni, in linea con quelli che l’hanno preceduto, interpreta in questo scenario un ruolo di primo piano aumentando la spesa bellica le cui risorse vengono ricavate per sottrazione, a volte quasi matematica, dalla spesa sociale, dai salari e dall’occupazione.

Tale è stato il caso dell’abolizione del reddito di cittadinanza, fortemente voluto da questo governo, che certamente rappresenterà nei prossimi mesi un’ ulteriore elemento di depressione della capacità di sussistenza di moltissime donne disoccupate e inoccupate in particolare nel sud Italia.

Le intenzioni di questo esecutivo mirano, a tutto tondo, a rafforzare l’oppressione su base di classe e su base di genere, con strumenti che vanno dall’inasprimento dei meccanismi repressivi contro le lotte sociali, sindacali e politiche, all’utilizzo scandaloso e lesivo dei più basilari diritti umani di regimi carcerari come il 41-bis, alla pesante e capillare pressione ideologica per relegare le donne ad allevare le future braccia da sfruttare, anche sostenendo l’opprimente e legalizzata obiezione di coscienza di più figure degli ospedali pubblici che impedisce alle donne in più regioni italiane di accedere all’aborto medicalmente assistito, come la legge 194 prevedrebbe.

La propaganda attuata attraverso tutti i canali di informazione è tesa sistematicamente a sopprimere il valore delle rivendicazioni e delle lotte femministe svuotando le stesse del loro significato politico, ovunque tali lotte prendano piede, sia che vengano rivendicati diritti sociali come l’aborto (anche in paesi fortemente capitalistici come l’America), sia che vengano reclamati diritti civili e sociali in paesi non occidentali come l’Iran, dove la giusta ribellione a forme criminali di oppressione patriarcale prosegue nel silenzio dei media, dopo esser stata strumentalizzata e piegata a costruire il consenso verso un intervento per rendere più solida la presa imperialista, in nome della difesa delle donne e della civilizzazione dei popoli che si intende dominare.

L’impegno bellico prosegue ciò che la pandemia ha iniziato nei termini di riduzione dell’occupazione e nella sottrazione di risorse a sanità e servizi, costi sociali che graveranno come macigni sull’intera classe lavoratrice in Italia, che risulta essere la più impoverita fra i paesi Ocse con un occupato/a su quattro a rischio di povertà e uno/a su dieci a rischio di povertà assoluta; nell’esplorazione di nuove forme di sfruttamento e precarizzazione del lavoro salariato, che privano primariamente le donne dell’autonomia economica e di ogni possibile autodeterminazione sociale.

La disparità salariale che attanaglia le lavoratrici in questo paese fonda sempre più indissolubilmente sull’uso di strumenti che intensificano con l’andare del tempo la loro invadenza: un ampio impiego in ruoli di bassa qualifica, la maternità come discriminante per il demansionamento o per imporre contratti part-time, la costrizione alle dimissioni per le difficoltà di conciliare tempi del lavoro salariato e tempi del lavoro familiare.

L’8 marzo dunque va ben oltre la specificità di “genere”: gli attacchi alle donne sono parte integrante e inscindibile della più generale offensiva capitalistica contro i lavoratori e l’intera classe sfruttata, ancor di più oggi, sotto il pesante attacco della guerra.

Tutto ciò premesso il SI Cobas proclama lo sciopero per 24 ore su tutte le categorie nella giornata di mercoledì 8 marzo in tutte le categorie non coperte dalla lege 146/90.

Per quanto riguarda tutti i settori interessati dalla disciplina prevista dalla medesima legge, la O.S. aderisce allo sciopero generale già proclamato da Adl Cobas in data 22/02/2023.

Milano, 05/03/2022

S.I. Cobas nazionale