Ancora sui fatti di giovedì scorso a Modena.
L’orgoglio e la dignità di lavoratori e lavoratrici sono più forti dell’arroganza dei padroni e delle calunnie dei loro servi.
Giovedì 27 giugno, nella “civilissima Emilia”, il nostro sindacato si è trovato alle prese con ben cinque distinti fronti di sciopero, resisi necessari in risposta alle provocazioni di un fronte padronale il più delle volte colluso col potere malavitoso, e che impone ai lavoratori le forme peggiori di sfruttamento dei dei lavoratori, ivi compreso il cottimo e la completa deregolamentazione degli orari di lavoro.
Mentre sul fronte Italpizza si dispiegava il solito attacco armato contro il nostro presidio e gli uomini in divisa picchiavano e tiravano lacrimogeni in faccia ai lavoratori, un nostro delegato della GLS Enterprise, Chokri Mohammed, anch’egli in sciopero di filiera, mentre si stava recando a sostenere lo sciopero in Italpizza veniva isolato, fermato e improvvisamente arrestato con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni.
Trattenuto per 24 ore in Questura, è stato processato ieri per direttissima, cosa che non si era mai vista a seguito di uno sciopero.
Nel frattempo, come abbiamo già denunciato pubblicamente nel nostro comunicato di giovedì sera, alcuni poliziotti della celere si sono recati al Policlinico di Modena per farsi ingessare e refertare sulla base di ferite inventate di sana pianta.
Poco dopo arrivava dalla Questura al Policlinico il nostro compagno che, soffrendo di gastrite, ha iniziato a sentirsi male.
I compagni del SI Cobas e i solidali che erano in presidio fuori alla Questura si sono così recati in Ospedale, ma anche il Policlinico è stato prontamente sigillato e a nessuno è stato consentito di vedere o di assistere Chokri.
Ieri mattina il lavoratore è stato processato per direttissima e condannato all’obbligo di firma per tre volte a settimana e rinviato a giudizio: la prima udienza si terrà il 12 settembre.
Tutto ciò senza aver commesso alcun reato.
Tutto ciò per essere “colpevole” semplicemente di essersi recato a un presidio in solidarietà coi suoi compagni!
Questi i fatti, che ci spingono a tre ordini di considerazioni:
1) Il territorio di Modena è divenuto a tutti gli effetti il campo di applicazione più avanzato e ferreo dei Decreti sicurezza “Minniti”, “Salvini” e “Salvini Bis”.
E alla faccia di chi ancora si richiama alla Costituzione, le Questure operano dopo aver ricevuto precise circolari dal Viminale.
Le recenti dichiarazioni a mezzo stampa di alcuni tra i principali organi di rappresentanza locali delle forze dell’ordine (su tutti il SAP, a cui nelle ultime ore è giunto a dar man forte anche il Siulp che chiede addirittura l’intervento di Salvini) finalizzate ad evere mano libera e ad autoassolversi preventivamente per ogni abuso compiuto fuori ai cancelli (tema su cui ci siamo già espressi nei giorni scorsi con un nostro comunicato) sono una prova evidente del clima di fibrillazione in atto in quegli ambienti.
Tuttavia, anche ipotizzando che la brutalità delle forme e dei modi assunti dalla Questura di Modena siano unicamente “farina del loro sacco”, in ultima istanza il loro operato risponde ad obbiettivi e finalità (politiche) inscritte a pieno titolo nell’operato e nel programma non solo di questo governo, ma anche di quelli che l’hanno preceduto.
A tal riguardo, proprio per questo non possiamo non esprimere tutto il nostro disprezzo nei confronti dell’indegno sciacallaggio a fini elettorali che in queste ore si sta consumando a Lampedusa sulla pelle dei naufraghi della Sea Watch, con un finto braccio di ferro mediatico che vede da un lato i leghisti sempre più scatenati nel loro odio anti-immigrati, e dall’altro quegli stessi personaggi del PD che corrono a farsi fotografare in prima fila come “paladini dell’accoglienza” dopo essere stati i primi ad introdurre e legittimare le forme più becere di oppressione, di ricatto, e di utilizzo della manodopera immigrata come carne da macello da spremere fino all’ultima goccia in nome delle “quote” necessarie Dio-profitto, per poi respingerli, bastonarli e incarcerarli appena non sono più utili allo “scopo” o osano ribellarsi allo sfruttamento.
La gestione militare della vertenza Italpizza e di centinaia di lotte analoghe condotte dal SI Cobas sono la riconferma di quanto affermiamo: quando gli immigrati scioperano e si mobilitano per dire di no a forme di lavoro semischiavistico, ai salari differenziati, ai contratti-pirata e alla negazione dei più elementari diritti sindacali, nessuna “anima candida” del PD o della sinistra istituzionale viene in loro soccorso ne spende una sola parola di sostegno o di solidarietà…
Anzi: spesso questi personaggi sono i primi a invocare la linea dura repressiva in nome dell’imperativo “legge ed ordine”, proprio come Salvini!
2) Nella escalation repressiva prodotta da quella conflittualità che esprime la natura del nostro sindacato, il sindacalismo confederale non svolge più soltanto un ruolo di complicità, ma sta diventando sempre più parte attiva al fianco di padroni, governo e finte opposizioni: le dichiarazioni di Barbagallo, che invoca l’introduzione degli “scioperi virtuali” per fermare l’avanzata del sindacalismo conflittuale, ne sono la prova lampante.
A questi tentativi meschini di rendere definitivamente illegale l’esercizio del diritto di sciopero nel nostro paese, è necessario rispondere qui ed ora con un vero sciopero generale nazionale, aperto a chiunque voglia aderirvi a prescindere dalla sigla d’appartenenza, ma al tempo stesso chiaro sui nomi e cognomi dei responsabili e dei mandanti (la lista è lunghissima) di questa strategia tesa a cancellare militarmente il sindacalismo conflittuale.
3) Dopo il processo-farsa ad Aldo Milani e le ripetute aggressioni ai nostri dirigenti nazionali (sia di marca criminale-mafiosa, sia ad opera delle forze dell’ordine come nel caso recente di Simone Carpeggiani a Modena) tanto il padronato che le istituzioni al suo servizio hanno compreso che per piegare la nostra organizzazione non basta tagliarne la testa, dunque provano a colpire i delegati più attivi e i lavoratori che coraggiosamente partecipano agli scioperi, al fine di intimorirli col ricatto del rinnovo del permesso di soggiorno.
Nella loro ottusità, non capiscono che così facendo non fanno altro che radicalizzare la rabbia di quel proletariato che il SI Cobas ha l’onore di rappresentare: un proletariato che viene da lontano e che proprio per questo, dopo tutti i sacrifici e le privazioni patite nei loro paesi d’origine e dopo le ingiustizie e i soprusi subiti qui, nell'”opulento occidente”, non hanno davvero nulla da perdere ne da temere: che si tratti di padroni, padroncini, malavitosi o funzionari di stato.
Scioperare non è reato… toccano uno, toccano tutti!
SI Cobas nazionale
Davanti ai cancelli di Italpizza la situazione è ormai insostenibile: dopo le denunce del sindacato sui continui abusi di potere, pestaggi e minacce contro operai e rappresentanti sindacali, la Questura di Modena sceglie di alzare il livello dello scontro.
La violenza contro il picchetto cresce di ora in ora, con l’uso massiccio di manganelli e gas CS lanciati in pieno volto alle persone sedute a terra, i funzionari Digos danno ordini ai celerini: “Oggi dobbiamo arrestarne 10! Prendeteli!”.
Per supportare gli arresti ci vogliono dei motivi: è così che carabinieri e polizia fanno la coda al Pronto Soccorso per farsi refertare improbabili traumi e contusioni.
È chiaro che si tratta di fake news: dove sono i lanci di sassi?
Dove sono le aggressioni? Le uniche immagini che continuano a giungere da Strada Gherbella mostrano decine di energumeni coperti da placche in kevlar, caschi, scudi e maschere antigas che aggrediscono operai ed operaie a mani nude, fermi davanti ai cancelli o ai camion.
In questo momento due delegati sindacali del S.I. Cobas, sono in stato di fermo in Questura. Non sappiamo ancora con quali accuse.
I funzionari Digos minacciano di trattenerli fino a ché non verrà soppresso lo sciopero.
Altri due operai, feriti durante le cariche di questa mattina, sono stati minacciati dalla polizia in ospedale, mentre venivano curati.
Ribadiamo ancora una volta che questo è il risultato della vergognosa strategia concertata tra azienda, Confindustria e Cgil-Cisl-Uil per escludere il S.I. Cobas dalle trattative.
Che sia chiaro però: non è più possibile normalizzare il Sistema-Modena, non è più possibile far calare il silenzio sul vergognoso sistema di sfruttamento che da trent’anni opprime il nostro territorio!
INDIETRO NON SI TORNA!
AVANTI FINO ALLA VITTORIA!
27 giugno,
S.I. Cobas